Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 26 febbraio 2019

SSN e autonomia regionale


Mariano Mij, Potere al Popolo Imperia
Simonetta Astigiano, Potere al Popolo Genova

foto da Contrpiano.org



Sono tre le Regioni che, sulla base dell’articolo 116 della Costituzione, hanno chiesto più autonomia e la competenza esclusiva su alcune materie, tra cui la sanità, si tratta di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, le regioni “ricche” d’Italia. Le richieste vanno dalla possibilità di superare il tetto di spesa per il personale sanitario all’autonomia organizzativa e legislativa sui percorsi di specializzazione medica, dalla gestione dei ticket sanitari a quella delle politiche sui farmaci, dall’organizzazione dell’offerta ospedaliera e territoriale all’edilizia sanitaria, fino alle modalità di erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA). E’ evidente che l’accoglimento di tali proposte metterebbe la parola fine all’idea stessa di un Sistema Sanitario Nazionale (SSN) basato su quei principi di uniformità, e universalità delle cure, conquistati con anni di lotte e riconosciuti con la riforma del 23 dicembre 1978 (legge 883). Inoltre, il regionalismo differenziato e le maggiori autonomie richieste nell’ambito della tutela della salute, rischiano di legittimare normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini. Lo scenario futuro potrebbe essere quello di tre regioni che, partendo da standard sanitari di qualità, contando su una importante parte di servizi privati-convenzionati, e potendo investire di più in sanità, richiamerebbero pazienti da ogni parte del paese, in particolare dal sud, alimentando un mercato della salute che svuoterebbe sempre più i servizi delle altre regioni pesando sulle fasce più deboli della popolazione.

Così, dopo numerosi passi indietro attuati da governi di centrosinistra come di centrodestra (ricordiamo la legge 502/92 del governo Amato), ora il #governodelcambiamento promette di smantellare ciò che resta di quella riforma che, istituendo il SSN, permise di migliorare sensibilmente lo stato di salute della popolazione portando l’Italia tra i primi paesi al mondo per qualità di cure ed aspettativa di vita.

E’ singolare poi che nessuna delle Regioni del nord, che pure soffrono di gravissimi problemi di inquinamento, si preoccupi di chiedere, ad esempio, di poter operare in maniera più efficace per mettere in campo una seria prevenzione primaria e dei monitoraggi efficaci sullo stato di salute delle popolazioni, attività queste che dovrebbero sì essere territoriali e modulate in base alle esigenze locali.


Siamo quindi fermamente contrari all’accoglimento di richieste così pericolose che, oltre a minare ulteriormente l’uniformità di erogazione delle cure, che dovrebbe essere garantita dal Ministero della Salute (che peraltro finirebbe per diventare inutile), negano quei principi di solidarietà e di reciproco aiuto che dovrebbero essere alla base di uno stato che sia unito ed abbia veramente a cuore il benessere dei propri abitanti. Stupisce non poco che partiti nazionalisti come Lega e Fratelli d’Italia siano così inclini ad attuare politiche che minano il concetto stesso di nazione a favore di una frammentazione che rinchiuderà sempre più le persone in un regionalismo egoista ed insensato.

Noi abbiamo un’idea diversa, noi pensiamo che la salute sia un bene primario dell’uomo non assoggettabile alle esigenze del PIL, soprattutto se regionale; pensiamo che la difesa della salute debba essere al centro di tutte le decisioni politiche di uno stato unito e solidale, capace di garantire i diritti fondamentali a tutti i propri abitanti, indipendentemente dalla loro collocazione geografica.
Se, come pensiamo, di una riforma sanitaria abbiamo bisogno, questa deve essere tesa a recuperare lo spirito della riforma del ’78, a separare nettamente la sanità privata da quella pubblica, a garantire l’uniformità dell’assistenza su tutto il territorio nazionale. Per questo serve uno stato che sulla sanità mantenga il potere e la capacità di controllo e verifica, lasciando alle Regioni il solo compito di valutare i bisogni di salute dei propri abitanti per organizzare al meglio i servizi sul proprio territorio

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