Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 2 maggio 2019

Primo maggio, una routine senza memoria.

Luciano Granieri

Ceccano  1 maggio 2019. Deposizione di Rose per commemorare i morti sul lavoro.



Dopo il 25 aprile viene il primo maggio. 

Coraggio eroi penta leghisti siamo al “due”  la vostra sofferenza è finta.  Voi che non avete nè storia (se non una  revisionista e fascista riscrittura né di destra, né di sinistra, come voi amate dire)  né memoria,  soffrite maledettamente quando la storia, quella vera,  fa riemergere certe conquiste  sociali e civili    ottenute  grazie a lotte  dure, cruente  ma condivise. Mi riferisco alla  liberazione del 1945 e la manifestazione di Chicago del 1 maggio 1867 in cui si festeggiava l’ottenimento delle otto ore lavorative giornaliere. Chi  condivide solo i ricordi su  Facebook cosa volete ne sappia della memoria storica? 

A dire il vero la ricorrenza del primo maggio comincia ad essere una sofferenza anche per chi come me contrappone i valori socialisti e comunisti  alla criminalità fascista e liberista .  Una sofferenza causata dal fatto che  questa data, con il procedere degli anni,  si è ridotta    più a  commemorare  caduti su  cantieri  e  fabbriche,  anziché festeggiare il lavoro come promozione della dignità umana.  Non è un caso che nella mattinata del  primo maggio scorso eravamo a Ceccano  con l’ANPI a deporre  rose sulla stele che ricorda i morti ceccanesi  sul lavoro .  Nel pomeriggio doverosa è stata  la partecipazione   ad Isola del Liri   alla presentazione del libro di  Paolo Ceccano “Il 1° Maggio a sinistra del fiume Liri , storie del corteo di Isola Liri”. Un prezioso  volume di  testimonianze fotografiche e di storie dei cortei del 1 maggio tenuti nel passato  in quella che veniva definita la Manchester d’ Italia. 

Commemorazione delle vittime  e memoria del bel tempo che fu, a  questo è ridotto il primo maggio? 

 Neanche il concertone di Piazza San Giovanni è più lo stesso.  A farla da padrone il rap, stile musicale di lotta per autonomasia è vero, ma oggi  reso innocuo dal   business. Però in fondo è meglio così. Anche questa ipocrisia è giusto che finisca. La kermesse organizzata dal CGIL, CISL e UIL, inizia nel 1990. 

Già 6 anni prima il protocollo Scotti aveva introdotto i contratti a termine. Iniziava l’era della riduzione del costo e   della dignità del lavoro. Il clamore del primo concertone organizzato dalla "triplice"  non scongiurò la legge del giugno ’90 sulla limitazione del diritto di sciopero. Nel 1996 i Modena City Ramblers, che dal palco cantavano Contessa, non impedirono a CGIL CISL e UIL di sponsorizzare l’accordo per il lavoro redatto il 24 settembre dello stesso anno. Il viatico definitivo all’approvazione del pacchetto  Treu del giugno  1997  in cui la dignità dei lavoratori, attraverso  l’introduzione del lavoro interinale, l’estensione dei contratti a termine e di formazione lavoro, venne  completamente svenduta ai padroni. A questa seguì  la privatizzazione del collocamento e il predominio della chiamata individuale su quella numerica. 

Dopo  la mega manifestazione contro l’abolizione dell’articolo 18 indetta da Cofferati nel marzo del 2002,  gli stessi sindacati si fecero turlupinare dal governo Berlusconi con la legge Biagi in cui, grazie alla modifica che rendeva legale e libero il trasferimento del ramo d’azienda e l’ammissibilità della somministrazione della mano d’opera,  le grandi aziende poterono eludere le tutele dell’art.18 formando tante piccole attività con meno di 15 dipendenti  cui l’obbilgo di reintegro per licenziamento ingiusto non era applicabile. 

Nel 2011 mentre Neri Marcorè  guidava dal palco di San Giovanni la pattuglia dei cantanti resistenti, CGIL, CISL e UIL nulla avevano da obiettare  al  decreto Sacconi che sanciva, di fatto, la fine del contratto collettivo dei lavoratori. Nella normativa  era prevista    la possibilità per le aziende di stipulare accordi  in deroga avendo mano libera su temi come licenziamento,  modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro  -con  ampia libertà di ricorrere  alle collaborazioni coordinate  continuative  e a progetto- 

 Nel  2012   irrompe la legge Fornero che elimina la causale obbligatoria per le aziende che intendono ricorrere ai  contratti a tempo determinato per la  durata di un anno.  Normativa resa ancora più penalizzante  dal ministro renziano  Poletti e , ad oggi, leggermente mitigata da Di Maio con  il decreto dignità  che reinserisce la causala solo dopo il primo anno di precariato . Per non parlare del jobs act.   La resa definitiva dei lavoratori alle imprese  decretata dal governo Renzi.

L’abolizione totale delle tutele dell’art.18, per altro bollata come incostituzionali dalla Consulta, non ha smosso minimamente Cisl e Uil, mentre la Cgil ha rinunciato alla protesta di piazza  imbarcandosi nella vicenda del referendum abrogativo del jobs act. Un quesito referendario  scritto talmente male da essere rigettato dalla Corte Costituzionale lasciando i lavoratori senza lotta né giustizia sociale . 

Questi signori, i riformisti e il corporativismo sindacale loro sodale, ancora al 1 maggio 2019 continuano a lamentare la perdita di dignità del lavoro , le inesistenti tutele per la sopravvivenza  dei lavoratori. Se la prendono con  il governo giallo-verde fautore delle peggiori politiche antisociali. 

Forse sarebbe bene che anche i sedicenti riformisti facessero esercizio di memoria.  Si renderebbero conto che se oggi siamo tornato allo schiavismo e al lavoro a cottimo la responsabilità più grave è la loro . Non c’è futuro senza memoria? Appunto. Affidarsi ancora a gente smemorata non è umano ma diabolico. E non c’è da stupirsi se oggi siamo alla mercè dei penta- fascio-leghisti. 

Dal palco di Bologna Landini invocava, per l’ennesima volta,  l’unità sindacale. E’ sacrosanto.  Mai come in questi tempi servirebbe un movimento sindacale forte e unito a difesa dei lavoratori. Ma senza la  memoria di come si è arrivati a questa deriva schiavista, senza fare i conti con il passato ed operare una decisa inversione di tendenza su come si è operato negli ultimi quarant’anni, il prossimo primo maggio sarà l’ennesimo rituale fondato sull’amarcord e la commemorazione delle vittime sul lavoro.

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