Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 11 luglio 2014

Italia, land of story telling

Luciano Granieri

Story telling, ovvero cantare storie. No non è proprio così. La figura del cantastorie evoca l’immagine di un affabulatore che affascina l’uditorio guidandolo nei sentieri della fantasia e della fascinazione. Story telling, significa, : “il dire storie”, in cui il termine storia è inteso come imbroglio, bugia. La pratica dello story telling risale agli albori del neoliberismo occidentale i cui campioni, all’inizio degli anni ’80, furono Margaret Thatcher ,ma soprattutto Ronald Reagan. La loro politica tesa a distruggere lo stato sociale, il controllo dello Stato sul libero dispiegarsi dell’accumulazione finanziaria e sulla polarizzazione delle ricchezze a favore delle grandi lobby private, necessitava di un sistema per convincere i poveri, vittime predestinate di questo insensato sistema,  a votare per i ricchi. 

L’imbroglio consisteva nel sostenere che era nella disponibilità di ogni persona un capitale umano  il cui utilizzo, ai fini dell’ottenimento del successo, dipendeva solo ed esclusivamente dalla persona stessa.  E lo Stato, con le sue regole opprimenti, non era altro che un ostacolo al pieno dispiegamento delle capacità di ciascuno finalizzate a conseguire il successo. L’essere poveri non era altro che la conseguenza della propria inadeguatezza, per cui compito di ognuno era  darsi da fare per non essere abbietto. Tramite lo story telling, la solidarietà venne sostituita dalla competitività. Le sciagure che tale sistema ha prodotto nei decenni successivi sono ancora sotto gli occhi di tutti. 

Alla stessa scuola si iscrisse Bettino Craxi. Anche il leader socialista praticò lo story telling, con la sua Milano da bere, con il partito liquido, tutti oscuri presagi all’avvento del ventennio berlusconiano. Ma a leggere bene la storia il popolo italiano è stato sempre particolarmente sensibile a chi gli ha raccontato storie. Ci siamo sempre fatti gabbare da certi personaggi, a partire dall’inizio del ‘900. 

Uno dei primi story tellers può ritenersi Gabriele D’Annunzio, che insieme all’allora presidente del consiglio, il conservatore Salandra, al ministro degli esteri Sonnino, e a quasi tutte le formazioni politiche dai conservatori, fino ai socialisti rivoluzionari di Benito Mussolini, convinse gli italiani con le “radiose giornate di Maggio” ad entrare in una guerra dalle conseguenze drammatiche per il Paese. Un Paese screditato agli occhi delle altre potenze,  infatti, dopo aver flirtato con Austria e Germania  era entrato nel conflitto affianco dell’alleanza opposta, formata da Francia Germania e Russia. Con le mire di conquista del Trentino Alto Adige, Trieste, L’Istria e la Dalmazia,  una Nazione povera, oberata dalle tasse, militarmente debole, guidata da generali inetti,  con  un esercito formato da soldati arruolati  perché cacciati delle proprie famiglie che li ritenevano  stupidi o turbolenti, si avventurò in un conflitto disastroso. 

Il periodo che seguì la grande guerra aprì la strada ad un altro famoso story teller.  Benito Mussolini, la testa d’ariete della borghesia conservatrice, dei poteri forti, chiesa compresa,  utilizzata per annientare le lotte sociali del biennio rosso.  Affabulando gli italiani con l’espansionismo,  la rottura delle reni alla Grecia, la conquista infausta  dell’Etiopia che aveva svuotato le casse dello Stato, il duce condusse la nazione all’ignominia delle leggi razziali, alla sanguinaria sudditanza ad Hitler, allo sfascio della seconda guerra mondiale. Ma l’abilità dello story teller  nel convincere un popolo povero, affetto da ampie sacche di analfabetismo, a seguirlo nella follia, fu esemplare, o forse fu la stupidità del popolo medesimo a determinare tali esiti drammatici. Queste gesta di story teller  condannarono il paese a stenti e massacri. 

Dopo le miserie della guerra, ci furono risparmiati altri venditori di storie, forse quella generazione post bellica,  figlia della lotta partigiana,   non era facile da imbrogliare. Ma l’incantesimo, che guarda caso portò a conquiste sociali e civili notevoli, fu interrotto dall’esemplare italiano dello story telling thatcheriano reaganiano. Iniziò l’era di Bettino Craxi. Abbagliati dalla sua storia del successo possibile per tutti, gli italiani si videro derubati, del sistema di adeguamento del salario all’inflazione, assistettero all’inizio del declino inesorabile dei diritti sul lavoro. Travolto dall’emersione della corruzione, Craxi abdicò al suo principale sponsor politico. Silvio Berlusconi. 

Un grande story tellers. Sotto la sua illusione profusa a piene mani  dalle sue televisioni, al popolo bue fu  fatto credere  che ogni cittadino avrebbe potuto aspirare a diventare imprenditore miliardario,  ogni ragazza soubrette, l’importante era non farsi troppi scrupoli delle regole condivise definite lacci e lacciuoli. Il Parlamento si bevve la storia che una prostituta marocchina minorenne era nipote di Mubarak. Mentre impazzavano queste leggende, veniva smantellato il sistema giudiziario, orientato alla salvaguardia di corruttori ed evasori  , il sistema dei diritti dei lavoratori restava ulteriormente smembrato e iniziò l’era della privatizzazione dei profitti unita alla socializzazione delle perdite, continuò la destrutturazione della sanità e della scuola pubblica. Sfinito dall’età, dai guai giudiziari e dai ricatti dei suoi infimi cortigiani,  lo story teller brianzolo qualche mese fa, ha nominato il suo erede. 

Con i famosi patti del Nazareno, il vecchio passava la mano al   nuovo in cambio di chissà quali  guarentigie.  Eccolo Matteo Renzi il nuovo venditore di fumo.  Il vate della velocità. In nome del nuovo è bello, della rivoluzione riformista, il suddetto sta procedendo all’abolizione del Senato, alla definizione di una legge elettorale anti democratica, plebiscitaria, assolutamente noncurante della tutela dei diritti di rappresentanza. Il nuovo story teller procede come un treno nel depotenziare la partecipazione dei cittadini innalzando il numero di firme necessario per presentare le leggi di iniziativa popolare e i referendum. Contornato dal suo cerchio magico di rapidi efficienti  e desiderabili quarantenni, procede al definitivo smantellamento delle protezioni sociali e alla precarizzazione del  lavoro.  

Le conseguenze nefaste degli   story teller passati  sono scritte nella storia, ancora ne sopportiamo le conseguenze, e ciò che sta approntando questo nuovo affabulatore non sembra migliore, anzi. Forse sarebbe il caso di smettere di farsi abbindolare da chiunque racconti fandonie. Forse sarebbe il caso di cominciare a costruirsi la propria storia tutti insieme.

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