Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 5 ottobre 2019

Riconversione ecologica, un'utopia necessaria

Luciano Granieri




Il successo ottenuto da Fridays for Future, il modo con cui ha posto all’attenzione  della collettività l’emergenza ambientale è indubbiamente positivo, anche per il richiamo all’urgenza sulla risoluzione di un problema che le oligarchie finanziarie e politiche hanno sempre trascurato e snobbato. Le une perché lesivo delle prerogative speculative del capitale, le altre perché poco spendibile, almeno fin ad oggi, nell’acquisizione del consenso. 

Uno dei meriti di tutti i movimenti ambientalisti sfociati nelle rivendicazioni dei giovani di Fridays for Future è proprio quello di aver imposto  nelle   tematiche di acquisizione del consenso la difesa dell’ambiente. Non è un caso che i movimenti  verdi, in tutti i Paesi europei, ad eccezione dell’Italia, hanno conseguito significativi successi elettorali, e la lotta alla devastazione ambientale è entrata con maggior vigore nei programmi di partiti e governi, compreso il nostro.  

Tutto ciò non può che suscitare soddisfazione, ma una politica contro i cambiamenti climatici così come i vari green deal promessi dai governi europei è veramente realizzabile?  Cominciamo col dire che la golden rule, in base alla quale svincolare dal patto di stabilità investimenti per la  difesa dell’ambiente, è un provvedimento soltanto enunciato. Infatti nello scorso vertice informale dell’Ecofin si è stabilito che ogni stanziamento  orientato alla salvaguardia ambientale deve essere compreso nel  fondo per gli investimenti strategici già a stanziati a suo tempo.  Per l’Italia è di 10,6 miliardi. Se  si vuole, i soldi si prendano li, ovviamente definanziando altri progetti ricadenti nello stesso fondo. Nessun sforamento del patto di stabilità quindi, tanto più che nei 29 miliardi stanziati nel Def, nonostante le roboanti dichiarazioni, nulla c’è per il green deal . 

Ma l’indicazione più significativa su quanto e come si possa  realizzare una rivoluzione verde ci viene dal “Sole 24 ore” . Il  giornale di Confindustria  in un articolo del 21 settembre scorso ribadiva che: “ una violenta decarbonizzazione dei portafogli mondiali rischia di destabilizzare il sistema finanziario internazionale. Quindi sì agli investimenti green, ma con regole chiare su cosa significhi essere “verde” e senza creare scossoni troppo forti nell’abbandono degli asset legati ai combustibili fossili” In poche parole: cari governanti baloccatevi pure col “verde” basta che non intacchiate  i profitti delle multinazionali e rimaniate compressi sotto il giogo del debito. Fine dei giochi. 

Nella pratica  - fino a quando un solo kilowatt prodotto con i combustibili fossili costerà anche mezzo centesimo in meno dello stesso kilowatt prodotto con le energie rinnovabili, fino a quando lo smaltimento attraverso discarica ed incenerimento  di un chilo di rifiuti costerà anche solo mezzo centesimo in meno di uno smaltimento  ottenuto con procedure di riciclo e riuso, fino a quando un’azienda dall’attività impattante riterrà l’uso di impianti di depurazione un costo a detrimento del profitto - nessuna rivoluzione verde potrà mai partire. 

Ma  nella situazione in cui siamo, e la mobilitazione di Fridays For Future, ce lo ha ricordato, non possiamo aspettare oltre. La decarbonizzazione  delle fonti di energia va attuata subito con conseguente ed inevitabile decarbonizzazione dei portafogli mondiali .   Chi  se ne frega di destabilizzare il sistema finanziario internazionale se bisogna salvaguardare la salute nostra e del pianeta. Perché in fin dei conti questi famigerati portafogli appartengono solo a pochi individui i quali stanno accumulando enormi  profitti  operando in quelle 100 grandi aziende (compagnie petrolifere, energetiche, estrattive di carbone e gas) che da sole sono responsabili del 70% delle emissioni globali. 

Quindi ciò che bisogna fare è una rivoluzione vera. E’ cioè necessario trasformare tutti i settori economici esistenti  e crearne di nuovi. Bisogna smantellare gli impianti di estrazione dei combustibili fossili, chiudere le discariche, spegnere gli inceneritori, modificare i prodotti tecnologici eliminando l’obsolescenza programmata, ripensare gli imballaggi e il packaging verso soluzioni completamente riciclabili. 

Un’operazione distruttiva certamente ma che apre alla nuova strada. La via che prevede l’implementazione e l’efficientamento delle fonti energetiche rinnovabili , l’incremento della produttività e dell’affidabilità delle centrali eoliche e solari attraverso modelli informatici avanzati. Occorre  realizzare  reti informatiche di coordinamento e ottimizzazione  della  filiera di smaltimento dei rifiuti, fra raccolta differenziata, trattamento a freddo e riuso. 

Tutto ciò bisogna farlo ora e non aspettare   i comodi dei detentori dei portafogli finanziari. Ma per iniziare questa rivoluzione è fondamentale  togliere dalle mani dei privati tutta la materia. E’ un processo  che non deve prevedere profitti, ma gli investimenti devono essere finalizzati esclusivamente alla piena funzionalità del sistema. Non un solo Kilowatt di energia rinnovabile, non un solo chilo di immondizia riciclata, deve creare guadagni privati , ma deve assicurare ai cittadini un mondo ed una vita più sana. 

Servono tanti soldi è vero, (la Cina ad esempio nel piano quinquennale 2010-2015 per l’energie rinnovabili ha stanziato 1.500 miliardi di dollari il 5% del Pil). Non siamo la Cina ma ipotizzando investimenti pari al 5-6% del  nostro Pil le risorse potrebbero essere significative. La domanda è sempre la stessa:  dove trovare tutta questi  soldi? 

Ad esempio con  l’istituzione di banche pubbliche per gli investimenti. Attraverso la quale raccogliere finanziamenti a tasso zero e a lungo termine. Non c’è nulla di strano già la Bce acquista titoli pubblici a lungo termine a tassi negativi, quindi  non si vede perché sia così peregrina l’idea di acquistare titoli verdi a tasso zero. Certo una tale massa di denaro "aggratis" andrebbe a finanziare progetti  importanti di riconversione ecologica   anziché alimentare la speculazione finanziaria delle banche private, ma è un aspetto del tutto secondario, anzi è cosa buona e giusta . 

In più una robusta tassazione delle rendite finanziarie, dei grandi patrimoni immobiliari, un’armonizzazione del sistema contributivo  uguale per tutta Europa con l’eliminazione dei paradisi fiscali, potrebbe aiutare. 

Al di la dell’aspetto finanziario sarebbe auspicabile che anche i cittadini, attraverso comitati civici, con la collaborazione del mondo scientifico, partecipassero fattivamente alle decisioni in materia di riconversione ecologica, in modo da essere coprotagonisti dei provvedimenti che interessano direttamente il proprio benessere.

 E’ utopia? Forse, ma come ci ricorda tutto il mondo scientifico e i giovani di  Fridays for Future  è un’utopia necessaria alla nostra sopravvivenza e a quella del pianeta.

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