Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

domenica 21 gennaio 2018

"Bird" vive

Un ricordo di Robert Hecht della Kansas City di Chiarlie Parker 
traduzione di Luciano Granieri



La notte in cui incrociai realmente   lo sfavillante genio di Charlie Parker stavo nell’appartamento della mia fidanzata   nel Lower  East Side. L’anno era il 1961. Avevo diciannove anni  lei  era molto più anziana  e molto più hipster di me,  mi aveva  non solo introdotto   alla grande musica , ma anche  insegnato   ad apprezzare il meglio dell'arte  in assoluto.  Possedeva i dischi di jazz più importanti, compreso quello che stava sul piatto del giradischi quella notte. Era The Fabulous  Bird  per l’etichetta Jazztone.  Conteneva  le  riedizione  di alcune fenomenali sessioni di Parker incise per la Dial nel 1947. Aveva una stereo veramente a “bassa fedeltà”  . Ricordo ancora il vinile ,il giradischi  aveva  la manopola dei toni  avvolta dallo scotch per mantenerla ferma nel suo alloggiamento. Ma l’alta fedeltà non era un problema, in parte almeno, perché quella sera avevo appena fumato uno striminzito  bastoncino di the grande come la metropolitana di New York .

Sebbene fossi un amante del jazz fin dall’età di 10 anni e avessi  ascoltato Bird da tempo, riconoscendo  sicuramente la sua    grandezza , non ero mai riuscito ad apprezzarlo completamente. Non mi aveva mai impressionato  granchè  . Ma quella sera, quando suonò “Out of Nowhere”tutto cambiò. Sul tema principale dello straordinario standard di Johnny Green, Bird sviluppò un incredibile melodia  , con una serie di figure ripetute che semplicemente mi misero al tappeto, e ancora oggi mi  provocano  la stessa sensazione . La sua maestria emerse  così chiaramente e profondamente,  con  l’incredibile invenzione melodica,  la perfetta architettura musicale del suo assolo, il roccioso e solido senso dello swing e del ritmo, la profonda, profonda passione della sua esecuzione , il sound  delicato e crudo allo stesso tempo, e i virtuosismi ...... Dio mio i  virtuosismi!, Rimasi pietrificato, completamente in balia di quel suono. Ancora e ancora   sollevai  il braccio del giradischi  lo riposizionai più volte  all’inizio del brano per perdermi nella meraviglia della sua esecuzione . Da quella notte in poi,  Bird fu un assoluto defintivo  per me , ancora lo è, e lo sarà per le decadi a venire. Dopo la sua morte, i jazz fans  scrissero    “Bird vive” sui muri dei sotto passaggi,   dei palazzi di New  York e di tutte le altre città pazze per il jazz (Io stesso l’ho fatto sul cemento fresco di un marciapiede a Palo Alto in California). In verità, la sua musica vive come un  solido pilastro, qualcuno è anche arrivato ad affermare: un solido   della musica del ventesimo secolo.



Ma passiamo   ad un’altra notte, una notte di  diciotto anni più tardi ,a Kansas City, un notte calda  e molto umida di fine agosto. Kansas City era la città natale di Bird, il posto dove aveva  fatto esperienza per diventare padrone di se stesso.

Era tardi  stavo  in attesa fuori  nel buio  davanti alla sala del sindacato musicisti, il Local  627, una pietra miliare dei posti per fare musica di Kansas City. Fu qui che per la prima volta, “Il Presidente"  (Lester Young ndt) incontrò il “Conte” (Count Basie  ndt) “Perché siete voluti a andare in quel buco” chiese il nostro vecchio tassista nero. “Non c’è niente altro che una manica di  fottuti demoni drogati li dentro”



Ma li c’era la storia. Il Local 627 fu una  delle prime  più importanti sedi del sindacato musicisti Afroamericani. Fu qui che per la prima volta “Il Presidente” incontrò il “Conte”,  dove il giovane Bird si fermava  ,dove molti altri grandi musicisti si fermavano  nel loro viaggio attraverso Kansas City. La sede del sindacato era un vecchio stabile di mattoni, ma anche nel buio avrei potuto distinguere le grandi note musicali dipinte di rosa sulla facciata. Ci era giunta notizia  che ancora si organizzavano jam session occasionali che duravano tutta la notte in quel vecchio sacrario. Eravamo alla disperata ricerca di in po’ di vero jazz  durante la nostra breve visita alla città, sperando di trovarlo entro il paio di giorni in cui durava il   nostro soggiorno dopo essere giunti  dalla California. Ma le mie irrefrenabili voglie  non riuscivano a trovare  soddisfazione provavo la stessa sensazione di   uno in procinto di  essere ingoiato dalla notte di Kansas City.

Stavo nel cuore dei bassifondi di Kansas City,  la verità era che avevo intuito   di essere  molto piccolo  e molto bianco per  rimanere li fermo in quel buio pesto.

Un frammento di luce filtrò attraverso una crepa di una porta e immaginai che li dentro ci fosse una festa privata  a cui nessuno avrebbe potuto accedervi se non attraverso una parola d’ordine o un segnale segreto convenuto. Rimasi a pensare per un secondo. Mi sembrò di sentire una fragorosa risata , un odore di erba scadente mi investì (o credo fosse qualcosa di simile annusando da fuori), bussai per un po’ ma nessuno rispose per cui mi avviai di nuovo verso il nostro taxi in attesa.
Nessuna fortuna” dissi al mio amico Michael non appena scivolai nel sedile posteriore.” Credo che non sia  destino  per noi ascoltare il vero jazz di Kansas City  in questo viaggio”. All’inizio della serata avevamo stacciato la città in cerca di buon jazz, dopo aver sofferto attraverso alcuni infimi piano bar, avevamo  abbandonato l’impresa,  e  io stavo prendendo atto di una beffarda realtà: quella  notte, in una delle principali città del   jazz non era dato di ascoltare buona musica. Pensare  di far riferimento alla vecchia sala del sindacato musicisti. Come apparve evidente  si rivelò un fiasco.

Eravamo Kansas City per un convegno d'affari ma nelle ore libere volevamo tentare di cogliere qualcosa della vera essenza del posto e della sua valenza storica nel jazz. ( Ancora il meraviglioso museo del jazz non era stato edificato e nemmeno la straordinaria statua di Bird ere stata eretta).

Il nostro tassista, però ci salvò la serata  regalandoci un giro  in un area  compresa fra la 12° strada (quella del 12° Street Rag di Basie) e la 18° strada. Era il quartiere dove  al culmine  di quella era jazzistica  contraddistinta dalla corruzione, esistevano  un sostanzioso numero di localini jazz e blues.  Il nostro tassista sapeva dove  si trovavano molti dei vecchi club e sale da ballo, anche se immaginava   non rimanessero  molte tracce della loro presenza.

Giro l’angolo e si diresse presso un parcheggio vuoto fra la diciottesima  e Highland. “Proprio qui  doveva esserci  il Sunset Club”.  Erbacce folte coprivano i resti di vecchi muri. Muri  che una volta assorbivano il sound delle classiche jam session. Lester Young, Ben Webster, Herschel  Evans, Coleman Hawkins. Charlie Parker avevano suonato  qui, chorus dopo chorus,  in modo sublime fino al mattino. Durante i suoi anni d’oro Kansas City divenne famosa per alcune delle più leggendarie e lunghe jam session  della storia del jazz.

Continuò a guidare  sorpassammo la congiunzione fra la diciottesima e Vine, dove adesso non c’è nulla se non un segnale stradale e il ricordo di Big Joe Turner mentre cantava il suo Piney Brown blues.

Yes I dreamed last night I was standing at the corner of 18th and Vine,
I shook hands with Piney Brown and I could hardly keep for cryin

(Si la scorsa note ho sognato che stavo all’angolo fra la diciottesima e Vine,  stringevo le mani di Piney Brown e non avrei potuto trattenere le lacrime ndt)


Quindi tornammo indietro  oltre la  dodicesima strada notammo  uno spazio buio  e deserto dove una volta doveva  esserci  il  Reno Club. Qui ,secondo quanto riferisce la leggenda, Charlie Parker, non ancora musicalmente integrato, fu messo in ridicolo per i suoi incerti tentativi di  suonare il suo strumento  . Fu umiliato, costretto a lasciare il club e la città. Così disse al suo amico  Gene Ramey :”Non preoccuparti, tornerò, sistemerò io questa gente. Tutti ridono di me oggi, ma aspetta  vedrai” Dopo alcuni duri rovesci  Bird sistemò veramente quella gente, e tutta  quella gente in tutti gli strumenti del jazz rinnovò radicalmente la forma di quell’arte.

Così finì la nostra esplorazione di quegli storici luoghi. Ma il mattino dopo, siccome eravamo determinati  a trovare alcune tracce del nostro idolo musicale, decidemmo  di lasciare definitivamente  il convegno  d’affari per continuare ad esplorare la città in cerca di qualche testimonianza che in qualche modo rendesse omaggio a Bird.  Cercando sull'elenco telefonico  (in quel periodo internet non c’era – ve li ricordate gli elenchi telefonici?) scorsi i nominativi  alla ricerca della  Fondazione  per la Memoria di Charlie Parker. Chiamai ed appresi che era una scuola d’arte per i bambini provenienti  dal ghetto . La persona che mi rispose disse che saremmo stati i benvenuti per una visita di cortesia. Così decidemmo di attraversare la città e  dare un’occhiata. La passeggiata ci offrì l’opportunità di vedere meglio il vecchio quartiere di Bird.

L’immagine , quindi,mostrava l’improbabile scenario  di due trentenni  bianchi, freak ,appassionati di jazz che passeggiavano nel ghetto nero di Kansas City  in una assolata giornata d’estate,  avendo anche l’ardire di fischiettare o canticchiare assoli  di Charlie Parker,  assoli  diligentemente memorizzati attraverso anni di devoto ascolto. Ricordo che stavo cantando alcuni frammenti sparsi del  famoso testo   scritto da King Pleasure per lo straordinario blues di Bird “Parker’s Mood”


“Come with me,
If you want to go to Kansas City
I’m feeling low down and blue, my heart’s full of sorrow
Don’t hardly know what to do; where will I be tomorrow?
Goin’  to Kansas City. Want to go, too?”

(Vieni con me se vuoi andare a Kansas City. Mi sento giù  triste, il mio cuore è pieno di dolore. Non so proprio cosa fare, dove sarò domani?  Sto andando a Kansas City, vuoi venire, anche tu? Ndt)


 Passammo da Oliver Street, ma non riuscimmo ad individuare la casa d’infanzia di Bird fra le più sgangherate del quartiere. Dopo aver camminato per un po’ di miglia, trovammo la  strada per la Fondazione. Un edificio storico dalle sembianze austere. Entrammo  ci presentammo come  dei semplici fan di Bird   giunti  li solo per il nostro   amore ed il rispetto della grandezza dell’uomo e dell’artista.

Non eravamo preparati all’accoglienza che ricevemmo. Molti fra il personale delle facoltà ci dedicarono  del tempo nella mattinata chiacchierando  con noi per spiegare i programmi della Fondazione. Sembravano sinceramente interessati , onorati  dal fatto che noi avevamo fatto il possibile per andarli a visitare.

Lo slogan della fondazione era : “Fuori dalla strada, dentro ,l’arte” lo scopo della loro missione era quello di dotare la gioventù Afroamricana di un’istruzione musicale,  sia jazz che  classica, oltre che insegnare  recitazione, danza, ed altre forme di spettacolo. Il programma fu stabilito, alcuni anni prima  dal musicista di Kansas City Eddie Baker. Molti maestri del jazz, fra cui Clark Terry e Max Roach donarono parte del loro tempo per organizzare delle clinics ai  ragazzi del quartiere.

Fummo presentati ad Anne Brown, la presidente della Fondazione, che ci accolse con un caloroso benvenuto. Appesa  al muro del suo ufficio c’era una foto in bianco e nero scattata all’epoca della sepoltura di Bird risalente al ’55. Nella foto Max Roach ed altri grandi del jazz stavano di fronte alla tomba , Chiesi dove fosse quella tomba  così che potessimo  andare il a testimoniare il nostro rispetto.
“Non la troverete mai”, disse la presidente  Brown. La gente ha distrutto la pietra  tombale  per portare via dei souvenir del grande Bird. Li non   hanno lasciato più  nulla. (Da allora lessi che alcuni anni più tardi fu installata una nuova lapide, ma con il rimarcabile errore di recare inciso sulla pietra un sax tenore, non propriamente lo strumento principale suonato da Bird).

Dopo averci mostrato le classi e gli spazi per le performance, Jim, uno dei maestri di musica della Fondazione, ci   accompagnò   all’Arthur Bryant per il pranzo, senza dubbio uno dei migliori ristoranti di Kansas City. Poi, sulla strada del ritorno  ,ci mostrò l’unico   angolo  della città   allora dedicato  a Bird . In uno spazio popolare  c’era  una piazza  chiamata Piazza Charlie Parker. Nell’area esistevano  altre strade come Mary Lou Williams Way,  Bennie Moten Lane  ed Ella Fitzgerald Drive. Il nostro  nuovo amico aveva un punto di vista cinico su tutto ciò. “Sono disposto a scommettere che solo una o due persone che abitano qui avranno mai saputo chi fosse Charlie Parker, lasciato da solo ad ascoltare   la sua musica” disse con più di un certo disgusto. “Quella sta solo nei  dischi.

Jim ci condusse di nuovo alla Fondazione, dove prima di andare via volemmo salutare la Presidente  Brown. Ci sedemmo a chiacchierare con lei ancora per un po’,  dicendogli di come fossimo rimasti impressionati del lavoro che stavano facendo li, così come eravamo rimasti compiaciuti della gentilezza e del calore con cui fu accolta la nostra visita spontanea. Ci stupimmo molto quando ,  prese dal cassetto della sua scrivania due medaglioni di bronzo e ce li diede. Su un lato c’era impressa  una bella immagine di Parker intento a suonare il suo strumento, circondato dalle parole: “L’immortale Chiarlie “Bird” Parker”, sull’altro lato le date della sua breve vita (1920-1955), il nome della Fondazione, e l’encomio “Bird vive”.

Normalmente regaliamo queste medaglie ai  soci finanziatori -disse-.  Ma questo è un giorno veramente speciale, siamo rimasti veramente toccati dalla vostra visita”.

Meravigliati dalla sua generosità e consapevoli che di tutto ciò avremmo fatto tesoro per il resto delle nostre vite, la ringraziammo profondamente e chiesi: “Cosa vuol dire che oggi è un giorno veramente speciale?”

Sorrise sinceramente  e disse. “Non lo sapevate? Oggi è il 29 agosto, il compleanno del Charlie Parker".



Postscriptum
Passeranno decenni prima di un mio ritorno a Kansas City. In questo periodo,  fu edificato fra la 18° strada e il distretto di Vine  l’American Jazz Museum  dove una potente scultura di Bird troneggia nella piazza vicino al museo. Sotto l’enorme busto di bronzo sono scritte le parole “Bird vive”. Mia moglie nel 2011 mi ha immortalato  proprio li, vicino a Bird.


Nessun commento:

Posta un commento