Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 23 marzo 2020

Conte chiude ma non chiude

Francesco Ricci

                                                   Nessuna fiducia nel governo!

Dopo aver negato per settimana la chiusura delle fabbriche, sprecando un tempo prezioso che è costato migliaia di vittime, dopo l'accordo "L'Italia non si ferma", scandalosamente sostenuto dalle burocrazie sindacali in nome della "concordia generale", ieri notte, il governo Conte ha annunciato la chiusura "totale".

Gli operai avevano già indicato da giorni, con scioperi che hanno scavalcato le burocrazie, quale era la via da prendere, l'unica realmente efficace per impedire il diffondersi del contagio: fermare le fabbriche e il trasporto delle merci non di prima necessità. Il contagio ha continuato infatti a diffondersi perché le fabbriche rimanevano aperte per ingrassare qualche decina di industriali miliardari. 

Non è un caso se le regioni dove il virus si sta diffondendo più rapidamente sono quelle con la maggior presenza di industrie.

La borghesia e il suo governo, con la complicità criminale di Landini e degli altri dirigenti dei grandi sindacati, ha fatto orecchie da mercante fino a ieri. Adesso, sotto la pressione degli scioperi, per paura che la protesta dilaghi (Landini: "dobbiamo impedire che la paura si trasformi in rabbia"), comprendendo in parte che la mancata chiusura rischia di compromettere maggiormente gli stessi profitti padronali, il "comitato d'affari della borghesia", cioè il governo Conte, ha tardivamente deciso per la chiusura, come gli operai invocavano da tempo.

Ma la borghesia e i suoi politici non sono in grado di vedere oltre il proprio naso e per questo la chiusura, presentata come "totale", lascia ancora aperte produzioni non indispensabili e, con espressioni ambigue, riserva un alto grado di discrezionalità ai padroni. 

La lista delle attività esentate dalla chiusura è molto ampia. Non solo: come previsto dal protocollo coi sindacati, dove si chiude lo si fa utilizzando ferie e permessi dei lavoratori o si scaricano i mancati guadagni padronali sulle casse pubbliche, usando la cassa integrazione (che in molti casi preannuncia i licenziamenti).

E' necessario allora che i lavoratori continuino a tenere la barra: valutando in ogni fabbrica se, a prescindere dalle indicazioni del governo, si tratta realmente di una produzione vitale per la sopravvivenza e scioperando in tutte le fabbriche di merci che non sono di prima necessità.

Le vicende di questi giorni chiariscono una volta di più la irrazionalità del sistema capitalistico, fondato sulla divisione in classi e la schiavitù salariale, basato sulla criminalità della classe borghese e delle sue istituzioni, sulla complicità delle burocrazie sindacali. La tragedia del coronavirus è una grande scuola di massa in cui milioni di proletari apprendono rapidamente cosa è il capitalismo.

E' un sistema barbaro che va rovesciato da cima a fondo e sostituito con un sistema opposto, che abolisca le classi e il lavoro salariato, serve un sistema che produca per le reali esigenze delle masse e non per i profitti di un pugno di miliardari. 

Serve il socialismo! Questo è l'orizzonte per cui lottare. Ma per poter continuare la lotta bisogna per prima cosa ora salvare le vite dei proletari, quelle vite che per la borghesia valgono meno dei suoi profitti.

Per questo è necessario che gli operai, che per primi hanno indicato la via, non si fermino davanti alle mezze misure di Conte, non ripongano nessuna fiducia nel governo e nei burocrati sindacali. Per questo è necessario che siano gli operai a chiudere tutte le produzioni non essenziali che Conte non vuole chiudere.

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