Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 29 maggio 2020

Lift Evrey Voice and....shout. Contro l'ennesimo assassinio di un uomo afroamericano in America.

Luciano Granieri






Fred Gray  25 anni deceduto a seguito delle terribili percosse subite mentre era in custodia presso un centro di polizia dopo essere stato arrestato a Baltimora.

 Laquan Mc Donald 17 anni ferito a morte da un poliziotto a Chicago.

Mike Brown 17 anni  assassinato a Fergusson da un poliziotto.

James Crawfords 22 anni  ucciso dalla Polizia in Ohio.

Eric Garner,43 anni  ucciso per soffocamento dagli agenti, mentre con la faccia pressata a terra gridava di non riuscire a respirare.

Brandon  Webber 21 anni crivellato di colpi dagli agenti  a Memphis.

Come la maggior parte di   musicisti e  artisti afroamericani, dai jazzisti Ambrouse Akinmusire, o Jazzmeia  Horn, a star del Pop come Byonce, Pharrell Williams, o rapper come  Kendrick Lamar, voglio iniziare l’articolo elencando solo l’inizio di una   lista  di afroamericani uccisi dalla ferocia della polizia. Quelli che ho citato non sono che una piccola parte, l’appello che i musicisti sopra citati declamano  prima di ogni loro esibizione è molto più lungo, una triste e dolorosa litania di vite spezzate.

Ad essa si è  aggiunto George Floyd 46 anni ammazzato il 25 maggio scorso  con le stesse modalità di Eric Garner:  soffocato con la gola compressa dal ginocchio del poliziotto bianco Derek Chauvi. Anche in questo,  caso come per Garner,  il lamento strozzato in gola “I can’t  breath, non posso respirare,  è stata l’ultima espressione di George Floyd prima di morire.

I can’t breath  è diventata lo slogan gridato dai manifestanti,  esasperati dall’ennesima uccisione di un innocente,  davanti al commissariato di polizia  di Minneapolis dato alle fiamme. Manifestazione che ha visto un’altra  vittima. I can’t breath  è diventato l’ennesimo grido di battaglia che sta coinvolgendo, dal Minnesota, tutta l’America, tanto che Trump, dopo aver condannato l’assassinio di Floyd, ha twiittato minaccioso che “dove c’è saccheggio si spara” intendendo per saccheggio l’incendio della stazione di Polizia dove operavano gli assassini di Geroge. Così  rivelando, dopo una flebile indignazioni  per il sopruso degli agenti, le reali intenzioni di continuare l’azione repressiva senza  fare prigionieri. 

La lista di morte ha dunque aggiunto un’altra vittima   e, disgraziatamente ne aggiungerà delle altre.   La repressione della polizia bianca è una costante che si abbatte su i neri, ovviamente poveri. Già  perché non bisogna dimenticare che la crudeltà WASP (White Anglo-Saxon Protestant)  investe tutti coloro ritenuti, non in grado di vincere la lotta per l’affermazione individualista tesa alla massimizzazione del profitto,  ma anzi ne sono un inutile e lamentoso ostacolo.  

Non è solo discriminazione razziale, ma anche sociale. E’ la discriminazione che passa per la ghettizzazione nei sobborghi dormitorio, dove chi vi abita,  per sopravvivere , deve accettare una condizione di schiavitù  legalizzata oppure galleggiare in uno stato sospeso fra la negazione della vita e la precarietà . Una condizione  a  cui non è consentito ribellarsi pena la morte.    

Una società in cui lo schiavismo non è stato mai abolito, anzi è stato pericolosamente esportato in forme più  subdole  anche nella civilissima Europa attraverso il working-poor , i “lavoretti”, il capitale “disumano”. 

  Il fatto che la lotta per i diritti civili e sociali, trovi in America,  un supporto da parte degli artisti e degli sportivi di colore, può quantomeno lasciare accesa la speranza che non tutto possa essere perduto. 

Jazzmeia Horn, che intona “Lift Every Voice ad Sing”, (ovvero il “Black National Anthem”  scritto dal leader del NAACP  James  Weldon  Johnson)  per poi   confluire    nel brano “Moanin” reso celebre da Art Blakey -dove Moanin sta per lamento, ma un lamento che evoca rivendicazione -.  Ambrouse Akinmusire che incide un intero album di protesta contro le violenze della polizia bianca  ai danni gli afroamericani, o il rapper Kendrick  Lamar, con la sua invocazione di un angelo nero non violento che difende i diritti del suo popolo , sono segnali di una grande consapevolezza sulla necessità di una rivoluzione culturale oltre che sociale. 

Sono manifestazioni da sempre patrimonio del popolo nero, a cui tutti dovremmo guardare nella convinzione che la lotta al razzismo è una parte, di un più grande ed aspro conflitto per i diritti inviolabili e incomprimibile della persona umana. Valori universali  che oggi  sono traditi e svenduti alle ragioni dell’accumulazione capitalista .  

E’ possibile evitare che mai più un afroamericano perda la vita soffocato da un poliziotto? O che un immigrato affoghi  nel mediterraneo, che l’infanzia venga violata, che un Italiano non abbia i soldi per curarsi? E’ possibile. Ma serve unire tutte le lotte,  da quelle dei neri d’America a quelle dei precari e disoccupati Italiani e degli esclusi di tutto il mondo, in un'unica rivendicazione: quella per l’ottenimento dei diritti inviolabili, quali quelli necessari ad una vita dignitosa. 

Diritti che vengono definiti "inviolabili" proprio  perché sono dovuti ad ognuno di noi dal momento che veniamo al mondo.  Dunque nessun altro valore, men  che meno monetario, potrà  venire prima.

Di seguito tre contributi in video di Jazzmeia Horn, Kendrick Lamar e Ambrouse Akinmusire.


  

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