Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 30 luglio 2019

Che si suona?......Si suona "So What"

Luciano Granieri




Come è iniziato il 2019? E’ iniziato suonando “So What”. 

Mia moglie ed io  avevamo  deciso di festeggiare l’inizio del nuovo anno insieme agli amici, anzi, ai  “compagni”della Casa del Popolo di Anagni. Guarda caso li c’era una batteria, guarda caso avevo portato le bacchette , guarda caso fra i convitati  c’erano innamorati del jazz  : musicisti professionisti  e dilettanti come il sottoscritto,  guarda caso ognuno con il proprio strumento al seguito: Una chitarra, un basso elettrico, un sax tenore e la batteria che, per quella notte,  ha subito le mie sevizie. 

Che suoniamo? Il riff di basso di So What è scappato  quasi automatico al nostro amico bassista per cui tutti, raccogliendo il suo invito, ci siamo avventurati  sulle eccitanti  strade  improvvisative davisiane. 

Alcune volte il caso ti propone strane coincidenze. Infatti  So What  è il brano di apertura di “Kind of Blue”. Il   disco di Miles Davis  considerato  da molti la migliore incisione di tutto il panorama jazzistico,  e proprio nel 2019  l’album compie sessant’anni dalla sua pubblicazione avvenuta il 17 agosto 1959. Kind of Blue  è un’opera  basilare per la musica afroamericana , e non,  ha influenzato musicisti famosi in tutto il mondo, ha esaltato i cultori,  ha addirittura avvicinato e  appassionato al jazz, persone che non conoscevano questo tipo di espressione.  E a  sessant’anni da Kind of Blue, come non si poteva iniziare il 2019 suonando  So What?  

Stranamente   un album considerato una pietra miliare per la musica jazz è scaturito in modo semplice , molto poco costruito. Il 2 marzo 1959 Miles Davis  con  i fidi ,  Julian Cannonball Adderley  al sax alto, Paul Chambers al contrabbasso, Jimmy Cobb alla batteria,  un redivivo e pimpante John Coltrane al sax tenore,  i pianisti, Wynton Kelly   e Bill Evans, tornato con Davis dopo aver condotto  per breve tempo un proprio  trio, entrano in studio per la registrazione . 

Nelle note di copertina delle a prima edizione proprio Bill Evans descrive il clima: “Miles ha concepito la struttura di questa musica solo poche ore prima che venisse registrata , arrivando in studio con dei semplici schemi  per indicare al gruppo quel che andava eseguito. Quello che dunque il fruitore ascolterà in questi brani è qualcosa di assai vicino alla spontaneità . Nessuno dei brani era mai stato eseguito dal gruppo prima della registrazione”, inoltre, a detta di Evans:“tutti i brani vennero incisi in presa diretta senza ripetizioni”.  

In realtà proprio vero non era. Da dieci mesi il progetto Kind of Blue frullava nella testa di Miles Davis.   Fu l’espressione di un senso estetico che andava recuperando le radici del jazz arcaico , ma soprattutto andava maturando la convinzione di comporre strutture  snelle, con  pochi accordi, poche scale,  concezione la cui sperimentazione era già iniziata nel  1958 in alcune altre  incisioni  come  Milestones” . 

So What si basa solo su due scale, una formula    che consente ai solisti di essere più liberi di improvvisare.  Questo allora era il pensiero di Miles  in proposito: “Io penso che ci sia una tendenza  emergente nella musica jazz, per cui ci si va distaccando dalla convenzionale successione di accordi e si ritorna a porre l’accento sulle variazioni melodiche. Si avranno meno accordi, ma infinite possibilità di intervento su di essi”  Una manna per chi come John Coltrane  stava sperimentando  l’improvvisazione modale.  

Il disco di apre con  So What  come detto,  è una struttura  “call and response” (chiamata e risposta) tipica dei work songs , a conferma delle rinnovate attenzione verso il jazz arcaico,il contrabbasso chiama e i fiati rispondono,  segue Freddie Freeloader, l’unico brano in cui al piano c’è  Wynton  Kelly, un blues accattivante  a tempo medio,  poi si ascolta  Blue in Green , un pezzo  dalla struttura atipica in dieci battute il cui protagonista indiscusso è Bill Evans,  quindi All Blues, altro blues che originariamente doveva essere in 4/4 ma il giorno stesso della registrazione Miles ne  cambiò la  conformazione  ritmica . Così confidò al critico musicale Ralph Gleason: “L’avevo scritto in 4/4 ma quando fummo in studio mi colpì l’idea che doveva esser in 3/4. Non mi era mai venuta in mente quella soluzione ma si rivelò perfetta”. Chiude Flamenco  Sketches , una ballata minimalista dove gli sforzi di Miles, tesi a dissolvere la struttura armonica, si realizzano appieno. Prima di iniziare l’esecuzione  vengono stabiliti, cinque modi, cinque scale sulle quali i musicisti improvvisano senza aver stabilito alcun tema. 


Curiose  sono le modalità con cui vengono decisi i titoli dei brani.  Miles Davis  non si è mai appassionato alla ricerca del titolo giusto, questo doveva servire esclusivamente per distinguere un pezzo dall’altro. Quando ci si interrogò su come dovesse essere chiamato il brano d’apertura, Miles disse che non gli interessava nulla  del titolo, “chi se ne importa” affermò scocciato, dunque il brano si chiamò “So What” una frase idiomatica che vuol dire per l’appunto: “chi se ne importa”. Lo stesso Freddie  Freeloader non era altro che il soprannome di un ex barista di Filadelfia, un vagabondo che bazzicava i locali jazz rendendosi  servizievole verso i musicisti . 

Tutti i brani sono a firma di Miles Davis……Tutti? Blue in Green  in realtà, anche se nelle note di copertina è attribuito a Miles, è di Bill Evans. Ma forse non è neanche così. Specifichiamo meglio, ce lo spiga lo  stesso Bill Evans: “In effetti si tratta di un mio brano, anche se Miles è accreditato come co-autore, per ragioni che solo lui conosce. Un giorno a casa sua Miles tracciò su un foglio di carta i segni per indicare Sol minore e La aumentata e mi domandò “che ne faresti?” proprio non sapevo che farne ma quando tornai a casa scrissi “Blue in green”. 

Come abbiamo visto Kind of Blue è un album particolare non solo per la struttura musicale, ma anche per gli aneddoti per le condizioni straordinarie ed irripetibili in cui si sono venuti a trovare i musicisti, i quali non ebbero subito la percezione di aver inciso un capolavoro.  Jimmy Cobb, non appena concluse  le registrazioni,  così si espresse: “ Quando fu finito e riascoltammo ciò che avevamo fatto, esaminammo le varie cose……In studio ci era sembrata una buona musica….e su disco era venuta bene veramente…..Diavolo! mi dissi, proprio un bel suono”.  

Non si era reso minimamente conto di aver preso parte all’incisione del disco di jazz forse  più importante della storia della musica afroamericana.  Noi invece che nella notte di capodanno 2019 abbiamo suonato So What lo sapevamo benissimo perché per tutti noi, musicisti, dilettanti musicisti, appassionati, dopo Kind of Blue nulla sarebbe stato come prima.


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