Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 18 ottobre 2013

Lupi a San Siro (Inter-Roma 0-3)

Kansas City 1927


Annamo da Mazzarri.
C’è stato un momento, qualche mese fa, che pareva che doveva venì lui da noi, e stavamo talmente sgarupati de core che avevamo detto sì, va bene, datece Mazzarri, bevemo l’amaro calice cotonato. Eravamo già pronti a girà cor fazzoletto in tasca, preparati ar pianto perpetuo come er possibile nuovo lider, predisposti a annà sur cazzo a tutti definitivamente, ma “chiunque ma no Andreazzoli”. Poi lui preferì le sigarette de Moratti ai tuffi in piscina de Pallotta e nse ne fece niente, mo je toccherà capì che se fuma Thohir, ma so affari sua.
Annamo a Inte.
C’è stato un momento, tanti anni fa, che a Inte nse vinceva MAI, e pe anni l’ultima gioia in memoria era legata all’autogol de Festa. Poi c’è stato un momento, qualche anno fa, che amo iniziato a giocassela alla pari e a vincene qualcuna, e quando noi annavamo a Inte era la crema, lo scontro ar vertice, er Gorden Gala der campionato. Campionato che poi vincevano loro, però vabbè, che c’entra.
Annamo imbattuti.
C’è stato un momento...no aspè, ce so stati un sacco de momenti, che imbattuti non capivamo manco che voleva dì quando ce lo dicevano. “Che hai detto? Imbottiti? Sì che annamo imbottiti, a San Siro de sera fa freddo”. Invece no, a sto giro è imbattuti, e vincenti, sempre, tutte, nse riesce de non vince, pure in allenamento quando giocamo la partitella titolari contro riserve VINCONO TUTTE E DUE LE SQUADRE, nse capisce come sia possibile. Mistero di Rudi. Amen.
Preghiamo.
Anzi, giocamo va.

Se comincia e stamo corti, compatti, quel lasquadraintrentametri che piace tanto agli allenatori e ai commentatori che se ne accorgono e così possono dì lasquadraintrentametri e fa colpo su quelli che, porelli, ancora nce riescono a contà i metri a occhio.
Noi semo corti, ma loro, eh, loro so bravi eh. Se muovono bene, so un corpo compatto, so attenti nei movimenti e veloci nell’esecuzione, se coprono e ripartono, sfruttano bene le fasce e s’accentrano senza dà punti de riferimento, insomma, se vede la mano de Mazzarri.
C’hanno voglia, c’hanno fame, c’hanno lucidità, c’hanno manovra.
Noi però c’avemo Totti.

Floro Florenzi recupera na palla subito fori area loro, Er Tendina se fa vedé e riceve palla, se la sposta, se prende le attenzioni della difesa, se fa miele pe le api nerazzurre, c’ha la possibilità de puntà la porta o de tirà lì da ndo se trova, e poi obbedisce alla Prima Regola De Chiunque Scenda In Campo Accanto A Totti: se può tirà Lui, dajela a Lui.
Er cuoio, attratto dall’Energia Capitana, se muove verso i Piedi Capitani, L’intici capiscono che sta pe succede na cosa brutta e cercano de accodasse ar cuoio pe mettece na pezza. Un muro de corpi strisciati core caracolla o se trascina ar cospetto Suo, na selva oscura de carne sembra chiude ogni spiraglio, che la dritta via pare smarrita, ma Lui mica sta ner mezzo de cammin della sua vita. No, a esse vecchi ce stanno pure un sacco de vantaggi, tipo che lo sai che na palla come questa o la tiri subito o non la tiri più, è nau or neva, e allora laif is nau, e allora scansateve tutti che ariva lo squadrone giallorosso, al momento rappresentato dalla caracca rasotera che falcia er prato e insaccandose sfigura per sempre la rete.
Stamo sopra, de prepotenza.

Manco er tempo de finí de strillà e de prende coraggio e subito ce manca niente che sto grido ce se rimpone. Ma se coraggio fa rima co vantaggio, culo fa rima co palo. Guarin tira bene, ma bene bene eh, dritto pe dritto, forte, secco, deciso. E però alle volte la vita pure se sei forte, secco, e deciso, te intima de attaccatte ar cazzo. È la giostra della vita Freddy, nce rimané male. Er palo continua a vibrà pe un po’. Morgan je sbrocca come sbrocca a chiunque faccia qualsiasi cosa nell’area piccola. Er palo se ferma.

Chi non se ferma è quell’omo che nasconde un motorino nei carzoncini e un segway pe gamba dentro ai carzerotti. L’omo che sussurava alla chierica, l’omo che se pettinava mai e quando lo faceva diceva “vabbè me ce metto sopra na fascia”, ma soprattutto l’omo che (ao finché dura godemoselo e celebramoselo) schiantava le difese altrui.

Certo, quando l’altrui della tua vita è Pereira, tutto risulta più semplice. Perché a parità de lineamenti in subbuglio e fronti non convenzionali, tra l’Apocalipto neroazzuro e la Tendina giallorossa al momento c’è nabbisso de velocità, coordinazione e slegamento de legamenti tali da rende er primo drammaticamente tranqi ar cospetto dell’altro spaventosamente funky.
Gervi apostrofa severo Peri: “Mi ricordo i tempi in cui eravamo in venti a muoverci col funky, oggi siamo in tanti e domani saremo sempre di più, ma a te nun te ce voremo comunque”.
Quello, sconfortato, rancoroso, sorpassato, non po fa altro che stendelo. E’ rigore.

Pe la prima volta dall’inizio dell’anno non ce stanno dubbi su chi lo batterà.
Quella stessa porta, tanti anni fa, in una calda serata de Supercoppa, se rese protagonista de un teribbile affronto: se abbassò ingiustificatamente ar tiro Capitano e co l’arto orizzontale respinse. L’Ufficio indagini aprì un procedimento a carico della traversa pe condotta antisportiva, ma poi se sa come vanno ste cose in Italia, basta che c’hai navvocato bravo e ne esci pulito.
Ma Ercapitano non dimentica.
“Porta, tu m’hai provocato e io te distruggo”.
Er pensiero non fa in tempo a diventà parola che er cannone è già armato, er colpo già scoccato, er grido già liberato. “Ndo annamo dominamo” sta a diventà neufemismo.

Pe tené aperto er film della partita noi optamo pe il profilo disciplinare, facendose ammonì praticamente tutta la difesa e mezza squadra, va a sapè magari ce ne buttano fori uno e se riapre quello che sembra sempre più chiuso. Rudi l’ha impostata così: se ariva un interista lo fermate. Se non lo fermate lo sbragate. Non passa lo straniero. E in un accrocco de nazionalità come semo noi lo straniero è tecnicamente chiunque, da cui tecnicamente non deve passà nessuno: così succede. Ce se chiude e se riparte, ce se chiude e se riparte. Epperò non è catenaccio, è na cosa più fica, pare che la partita la controlla chi la palla ce l’ha de meno. Mazzarri in panca schiuma e non sa più che giacca levasse, c’ha costruito na cariera su sta cosa e mo è arivato uno più fico de lui che je sta a spiegà le ripartenze come se fosse er primo giorno der corso de Coverciano.



Ma per quanto la potenza sia nulla senza Rudi, per quanto la velocità sia nulla senza Gervi, per quanto la difesa sia nulla senza Mehdi, oggi è il Totti Day, e tutti ce devono sta. Il fatto che pe sancì sta ricorrenza Ercapitano decida de mette er timbro co na cosa che non sia il gol dopo avenne già fatti due, è na cosa de na grandezza che già da adesso se dovemo organizzà pe tirà su gruppi de tramandazione orale, perché, pe quanto assurdo possa sembrà, in nessun tabellino resterà traccia del modo in cui parte l’azione che porta al tre a zero.

L’interici attaccano isterici, batti e ribatti, cross e ricross, tiri e ritiri, impalli e rimpalli finché sta palla, stanca de tanto vano peregrinà, cerca pace, grazia e carezze presso l’unico piede capace de fatte passà mar de testa, depressione, nausea e malattie veneree co la sola imposizione delo scarpino. Er destro Capitano riceve, palleggia, fa da perno sur corpicione giovandosi der culo basso più arto d’Italia e co na giravorta che manco un bersaniano salito sur carro de Renzi, d’esterno avvia er contropiede.

In Olanda na cosa così Strootman non l’aveva vista mai. Ma manco in Europa o nel resto der monnonfame, motivo per cui la scucchia arta che venne dai Paesi Bassi s’avventa su quella pepita manco fosse un cane antidroga ale preso con caccolo extralarge, e comincia a core nela pampa sconfinata dela tundra de na prateria selvatica fatta de ranocchie che rinculano e de Tendine e Sturmentruppen che se distendono come frecce giallorosse. Er Piovra appoggia ar Sordatino che ligio sa che qualora segnasse, sarà semilegenda (che na leggende è comunque difficile possa mai recà er nome de Florenzi dentro, ma mai porre limiti alla divinta tottitudine). Er Sordatino se concentra e se coordina riuscendo a fa du cose ala vorta pe la prima vorta. E segna. So tre cose in una vorta. So tre gò in un tempo. So tre orgasmi a stretto giro de posta, roba voluta però, de prepotenza. Niente de precoce, molto de feroce.

Se guardamo increduli. E mo? Cioè, stamo a dominà contro l’Inter che pure dicono sia na bona squadra, stamo a dominà a Inter che pure dicono sia campo ostico, amo già fatto tre gò, e ce sta pure a dì mpelo de culo. Ecco, praticamente amo già vinto pure questa anche se ancora nse po dì. Cioè, mo, noi, che famo? Come se comportamo? Tutto normale no? Famo finta sia tutto normale ve?

Ma sì, famo finta che pe noi sia pure normale segnà ar primo tempo, che intanto se ne va co un duplice dal forte sapore de triplice, perché dopo sta magnata de punti che se stamo a fa da agosto, addirittura noi, NOI, stamo quasi mezzi tranquilli.
“Ma Tranquillo è perito subendo il peggiore dei destini!” argomentano gli immuni al momento favorevole.

Ma non c’è tempo e spazio pe le preoccupazioni, perché come se rientra quasi ce scappa er quarto, co quer bomber naturale alla Van Basten che è Florenzi, che boh, va a capì che cazzo ha fatto st’estate ma questo è tornato che o segna o ce va vicino, e a sto giro se non segna è solo perché Handanovic è il più forte dell’undici che c’avemo di fronte.

Mentre pure Barzaretti se iscrive ar club der cartellino, Rudi prepara la prossima mossa, che è puro bullismo ai danni della psiche avversaria. Fori Pjanic dentro Taddei, messaggio chiaro: te posso batte co chiunque. E tale e tanta è la superiorità che, come quelle coppie che cominciano a litigà pe eccesso de noia, sbroccamo a buffo.

De Sanctis viene caricato mentre sta a bloccà un pallone e Ranocchia la fa finì dentro, l’arbitro annulla subito. Ma a Morgan non basta. Strilla, smania, se incazza co tutti, nse capisce quale sia er problema ma c’ha er ballo de San Vito e non je passa finché Tagliavento non je sventola un giallo pure a lui. Il punto è che a Morgan je rode er culo. Sempre. Comunque. Je fa na testa così a tutti, s’accolla, nse tiene un cecio. Semo passati da uno che nse capiva se oltre a esse sordo fosse pure muto a sta pentola de facioli che non fa respirà ai difensori e je mette er pepe ar culo h24. Pare che funziona sta cosa.

Se ne sta a annà pure er secondo tempo, se famo talmente spacconi che Barzaretti dice: “Aò, er gò ar derby l’ho fatto, a ricomincià a giocà o ricominciato, o sai che c’è? Mo sfascio quarcuno, così, perché me va”. Alvarez salva la carriera pe na questione de centimetri, Er Cigno spicca er volo verso le docce de San Siro.

Stamo in 10. Masticazzi.

Ce scivola tutto addosso, pure er gò che Gervi mezzo se magna dopo settecentosessanta metri de fuga solitaria che lo fanno arivà ar cospetto de Handanovic cor cervello completamente privo de ossigneo.

Potevamo fa er quarto, è vero. Masticazzi.


Stamo a cantà, stamo in estasi, stamo in testa, stamo a vince tanto e bene, stamo in un posto che s’eravamo scordati, stamo dove finalmente Dio Pallone ha deciso che se meritamo de sta, stamo talmente mbriachi de Roma che manco s’accorgemo che intanto la partita è finita, che amo vinto pure questa, che sta notte è la nostra e poi domani se vedrà. Sta notte era na notte da lupi e lo semo stati, niente de più e niente de meno. Lupi a San Siro.

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