Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 26 settembre 2013

Facciamo crescere la lotta!

di Patrizia Cammarata

18 ottobre 2013: sciopero generale

Finalmente una data per uno sciopero generale. Finalmente uno sciopero che dovrebbe vedere uniti, nello stesso giorno, operai, impiegati, infermieri, facchini, insegnanti, lavoratori pubblici e privati, tutti insieme per fermare le fabbriche, le scuole, gli asili, gli uffici, le cooperative, ogni luogo di lavoro. Una fermata generale per respingere le politiche d’austerità del governo.


Uno sciopero unitario del sindacalismo di base
Uno sciopero necessario e tardivo ma che è importante spingere in avanti, organizzare, diffondere, estendere. Lo sciopero generale è indetto contro le politiche d’austerità del governo Letta; per l'aumento di salari e pensioni, la riduzione dell'orario di lavoro; per i diritti sociali (reddito, casa, lavoro,  salute, studio); per la bonifica di siti inquinati; per il taglio alle spese militari; per una legge democratica sulla rappresentanza; per pari diritti per i lavoratori migranti, contro la tassa di soggiorno e il rapporto tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro.
Lo sciopero del 18 ottobre vede unite varie sigle del sindacalismo di base (Cub, Cobas, Usb, Si.Cobas, Usi ecc) e associazioni dei migranti che, proclamando in modo unitario lo sciopero di tutte le categorie pubbliche e private, realizzano, almeno per questa giornata, l’aspirazione all’unità delle lotte largamente sentito dalla base dei propri iscritti, sempre più insofferenti alla chiamata a “sciopericchi” di poche ore e divisi per settore, che ha caratterizzato l’agenda delle mobilitazioni sindacali degli ultimi anni.
Limiti e potenzialità 
Lo sciopero del 18 ottobre nasce tuttavia con forti limiti. Ancora una volta, si tratta di uno sciopero organizzato dai dirigenti dei sindacati, senza un reale coinvolgimento della base degli iscritti e attivisti del sindacalismo di base. E' uno sciopero, quindi, che rischia di essere unitario solo nella forma, ma non nella sostanza (come dimostra anche la decisione di organizzare diverse manifestazioni e iniziative nella giornata del 18 ottobre senza coordinamento).
E’ comunque necessario che lo sciopero del 18 ottobre diventi lo sciopero, non solo degli iscritti al sindacalismo di base, ma di tutta la classe lavoratrice. I burocrati sindacali dei sindacati concertativi Cgil-Cisl-Uil e Ugl, veri agenti del padronato all’interno della classe lavoratrice, hanno lavorato alacremente per dividere i lavoratori e per favorire la completa pace sociale mentre passavano i peggiori provvedimenti governativi (blocco dei contratti, aumento dell’età pensionabile, privatizzazioni, ecc.). E’ importante che la base degli iscritti di Cgil- Cisl-Uil faccia proprio questo sciopero e vi partecipi, per unire le lotte e dare forza alla protesta. Affinché questo possa accadere è fondamentale la nascita di coordinamenti di lotte e di comitati per la costruzione dello sciopero.
E’ importante, ad esempio, rafforzare e allargare i coordinamenti che su queste basi esistono già e stanno aggregando diversi settori in lotta, come il coordinamento delle lotte No Austerity che sta aggregando avanguardie di lavoratori in lotta appartenenti a diverse sigle sindacali.
La necessità di una risposta di classe agli attacchi padronali
I licenziamenti di massa, il blocco dei contratti per i lavoratori pubblici unito a condizioni di lavoro sempre più difficili, lo sfruttamento nel mondo delle cooperative, i tagli nella scuola e nella sanità, la disoccupazione giovanile, il razzismo e il duplice sfruttamento nei confronti dei lavoratori immigrati che si concretizza, non solo nelle condizioni lavorative spesso disumane, ma anche nel rapporto fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro previsto dalla legge Bossi-Fini, ci parlano di una guerra di classe che i padroni stanno perpetrando indisturbati e con l’attiva complicità dei loro partiti, delle amministrazioni locali, dei loro governi (centrodestra, centrosinistra, tecnici o d’unità nazionale) e delle burocrazie sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl,
La barbarie si sta allargando ad interi settori della società, il mondo del lavoro è una bomba ad orologeria ed è per evitare che la rabbia si rivolga verso il vero responsabile, cioè il capitalismo che nella realtà d’ogni giorno affama miliardi di persone nel mondo attraverso miseria e guerra, che i capitalisti (industriali e banchieri)  stanno scaricando la crisi strutturale internazionale sui lavoratori e le masse popolari cercando, al contempo, attraverso i loro potenti mezzi di comunicazione, di creare paura e odio fra la classe lavoratrice, mettendo vecchi contro giovani, nativi contro immigrati, lavoratori privati contro lavoratori pubblici.  Per respingere tutto questo è necessario ripartire da quello che storicamente si è rivelato l’unico strumento per difendere i diritti e ottenerne di nuovi: lo sciopero generale, strumento indispensabile per respingere l’attacco in corso.
Non serve a nulla lamentarsi né imprecare, non servono i “vaffa…” del comico miliardario Beppe Grillo suggeriti dall’imprenditore Casaleggio (frequentatore di work-shop in compagnia di ministri, industriali e banchieri) e non servono gli appelli e il richiamo alla Costituzione borghese da parte della sinistra “governista” (Sel, Rifondazione, ecc..). I capitalisti stanno salvando sé stessi e stanno conducendo la loro guerra di classe contro il proletariato, cioè contro tutti quelli che per vivere sono costretti a vendere la loro forza-lavoro, sia essa fisica o intellettuale.
Per sua natura lo sciopero tende a mettere in discussione tutto l’impianto su cui si regge lo sfruttamento del sistema.  Le litanie di una sedicente sinistra che negli anni passati non perdeva occasione per affermare che lo “sciopero è un’arma spuntata” e che ci vogliono “forme alternative” sono ora sconfessate dalle grandiose mobilitazioni e scioperi generali che stanno infiammando le piazze di gran parte dell’Europa, in Nord Africa e di oltre oceano, come i recenti scioperi di massa in Brasile. Lo sciopero, strumento attuale per la lotta di classe, ha oggi la stessa forza e le stesse ragioni che sono state affermate dai rivoluzionari del passato.
Ci pare utile riprendere un brano di un testo di Lenin, per la sua evidente attualità: 


Quando l'immiserimento del popolo giunge ad un punto tale che (...) esistono costantemente masse di popolo senza lavoro, quando gli industriali accumulano ricchezze immense e i piccoli padroni vengono eliminati dai milionari, allora l’operaio diviene assolutamente impotente di fronte al capitalista (...). Ed ecco che, per non lasciarsi sospingere ad una tale condizione estrema, gli operai iniziano una lotta disperata. Vedendo che ognuno di loro, se isolato, è assolutamente impotente e minacciato dal pericolo di perire sotto il giogo del capitale, gli operai incominciano ad insorgere insieme contro i loro padroni (...) In tutti i Paesi la collera degli operai cominciò dapprima con rivolte isolate (...) tanto più urgente diventa per gli operai la necessità di resistere uniti, perché tanto più grave diviene la disoccupazione, tanto più forte diventa la concorrenza tra capitalisti, che tendono a produrre le merci il più a buon mercato possibile (e per farlo bisogna pagare gli operai il meno possibile), tanto più forti sono le oscillazioni nell'industria e le crisi. Quando l'industria prospera gli industriali ricavano grandi profitti e non pensano affatto a farne parte agli operai; durante la crisi, invece essi cercano di far ricadere le perdite sulle spalle degli operai (...).  Quando di fronte ai ricchi capitalisti stanno degli operai nullatenenti, isolati fra di loro, questi non possono che essere completamente asserviti. Quando però questi operai nullatenenti si uniscono, le cose cambiano (...) Gli scioperi incutono sempre terrore ai capitalisti perché incominciano a scuotere il loro dominio (...) E' l' operaio che mette in moto tutto questo meccanismo…. costruendo le case, i laboratori, le ferrovie. Quando gli operai rifiutano di lavorare, tutto questo meccanismo minaccia di arrestarsi. Ogni sciopero ricorda ai capitalisti che i veri padroni non sono loro, ma gli operai…Ogni sciopero ricorda agli operai che la loro situazione non è disperata, che essi non sono soli. (...) Durante lo sciopero egli proclama ad alta voce le proprie rivendicazioni, ricorda ai padroni tutti i loro soprusi, proclama i propri diritti, pensa non solo a se stesso e alla sua paga, ma anche a tutti i compagni che hanno abbandonato il lavoro insieme a lui (...) Lo sciopero insegna agli operai a comprendere dove sta la forza dei padroni e dove quella degli operai, insegna loro a pensare non soltanto al loro padrone e non soltanto ai loro compagni più vicini, ma a tutti i padroni, a tutta la classe dei capitalisti e a tutta la classe degli operai. Quando un industriale che si è abbondantemente arricchito sul lavoro di alcune generazioni di operai non acconsente al più modesto aumento di salario o cerca addirittura di abbassarlo ancora di più (...) gli operai vedono chiaramente che tutta la classe capitalistica è nemica di tutta la classe operaia, che gli operai possono contare soltanto su se stessi, sulla propria unione (...) 'dietro ad ogni sciopero è appostata l’idea della rivoluzione' (...) ogni sciopero rafforza e sviluppa negli operai la consapevolezza che il governo è il loro nemico, che la classe operaia deve prepararsi alla lotta contro il governo per i diritti delle masse popolari. Gli scioperi, dunque, abituano gli operai all'unione, mostrano loro che soltanto uniti, possono lottare contro i capitalisti, insegnano loro a pensare alla lotta di tutta la classe operaia contro tutta la classe degli industriali e contro il governo (...) Dagli scioperi isolati gli operai possono e devono passare (...) alla lotta di tutta la classe operaia per l’emancipazione di tutti i lavoratori.” (Estratti dallo scritto di Lenin Sugli scioperi – 1899).

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