Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 20 marzo 2012

Da Orlando a Osvardo (Roma-Genoa 1-0)

Kansas City 1927



Er tifoso giallorosso lo sa. L’occasione è quasi irripetibile. L’avversari hanno rallentato, se so fermati a vicenda, hanno messo er freno a mano. L’avversario nostro l’ultima volta che ha vinto fori casa Topolino faceva ancora solo l'attore e no er procuratore, e oggi c’ha pure nsacco de assenti. Le condizioni so favorevoli, è na partita da dentro o fori, la squadra è chiamata alla prova de maturità. Alla luce de tutto questo er tifoso giallorosso lo sa: stasera nse vince. Se almeno Cavani non avesse segnato er secondo, se se fossero allungate le distanze, allora na mezza speranza de fa 3 punti ce sarebbe ancora, ma mo che sta partita c’ha un senso, ndo cazzo annamo. Quest’anno è così, se sa, annamo tarmente discontinui che i gamberi se so straniti: “Oh non famo che mo quello è er passo daa Roma, ce sta tanto de copyright”. Però ce se prova, nsia mai.

A sto giro ce se prova co un Cipolla de più e Ncapitano de meno, assenza che pe il principio dell’osmosi comporta pure quella de Pjanic, assenza che a sua volta comporta inderogabilmente ancora na volta la presenza de Debito Greco, nome che fa sempre storce er naso, in parte a ragione, in parte sulla scorta de una abbondante e generosa spolverata de pregiudizio adagiata su un letto de croccante disillusione. Ma sto ragazzo dar capello a punta e dar pelo ponneso ha deciso che è ora di basta! e di dire no! alla sfiducia dei mercati, no! alla rassegnazione del popolo, NO! mpo più forte a Franco sennò non lo sente, e ancora no! a programmi che parlano solo de salvezza e non guardano all’Europa. Ed è pe tutta sta serie de motivazioni che se prodiga ner colpo de reni de ntessuto sociale ormai sfibrato, ner gesto ar quale tutta la comunità anela come un sol uomo: nassist. La palla se stacca dai piedi de Default Greco e prende proprio la traiettoria che dovrebbe prende, a scavarcare la difesa e la crisi, a superare centrali, terzini e operatori merde de Wall Street, a sgombarare il campo dai dubbi sulla ripresa, ma soprattutto a tagliare il campo pe finì ai piedi de na Cipolla che smania pe facce risentì le fragranze der 2011. Er Rossi de turno je se piazza muraceo davanti, co Frey de dietro che lo carica e se carica “Daje che lo fermamo!”. Ma lui è Osvardo, e er piede ce l’ha cardo. La stoppa e se sposta, la sposta e se imposta, la imposta e la imbusta. Assicurata senza ricevuta de ritorno, nce servono conferme, l’amo vista tutti, e allora strillamo tutti.

“Vabbè, potrebbe pure non esse troppo presto, ma famone nartro” se ricredono parzialmente dopo Palermo i cacadubbi, e a sto giro rappresentano er pensiero de na tifoseria intera. La cosa bella e nuova e sorprendete e “aò ma che davero?” è che a sto giro sembra essece piena sintonia tra squadra co la majassorica e curvassorica, perchè pare che giocamo e che ce va de segnà, sempre coi tempi nostri, ma co quer quid in più e quella schizofrenia paranoide in meno. Er balòn gira giulivo ar punto de arivà messo bene sui piedi de Yogurt Greco che, esaltato dall’apertura positiva della partita e delle borse, poco ce manca che non la butti dentro pure lui, ma Frey, barilotto ma sempre barzotto, je fa presente che la Francia purtroppo sta in campagna elettorale e nse ponno fa sconti a nessuno. Ma noi che semo generosi e abbiamo detto no! all’occhio per occhio dente per dente cuoio per cuoio, aprimo invece la stagione dei saldi che ce porterà a regalà occasioni de restà in vita ar Grifon d’oro fino ar novantesimo.

Er Primo è Chiaia, che dopo 90+20 minuti senza fa cazzate in difesa tra Palermo e mo, decide de portasse avanti pe fanne una che almeno non abbia effeti catastrofici. Da mite calcio d’angolo scaturisce così nazione de quelle che pe improbabilità e imprevedibilità passeranno ala sssoria der proggetto, allorché, su ribattuta de corner, l’Ariano se trova er pallone a provocallo tra le zampe infestate de inchiostro, evento che induce er Chiaia a stibià la sfera verso er più vicino a lui, che in ogni dove è e sarà sempre er Cannicane. Er Cannicane, omo che pe la rapida e dolorosa maturazione dei suoi prossimi farebbe falsificherebbe identità, de porpaccio je ritorna er cuoio ormai spazientito da tanto indugio. Capita l’antifona, Chiaia gonfia er glabro petto, carica la balestra e de punta sporca scaraventa l’ostile oggetto verso la rete artrui,  ma invece de fasse bomber se blocca e se fa fiordo.
Franco dalla porta chiede cor soriso: “Ah, pure te?”.
“No no, ho detto FIORDO” je risponde Chiaia smontandoje sur nascere le speranze de piccola comunità audiolesa.

Ma non c’è tempo per consolare l’inconsolabile, è già ora de magnassene nantro. La parzialmente ripristinata Cipolla se invola oltre le rovine der concetto de forigioco der Genova, ma affascinato dall’antichità de na difesa che cade a pezzi, inebriato dar grande mistero dele popolazioni Genovane conservate così bene accanto a lui tanto che parono vive, se perde dentro a un trip de History Channel e se scorda che pe segnà tocca pià la porta. Er primo tempo se ne va così, co noi che giocamo a calcio, e inebriati da sta novità se emozionamo e ar dunque ce viene l’ansia da segnazione, e co loro che sembrano dire: vabbè oh, se proprio ve fanno schifo sti tre punti noi ce provamo a piassene uno.

Se riparte de slancio coi medesimi in campo, co quell’approccio scanzonato che, ner timore de fasse pià la mano e credece troppo, ce fa vive ogni azione come fossimo davanti a na candid camera. Del resto mai s’era visto all’Olimpico un giocatore sospinto nela discesa e ner cross e in ogni stramberia je passi pe la testa solo da insurti costanti e copiosi ar punto da amargamasse e sembrà un unico coro de incitamento.

E mai s’era visto un giovine tarmente paraculo da mettese a fa le corse utili e quelle tanto inutili quanto valide comunque pe l’osanna collettivo. E tale è l’osanna che er medesimo giovine comincia a scoattà ar punto da dimenticasse de esse forte sì ma ancora acerbo e a tratti rozzo. E siccome, je piaccia o meno, Caciara se nasce e lui lo nacque, Nascar improvvisa prima un cucchiaio da fori area che Frey, pasciuto com’è, ingoia co na mano, quindi se lancia da solo nele praterie genoane, credendo in se stesso oltre ogni limite de velocità, per la gioia, il tripudio e le risa collettive de no sssadio che uno così veloce non lo vedeva dai tempi de Vierchowod. Tanto è er credito ricevuto, che ar Caciara, complice l’assenza dei gemelli punitivi, je viene concesso l’onere de batte na punizione. Quello se sente Ronardo, mette i piedi a papera e la tira de punta, facendosi pirlo (sì, lo sapemo che la parola “pirla”, come ogni suo derivato, a meno de non avè  la verve den padano, è parola tarmente moscia da non esse mai considerabile come parolaccia o insurto, ma mo ce tornava utile, nse ripeterà più).

Ner mentre Ladolescente, consumati i tacchetti dii scarpini a furia de cristianoronardiche solettate, azzecca ndribbling e azzecca Frey sparandoje addosso prima de esse richiamato a contasse i peli der petto in panca a beneficio del’ennesima valorizzazione der talento alato der Putto cantero, anche in ossequio alla regola che non vuole in campo due membri der cast de High School Musical contemporaneamente. Capitan Mo, lo vede, e in una partita per lui meno perfetta der solito japparecchia l’assist perfetto, er contagiri (che poi nsè mai capito bene cosa cazzo sia, ndo se compra er contagiri? Ar feramenta? Da Leroy Merlin? E in che reparto? Dispositivi metaforici?) insomma, er 2-0, lì, a du passi da Frey. Ma er Putto prescioloso che fece i tiri ciechi se disunisce e s’unisce allo spreco generale, tirando fori de quer tanto che basta a facce pensà che l’abbia fatto apposta. E ar marasma se unisce Aquistinho nell'esibizione der numero preferito, la busta de piscio in diagonale, che stavorta è carica e paglierina er giusto ma non abbastanza da impedì a Frey de superà l'esame.

In tutto ciò c’è un uomo che, capita l’antifona, sfodera l’arma finale pe garantì er galleggiamento. Er Cannicane, ner secondo tempo come ner primo, lotta e zompa e ringhia e sbava su ogni pallone, ma siccome pure pe gente abituata ad avé Matteo Ferari tutto ciò, cor tempo e l’abitudine, po sembrà normale, er Cannicane se erge diga a corpi de spalancocoscia. Dicesi spalancocoscia er gesto tecnico che vede er difensore nell’atto costante di spampanare il compasso delle proprie cosce offrendosi come cozza pelosa e venere avida di seme e piacere all’attaccante avverso. Quello barzotto imbocca ed eccitato viene incontro alla sapida tenaglia, che improvvisa se chiude, spezza e stronca ogni stronza pretesa de ingallamento. Er Cannicane lo farà per tutta la gara fino all’apoteosi de fallo pure palla ar piede. Er Cannicane è l’unico giocatore che te mena pure quando imposta, la sua visione di gioco è un’inquadratura dal basso, dar contrasto arto, morto arto, pure troppo.

Ma na squadra acerba pe statuto se po concede er lusso de sembrà cinica, matura e sparagnina lucrando su ngolletto fatto coll’olio canforato che ancora te cola sule cosce? No che non si puote, e infatti nsemo boni. E nsemo boni ar punto che lo jedi Palacio c’avrebbe l’occasione de facce rimpone pure sta partita, se non fosse che quarcuno je deve avè riempito la borsa de copie de quotidiani de sti giorni in cui se notifica l’interesse nostro pe la treccina sua, e al solo pensiero de ritrovasse tra pochi mesi in ritiro co un Heinze imbronciato pe sto gò fa la scelta giusta per lui e per la sua famiglia, mannando er cuoio a spigolà er montante (meno metaforico ma comunque possibile vicino de scaffale der contagiri in quanto parola che se usa solo nele telecronache).

E’ l’ultimo pericolo, dopo de questo giusto il tempo pe Bojan de diventà adulto a suon de bestemmie e il triplice cala a scacciare paure e facce provà, pe la prima volta dopo mber po de tempo, nattimo de serenità, de quella tranquillità che poi ce pensamo domani a perchè non ariveremo terzi, mo vogliamo solo cantà, e allora Noi gridiamo in coro, evviva, evviva, urrà, sì, sì! Topolin, Topolin, viva Topolin! Su venite a far baldoria insieme a Topolin, anche noi, come voi, canterem così. Come noi bambini, tu sei tanto piccolin, Topolin, Topolin, viva Topolin!

Nessun commento:

Posta un commento