Giuseppe
Antonelli
Segreteria
Provinciale del P.R.C.
Sabato 13 Ottobre inizieranno i Referendum
sul lavoro e sulle pensioni, contro la barbarie della Ministra Fornero.
I due Referendum per ripristinare
quanto abolito nell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dalla Riforma del
Lavoro messa a punto dalla Ministra del Welfare Elsa Fornero e l’articolo 08
della legge 138bis/201, sono battaglie importantissime per la democrazia, per i
diritti e per il valore e la dignità del lavoro nel nostro paese. Perciò da
Sabato 13 Ottobre in tutte i Comuni (con prima tappa a Cassino dalle ore 17
alle ore 20 sul Corso della Repubblica) della nostra Provincia di Frosinone, la
Federazione Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista sarà presente
con un proprio banchetto per la sottoscrizione dei due quesiti referendari. Si
tratta di due quesiti referendari per chiedere il ripristino dell’articolo 18
nella sua formulazione originaria in tema di tutela in caso di licenziamenti ed
il ripristino dei diritti minimi e universali previsti dal contratto nazionale
di lavoro, a sua volta abrogato dall’articolo 08 della manovra finanziaria (decreto
legge n.138 del 2011) del precedente Governo Berlusconi. A sua volta il Governo
Monti ha cancellato l’articolo 18 che stabiliva il diritto al reintegro del
lavoratore ingiustamente licenziato, spiegando ai padri che facilitare i loro
licenziamenti, avrebbe significato facilitare le assunzioni dei figli. Affermazioni
del tutto non veritiere, perché ad oggi non abbiamo né un nuovo posto di
lavoro, né nuove garanzie per i precari. Le 46 forme di assunzione atipica
restano inalterate nel tempo con licenziamenti sempre più facili. Così facendo
senza un’art.18 le imprese “senza
scrupoli” avranno mano libera. L’articolo 08 della manovra Finanziaria del
Governo Berlusconi dell’agosto 2011 (Legge 138 bis/ 2011) viola l’articolo 39
della Costituzione Italiana sulla democrazia nei luoghi di lavoro e tutti i
principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama. Questa
norma consente ai contratti aziendali (o territoriali) di derogare non solo ai
contratti collettivi nazionali, ma a tutte le norme che regolano il lavoro:
dalla disciplina delle mansioni a quella dell’inquadramento professionale,
dall’orario di lavoro ai licenziamenti. Se l'azienda si accorda con le organizzazioni
sindacali locali (deroghe in pejus
del contratto nazionale e dello stesso statuto dei lavoratori) l’accordo le
rende efficaci nei confronti di tutti i lavoratori e lavoratrici.
Quest’articolo mira a trasformare il contratto aziendale, come fonte primaria
del diritto del lavoro a discapito di quello nazionale. Di fatto riconsegna ai
contratti aziendali materie importantissime, finora di esclusiva pertinenza del
contratto nazionale. L'Articolo 08 infligge un colpo mortale alla democrazia, e
quindi non c'è più certezza del diritto se nei posti di lavoro si realizzassero
differenti modalità di fruizione ed esercizio di diritti. Si apre la strada ad
una vera e propria giungla salariale e dei diritti del lavoro, precipitando il
lavoro in una situazione peggiore degli anni ’50, quando ancora esistevano le
famose gabbie salariali, contro le quali il movimento sindacale e la sinistra
lottarono duramente pagando prezzi altissimi in termini di sacrifici,
licenziamenti e discriminazioni. Le prossime settimane per noi comunisti saranno
difficili. La nostra posizione su questi temi è sempre stata chiara e netta:
sia sul giudizio dei singoli provvedimenti, che nelle nostre scelte politico/strategiche,
che pongono il lavoro, i diritti, la sua dignità come pilastri fondanti del
modello economico/sociale per cui ci siamo finora battuti e per il quale
continueremo a batterci in ogni luogo politico ed istituzionale, in cui ci
siamo ed in cui ci troveremo. I diritti del lavoro conquistati nel secolo
scorso (la nozione di civiltà giuridica del lavoro) scritta con lo Statuto dei
lavoratori nel 1970, afferma che il diritto alla non licenziabilità di un lavoratore
senza giusta causa e giustificato motivo, è stata cancellata. Perciò il Prc vuole
ripristinarla e difenderla, attraverso il Referendum Popolare, ma in un
confronto democratico con le altre forze politiche di sinistra. Quando in una
società la forza e l’arbitrio, sostituiscono i diritti del lavoro, è di fatto
messa in gioco la qualità della democrazia. Dal 13 Ottobre raccoglieremo le
firme nei nostri banchetti, che saranno organizzati in tutta Italia. Ne
serviranno 500.000, ma il l’obiettivo è di concorrere a raccoglierne molte di
più. E’ importante la mobilitazione di tutti, per dimostrare che questa
battaglia non è solo in difesa dei diritti e della dignità dei lavoratori, ma
anche della qualità della democrazia nel paese. Negli ultimi anni è prevalsa
una concezione (in quei partiti liberali, riformisti e socialdemocratici), che indebolire
la contrattazione collettiva, ridurre i diritti e le tutele, crei sviluppo e
nuovi posti di lavoro. I risultati sono di tutt’altro avviso: ovvero
disoccupazione e recessione crescente, fabbriche in crisi, declino industriale,
perdita di competitività e soprattutto salari insufficienti per vivere. A
questo punto servono: politiche attive sul lavoro, sull’innovazione, industriali,
programmazione economica e investimenti pubblici. L’indebolimento dei diritti
dei lavoratori, non produce un solo posto di lavoro in più. Produce invece,
declino industriale ed un peggioramento della vita materiale di milioni di
donne e uomini. La battaglia referendaria è soprattutto una battaglia di
democrazia, per dare uno sbocco politico alle lotte dei lavoratori. È
un’assunzione di responsabilità, per rimettere al centro dell’agenda politica e
del Governo, il lavoro, le persone, i diritti ed a ricostruire una sinistra di
governo che ridiventi in primo luogo, il punto di riferimento e di
rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori.
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