Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 5 novembre 2010

La Francia indica la strada: “Masse popolari d’Europa, sollevatevi!”

dichiarazioni delle sezioni europee della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale


“Sarkozy ci ha dichiarato guerra”, hanno detto i lavoratori francesi riferendosi ai provvedimenti del governo e in particolare alla riforma delle pensioni che ha provocato l’attuale ondata di mobilitazioni, la più grande dal 1995.
A maggio, è stato il “socialista” Zapatero che ha fatto lo stesso, annunciando la propria manovra correttiva che prevedeva la diminuzione degli stipendi degli impiegati pubblici, il congelamento delle pensioni e una profonda controriforma del mercato del lavoro, a cui ha fatto seguito un drastico taglio del bilancio e la prevista riforma delle pensioni. In questi giorni, è il governo inglese ad aver annunciato la distruzione di 500 mila posti di lavoro nell’amministrazione pubblica, un brutale taglio al welfare state e la riforma delle pensioni. In Portogallo, il nuovo piano di austerità del “socialista” Socrates ha già provocato la convocazione di uno sciopero generale per il 24 novembre. Agli inizi dell’anno, è stata la classe lavoratrice greca a scendere in piazza contro i draconiani piani di austerità decisi a Bruxelles e applicati dal “socialista” Papandreu. In Germania, la Merkel ha annunciato un piano di tagli di 80 miliardi di euro. In Italia, il governo Berlusconi impone le stesse misure. Tutta l’Europa si scontra con questa piaga.
L’Unione Europea, agli ordini del capitalismo tedesco e con l’avallo del Fmi, indica i piani dei governi di ogni “colore”. E' un’autentica guerra sociale quella che è stata messa in campo. In ogni caso, è stato deciso che il deficit pubblico e il debito generato dai 700 miliardi di euro stanziati per il salvataggio delle banche quando il sistema finanziario è stato sull’orlo del collasso dovranno essere pagati dalle lavoratrici e dai lavoratori. Questo è il senso delle manovre correttive che tutti i governi stanno applicando a scapito delle pensioni, degli stipendi degli impiegati pubblici, dei servizi e delle prestazioni sociali. Con questo, insieme al massiccio impoverimento, vogliono spianare la strada alle banche, alle imprese assicuratrici e ai fondi di investimento, nella gestione e nel controllo del sistema delle pensioni, della sanità e dell’istruzione.
Si tratta, né più né meno, che di un piano unificato per porre fine alle conquiste della classe operaia europea ed imporre un arretramento storico al livello di vita e ai diritti democratici finora ottenuti. Non a caso, in molti Stati dell’Ue esistono ancora importanti conquiste sociali e democratiche, nel pieno di un mondo sotto i colpi del più selvaggio neoliberalismo. Diritti come le ferie pagate, salari dignitosi, la sicurezza sociale praticamente universale, i sistemi pensionistici pubblici o lo stesso diritto di sciopero, sono finiti nel mirino della classe capitalista europea. Porvi fine rappresenta la precondizione per competere con gli altri imperialismi nella spartizione della torta del mercato mondiale nel pieno di una crisi storica, la più grande che si conosca dalla Grande Depressione degli anni Trenta.
A partire da questa unità di tutti i governi contro la classe lavoratrice, si gioca nell’Unione Europea un’altra battaglia, fra quelli che appartengono al “nucleo duro” e quelli che ne sono esclusi. La crisi ha assegnato a ciascuno il suo posto: sotto l’egemonia tedesca, l’asse franco-germanico si mostra come il padrone indiscusso d’Europa, mentre i paesi periferici, come Grecia, Portogallo o Spagna, sono sottoposti a un regime di “protettorato” economico, senza parlare inoltre dei Paesi dell’Est che recentemente hanno fatto ingresso nell’Ue, privi di ogni sovranità nazionale. Non significa nient’altro che questo la nuova “governance economica” europea. Per il resto, i brutali piani di austerità trascinano inevitabilmente verso la recessione e la stagnazione europea, la qual cosa mette in dubbio le stesse prospettive dell’euro e dell’Ue.
La risposta della classe lavoratrice europeaLa risposta alle manovre correttive, iniziata l’anno scorso dai lavoratori e dalle masse popolari greche, si è estesa all’Europa nel suo insieme. Grandi manifestazioni e scioperi si sono susseguiti in Italia, Spagna, Portogallo, Germania, nei paesi dell’Est… E, all’avanguardia, la classe operaia e la gioventù francesi, con un impressionante impulso dalla base e travolgendo i vertici burocratizzati, hanno messo alle corde il governo Sarkozy, costretto a militarizzare le raffinerie e a scatenare una massiccia repressione, con migliaia di arresti.
A ogni latitudine, pur con ritmi differenti, la classe lavoratrice e la gioventù d’Europa mostrano la loro disponibilità alla lotta. Una disponibilità che, in ogni dove, si scontra con la burocrazia sindacale della Ces e delle sue organizzazioni nazionali, che cercano di bloccare le mobilitazioni, di impedire lo scontro diretto dei lavoratori con i governi e con la Ue e di sbarrare a tutti i costi la strada a una risposta unificata della classe lavoratrice europea. La sola ipotesi di uno sciopero generale europeo provoca alla Ces i brividi. In Francia, le burocrazie sindacali si rifiutano di centralizzare il movimento lanciandolo in uno sciopero a tempo indeterminato che avrebbe tutte le carte in regola per ottenere il ritiro della riforma pensionistica e la caduta di Sarkozy. Al contrario, attendono che il movimento perda forza e si demoralizzi. La direzione delle Tuc britanniche si rifiuta di convocare una manifestazione nazionale contro i brutali piani di Cameron, nonostante le richieste dei sindacati dei trasporti e dell’istruzione. In Spagna, i dirigenti delle Cc.Oo. e dell’Ugt si rifiutano di convocare un nuovo sciopero generale, nel vano intento di riprendere il “dialogo sociale”. E potremmo continuare con esempi simili in altri Paesi.
Ma, nonostante l’onnipresente propaganda capitalista che insiste un giorno sì e l’altro pure con la solita solfa per cui non c’è alternativa all’impoverimento e alla perdita di diritti, bisogna dire che è possibile respingere le manovre correttive con una mobilitazione generale che si scontri direttamente con i governi e faccia confluire le forze di tutta la classe lavoratrice europea in una risposta unificata e schiacciante, rompendo le frontiere che la dividono, di Stato in Stato, di nazione in nazione.
Esigiamo, pertanto, che le direzioni sindacali della classe operaia dei diversi paesi europei mettano in campo piani di lotta combattivi e conseguenti con l’obiettivo di sconfiggere queste manovre antioperaie, invece di sedersi al tavolo delle trattative per negoziare con i governi piccoli cambiamenti, che non mettono in discussione il contenuto di questi attacchi. Esigiamo anche che convochino scioperi generali nei loro Paesi e uno sciopero generale europeo che possa respingere i piani dei governi, della Ue e del Fmi.
Le lavoratrici e i lavoratori europei sono entrati in un periodo storico in cui affrontano la gigantesca sfida di sconfiggere questi piani – che, come dicono i compagni greci, “vogliono riportarci agli anni ’50” – e di imporre una soluzione operaia alla crisi, aprendo l’orizzonte della lotta per la distruzione dell’Unione Europea e per l’edificazione degli Stati Uniti Socialisti d’Europa.
Imporre una soluzione operaia alla crisi esige il rifiuto categorico delle manovre correttive, la divisione del lavoro mediante la riduzione della giornata lavorativa senza riduzione dei salari, il sussidio di disoccupazione a tempo indeterminato fino a che i lavoratori non vengano reimpiegati, la pensione a 60 anni, l’avvio di ambiziosi e duraturi piani di opere pubbliche per risolvere le grandi necessità sociali, la fine delle privatizzazioni dei servizi pubblici e la loro ripubblicizzazione, forte tassazione ai ricchi, la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori delle grandi industrie e dei settori strategici, l’espropriazione delle banche per porre le risorse del paese al servizio della riorganizzazione dell’economia a vantaggio dell’immensa maggioranza ed il mancato riconoscimento dei debiti nazionali.
Imporre una soluzione operaia alla crisi esige che si faccia fronte con la massima determinazione al risorgere delle pulsioni razziste e xenofobe, dietro le quali si prospetta il risorgere dell’estrema destra, un’arma sulla quale la borghesia europea comincia a fare affidamento per il futuro.
In realtà, ciò che stiamo vivendo oggi è una guerra sociale dei padroni e dei governi contro i lavoratori e le masse popolari. Imporre una soluzione operaia alla crisi esige, pertanto, non solo scontrarsi con le manovre ma anche con i governi in carica che stanno facendo sì che siano i lavoratori a pagare per una crisi che non è la loro. Senza combattere direttamente questi governi della borghesia, siano essi di destra o di centrosinistra o socialdemocratici, non riusciremo a respingere questi piani.
In questo senso, questa crisi non ha fatto altro che mettere in chiaro – e nella forma più cruda – la barbarie del sistema capitalista, che non dà altra soluzione a quelli che vivono del loro lavoro se non il supersfruttamento e la miseria. Un sistema che passa di crisi in crisi, che si fonda sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che ci priva della vita e della dignità facendoci lavorare fino alla morte, che sostiene il lusso dei ricchi con la distruzione del pianeta e dell’umanità. Per questo, per la Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale (Lit-Ci), questa crisi – la più grande dal 1929 – pone all’ordine del giorno la necessità di sconfiggere non solo le manovre dei governi, ma tutto il sistema capitalista.
Avanzare nella riorganizzazione sindacale e politica del movimento operaioI lavoratori e le lavoratrici, la gioventù francese, mostrano un’enorme forza e, al tempo stesso, la necessità urgente di raggruppare la forza combattiva che dalle basi sindacali e dai giovani postuli un’alternativa rispetto alle burocrazie che sono il principale tappo della mobilitazione. In questo momento, questa è la necessità più urgente in ogni Paese e su scala europea: raggruppare la sinistra sindacale coordinandola a livello europeo, dove l’arretramento è ancora grande.
Tutti i passi nella riorganizzazione sindacale sono inseparabili dalla riorganizzazione politica, dalla lotta per avanzare una direzione rivoluzionaria rispetto a una sinistra governista che da molto tempo ha cessato di essere sinistra per convertirsi in strumento del capitalismo europeo. In questo compito sono fortemente impegnate le sezioni europee della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale.

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