Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 12 settembre 2014

OFER: PAZZI CRIMINALI CON IL FUCILE

Samantha Comizzoli

Sono le 17,00 quando arriviamo ad Ofer, difronte alla prigione e ai territori del '48 rubati ai Palestinesi.
Sulle colline ci sono un centinaio di shebab, difronte e sull'altra collina ci sono un centinaio di soldati. Poi ci accorgiamo che hanno piazzato due cecchini all'interno di un appartamento in un palazzo davanti a noi.
C'è una famiglia con 4 figlie femmine piccole che deve attraversare la strada, lo fanno terrorizzati.
Gli shebab, come al solito, tirano le pietre e i soldati nazisti israeliani rispondono con sound bombs, rubber bullets, gas. I due cecchini però sono pronti con i proiettili veri.
All'improvviso gli shebab da un'altra collina iniziano ad urlare: i soldati stanno arrivando verso di noi con le jeeps e a tutta birra.
Iniziamo a correre su quella strada in salita, gli shebab sono abituati, noi no. Mi ritrovo in fondo con la stampa presente e i soldati attaccati al culo.
Ci infiliamo dentro al cimitero perchè non ce la facciamo più a correre. Abbiamo il fiatone, un giornalista si mette la mano sul petto... gli chiedo se si sente bene e lui annuisce. Tempo 20 minuti a stare nascosti fra le tombe e i soldati si allontanano.
Ritorniamo su quella strada, i soldati e i cecchini sono ancora lì e hanno sparato ad un ragazzo. Gli hanno sparato una rubber bullet sulla guancia, che l'ha trapassata e gli è entrata in bocca. Lo portano via in ambulanza.
Non passa molto tempo, circa altri 20 minuti nei quali stiamo fotografando e io filmo; ma gli shebab si rimettono ad urlare: arrivano ancora con le jeeps e questa volta con la jeeps per arrestare persone.
Iniziamo a correre in salita, ma siamo stanchi, facciamo fatica e mentre gli shebab sono davanti a noi che corrono ci ritroviamo noi 3 della stampa e il paramedico sul fondo. Io vado correndo verso destra, verso il cimitero, gli altri 3 non fanno in tempo ad attraversare la strada..i solati sono già arrivati in mezzo fra me e loro. Sono a due metri dietro di me e mi sparano una sound bomb. Non mi colpiscono, ma ce li ho troppo vicini e sono troppo lontana dal cimitero, dove nel frattempo sono arrivati gli shebab. Così mi butto a terra, sulla sinistra della strada e mi copro la testa, ma loro mi tirano una sound bomb, quando sono a terra e di schiena. Sento G e gli altri che gli urlano “kalas, kalas” (basta, basta), Ma G. mi ha detto che erano soldati con la faccia di pietra.
Mi ero chiusa le orecchie e quindi non mi ha causato danni, sulla schiena avevo lo zaino che forse mi ha protetta. Ma, ora o mi muovo o mi prendono. Ho deciso di rischiare e di muovermi. Davanti a me c'è un salto da fare, un muro di circa un metro e mezzo, e salto. Salto con le gambe che mi tremano perchè in quel momento in cui sono in piedi potevano spararmi alla schiena, salto su dei rovi, quindi con scarso appoggio. Quando atterro, mi si piega il ginocchio sinistro male e sento “crack”. Cerco di rialzarmi per allontanarmi, ma non riesco a camminare, così striscio e mi sposto di solo qualche metro. Mi chiudo a riccio per terra e rimango lì per un po', fino a quando sento la voce di G. che mi cerca “shebab, shebab”.
Mi trova G., arriva il paramedico Ahmed, arrivano gli shebab. I soldati sono andati via. Piango per il male, ma ho vinto, non mi hanno presa. E allora inizio a ridere.
Mi caricano sull'ambulanza e mi portano all'ospedale di Ramallah, mi accoglie la polizia palestinese che mi chiede come mi chiamo, gli dico “Sofia Loren” e cosa mi è successo, gli rispondo che sono caduta.
Poi, però, dentro che aspetta di essere curato c'è lo shebab con la rubber bullet nella guancia che mi è vicino e arrivano anche gli altri shebab. Così il medico e la polizia gli fanno le domande...e capiscono che eravamo ad Ofer. Mi mettono una sigla sulla cartella di ricovero “HBS, hit by soldiers”.
Il ginocchio mi fa un male pazzesco. Mi fanno la lastra, non è rotto e da una prima visita sommaria sembra che nemmeno i legamenti siano rotti, ma questo al momento non è certo. Gli shebab di Ofer, il paramedico Ahmed e G. sono tutti lì con me, anche quando inizio a rompere per uscire a fumare e così gli shebab spingono l'intero lettino da ricovero fuori dall'ospedale e fumiamo tutti, compreso il ferito alla bocca che si è beccato due punti di sutura.
Torno a Nablus, a casa. Per due settimane non posso muovere un passo. Avrò, poi, la visita di controllo per verificare se è solo una forte distorsione o se c'è altro. Chiedo a voi tutti di esprimere la solidarietà a G. perchè mi dovrà sopportare per due settimane ed accudire, spero ne abbia la forza. Ahmed mi dice che non camminerò per mesi, spero si sbagli.
Ringrazio l'ospedale di Ramallah, Ahmed, tutti gli shebab e G, ovviamente.
In culo a quei soldati nazisti israeliani di merda, non mi hanno presa nemmeno oggi su quelle colline partigiane.

Allego foto, c'è il video, ma non ovviamente di quando mi hanno inseguita, non stavo riprendendo e pensavo ad altro.

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