Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 10 giugno 2020

Modello Frosinone, il cerchio si chiude

Luciano Granieri


In un precedente articolo MODELLO FROSINONE avevo sottolineato, come la città fosse stata investita da una devastante  e paradigmatica bufera  liberista. A  livello globale   il ripianamento di debito privato - provocato dalle pericolose scorribande finanziarie ordite senza controllo  da banche e fondi d’investimento - da parte degli Stati,  ha trasferito  una enorme massa debitoria dal privato al pubblico.   A Frosinone il mancato recupero di oneri di urbanizzazione dovuti  dalla lobby fondiaria privata locale, a seguito dell’approvazione del Fiscal Compact europeo, e conseguente obbligo del pareggio di bilancio imposto ai Comuni, si  è trasformato  pubblico.

A livello globale l’enorme esborso pubblico utilizzato  per coprire i "buffi" delle banche, in misura diversa, ha provocato nei bilanci degli Stati un debito enorme da cui le imposizioni del  Fiscal Compact impongono di rientrare attraverso tagli alla spesa sociale e privatizzazioni di bene e servizi pubblici.

 In egual misura la Corte dei Conti nel 2013 certificava per il Comune di Frosinone una situazione debitoria eccessiva,  provocata dai costruttori privati, da ripianare secondo le regole del patto di stabilità interna, imponendo al neo eletto sindaco Nicola Ottaviani la scelta fra una procedura di dissesto, o di piano di riequilibrio economico e finanziario. La prima, di fatto, cede l’amministrazione dell’ente direttamente ai giudici contabili, la seconda lascia al sindaco la facoltà di pianificare un piano di rientro  da sottoporre all’approvazione   della  Corte stessa,  chiamata anche al controllo del corretto espletamento del percorso di risanamento concordato.

 Ottaviani scelse la seconda opzione. Nel precedente articolo sopra richiamato manca però il finale. Come la storia ha dimostrato, le dinamiche del Fiscal Compact, sono tali che nessuno Stato, in particolare quelli del sud  Europa, riesce, nè riuscirà mai a rientrare del suo debito.  Ciò per il fatto  che gli aberranti regolamenti della UE,  costruiti sotto dettatura  delle lobby liberiste , sono concepiti  affinchè il debito  si trasformi, da fattore  puramente finanziario, a forma di dominio politico. In altri termini,   non conviene a chi comanda rientrare dei propri crediti.

Un Paese sempre sotto scacco per debito, deve pagare ogni anno quote sempre più elevate d’interessi e cedere progressivamente ai privati creditori, spazi, insediamenti e servizi pubblici, oltre che tagliare ogni tipo di spesa sociale con grave depauperamento di settori indispensabile coma la sanità. 

Lo smantellamento della sanità pubblica e di ogni servizio di cura imposto dalle politiche di rientro, ha reso evidente l’enorme vulnerabilità della collettività in occasione di eventi tragici quale  il Coronavirus. Dunque, nonostante tagli ai servizi e privatizzazioni, il debito italiano è ancora interamente sul tavolo e imporrà ulteriori immani  sacrifici, una volta ripristinato il patto di stabilità sospeso per pandemia.

Per la città  di Frosinone è in atto la stessa dinamica. La sezione regionale della Corte dei Conti del Lazio con la deliberazione n.7/2020 del 18 dicembre 2019 certifica che dal 2013, anno dell’inizio del piano di riequilibrio economico e finanziario, fino al 2018, la situazione debitoria del Comune di Frosinone è peggiorata. 

Nonostante il sindaco Ottaviani, con una solerzia liberista implacabile per la tenuta sociale della città, abbia licenziato i lavoratori dei servizi, conseguentemente   affidati ai  privati, tagliato scuola, servizi sociali in genere, aumentato al massimo  tutte le tariffe, abbia cioè massacrato i cittadini, l’ente da lui guidato si trova peggio di come era nel 2013 avendo prodotto un ulteriore debito di 27 milioni  da ripianare in 30 anni alla modica cifra di 900mila euro l’anno.

 La risposta del sindaco all’imposizione dei giudici contabili di rientrare degli squilibri è stata  sempre la stessa. La giunta ha proposto  ulteriori tagli per 5.375.000, fra riduzione del personale,  riduzione spese per scuolabus, biblioteca, impianti sportivi ed asili nido. Una accelerazione verso il Comune a servizi zero vero obiettivo  dell’attuale sindaco, perfetto curatore fallimentare degli interessi sociali, ma valente consulente e promotore degli interessi privati

  Un atteggiamento a cui per fino la Corte dei Conti ha mostrato avversione, imponendo alla giunta di trovare un’altra via di risanamento, basata su una programmazione più puntuale anziché scaricare tutto come al solito sulle spalle dei cittadini quelli presenti e quelli futuri, visto che il debito di 27 milioni graverà anche sulle spalle di chi ancora deve nascere.  


Noi cittadini di  Frosinone non pagheremo interessi  finanziari ingenti ,  come lo Stato nazionale, ma un sistema debitorio che toglie dignità  ai  cittadini e li lascia impotenti in piena balia perpetua  del più bieco potere lobbistico speculativo locale e globale è degno dei peggiori cravattari.


Qui si chiude il cerchio di una  terribile narrazione in cui, sia a livello globale che locale, il debito diventa puro dispotismo e tirannia. Per la cronaca nella richiamata deliberazione n. 7/2020 della sezione regionale della Corte dei Conti si esige dalla giunta la correzione del piano di rientro proposto dal Comune nelle modalità e nelle cifre.  Se  ciò non avverrà entro 60 giorni dalla data di avvenuta notifica (fine aprile) , avrà attuazione  l’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, in base al quale il prefetto avvierà le pratiche per l’apertura del dissesto

Il che vuol dire commissariare l’ente.   Mettere  le sorti di noi cittadini direttamente  nelle mani della Corte dei Conti che per 5 anni agirà da commissario imponendo ulteriori tagli e privazioni sociali. Come accadde al governo nazionale alla fine  del 2011 quando  all’esecutivo Berlusconi subentrò il governo Monti, tanto per capirci. 

Ecco dunque che per evitare il disastro sociale , almeno in  una visione a medio termine , considerato che sarà difficile evitare  che  il prossimo sindaco della città sia   un giudice contabile, è necessario inserire la lotta per il ritorno al controllo dei cittadini sul proprio ente locale -attraverso forme di democrazia partecipativa - all’interno del contrasto al sistema capitalistico globale , e alla dittatura del debito. 

Mi auguro che questa consapevolezza possa ripartire in modo forte ed inequivocabile proprio dalla nostra città così tanto provata da devastanti  politiche antisociali.

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