A cura di Luciano Granieri
Chi è stato veramente Charlie “Bird” Parker? L’inventore del Be Bop? Un grande musicista? Colui che ha salvato il jazz da una morte sicura? Uno drogato? Uno psicopatico? Come al solito quando appare sulla scena un movimento rivoluzionario musicale, che diventa cultuale e sociale, il suo principale interprete si identifica in un personaggio destabilizzante, in particolare se è aduso agli eccessi ed è un nero, come Charlie Parker. La sua figura diventerà mitica , non solo, purtroppo, per le capacità artistiche. Non credo ci possano essere dubbi sulla svolta che il Be Bop impresse al jazz e alla cultura afroamericana in generale. Ma come sempre accade, quando ci si allontana così tanto dalla linea mainstream moral-borghese, si ha tutti contro. Come accadde quando il Be Bop di Gillespie, Parker, Monk e Parker, solo per citarne alcuni, provò uscire dai sotterranei del Minton’s. Le principali riviste specializzate dell’epoca parlarono, di impostori pieni di se, la cui espressione autoreferenziale, che non era musicale, ma confusionaria, serviva solo ad alimentare la propria prosopopea e il proprio vuoto elitarismo. Il seguito della storia, poi, dirà tutt’altro e, finalmente, verrà riconosciuto a Bird e gli altri, il merito di aver iniziato una pagina nuova nella storia del jazz e di tutta la musica. E’ indubbio, però, che nel raccontare Chiarlie Parker, detto Bird, si tenda a sottolineare i suoi eccessi, la sua tossicodipendenza. Storie che non possono evitare di riportare quegli eccessi realmente condizionanti, artefici della sua autodistruzione, ma che attraendo la vulgata "popular", vendono meglio di una compiuta descrizione della sua grande tecnica e innovazione musicale. Storie che, da una lato, portano alla fallace conclusione per cui sia la droga a farti suonare meglio, dall’altro, a seppellire la straordinaria valenza artistica sotto l’estemporaneità della follia derivante dalla tossicodipendenza. La leggendaria, quanto drammatica, registrazione di "Loverman" da parte di Parker a Los Angeles, dove, dopo la sua notevole esibizione, crollò stroncato da droga ed alcool, e quindi fu ricoverato all’ospedale statale Camarillo, è stata spesso oggetto di racconti e leggende. Ma fu lo stesso Parker a smentire, in seguito, che quel “Loverman” fosse così efficace perché suonato sotto l’effetto di stupefacenti. Anzi ribadì che se fosse stato lucido avrebbe suonato molto meglio. A quella seduta di registrazione era presente il giornalista e scrittore Elliot Grennard, il quale, da quell’evento umanamente drammatico, ne trasse un racconto breve pubblicato su Harper’s Magazine. Ho trovato quel racconto sulla pagina Fb Bop Review. Non riuscendo a reperire versioni in italiano, ho provato a tradurlo. Lo propongo a chi vorrà leggerlo. Al di là dell’immagine che l’autore fa emergere di Sparrow - il protagonista del racconto, chiaro riferimento a Charlie Parker, fra mito, leggenda, tossicodipendenza, per la quale non mi sento di esprimere un giudizio, che lascio ai lettori - la storia di Grennard descrive efficacemente le condizioni, politiche sociali, culturali ed economiche, in cui il Be Bop provò a nascere. Per cui mi è sembrata una buona idea tradurlo e diffonderlo.
Un’avvertenza però: Elliot Grennard era bianco, e dunque il suo racconto va letto, secondo me, tenendo conto di come un bianco americano, anche se liberal e attento ai diritti civili, possa scrivere dei neri.
Luciano Granieri.
Quello che segue è il famoso racconto breve di Elliot Grennard che era presente alla sfortunata sessione di registrazione di Loverman del 29 luglio 1946, nel corso della quale, Chiarlie Parker fu ricoverato all’ospedale statale Camarillo. Tale storia si rifà direttamente a quella sessione. Quando fu pubblicata su Haper’s Magazine, nell’edizione del maggio 1947, vinse un premio per racconti brevi (non chidete che tipo di premio) Ross Russell, della "Dial records" pubblicò Loverman e le altre registrazioni di questa sessione per sfruttare il successo di “Sparrow”. Charlie Parker, che non suonò mai più Loverman in pubblico negli Stati Uniti (tranne una volta con la big band di Gillespie, non lo ha mai perdonato per questo.
Be Bop Review
HARPER’S MAGAZINE
SPARROW’S LAST JUMP (1)
Una storia di
di Elliott Grennard
traduzione di Luciano Granieri
Dopo aver assistito al balletto “Specter of The Rose” i nostri discorsi si concentrarono su Nijinsky (2). Qualcuno disse “Immagina se avessero avuto una telecamera in funzione, nel momento in cui perse completamente la ragione. ” Dissi di aver registrato un disco di Sparrow Jones la notte in cui andò fuori di testa. Mi chiesero quel disco. Non capivano la differenza fra un musicista jazz e Nijinsky. Avrebbero desiderato possedere quel vinile come una rarità da collezione, questo mi stavano chiedendo. Sapete spiegarmi perchè.? Nell’ultima edizione di “jazz year book” le splendide gesta del grande Sparrow erano descritte chiaramente. E’ normale quindi che quell’ultima incisione fosse molto desiderata. Probabilmente avrei potuto venderne 20.000 copie in un mese, 50.000, una volta sparsa la voce nel mondo. Ma non credo che tale operazione potesse procurarmi un grande affare . L’Hot jazz non si vende come vendono Freddy Martin o Sammy Kaye. Se riesci a piazzare 10.000 copie è già un gran colpo. Anche a me è passato per la testa di vendere il disco e devolvere i proventi per il pagamento del sanatorio di Sparrow. Ma quando una dramma del genere accade proprio sotto i tuoi occhi, non vuoi che quell’immagine si ripresenti ogni volta che ascolti quella registrazione.
CON IL BE BOP NON SI FANNO AFFARI.
Ero appena tornato da New York quella mattina, e avviandomi verso casa, pensai di fermarmi al negozio di dischi di Jackson per vedere come stavano andando i prodotti della mia piccola casa discografica. Pubblico solo tre dischi ogni due mesi. E quando sei ancora acerbo, in questo genere di affari, è intelligente andare a visitare personalmente i tuoi clienti . Questo avrei dovuto fare per sei settimane. Passare dai rivenditori di dischi fra Los Angeles e New York e venerarli con entusiasmo .
Jackson è il mio miglior cliente a Hollywood. Non può sostenere, e non lo potrebbe fare , anche volendolo, il mio catalogo. Ha il franchsing di Victor, Columbia, e Decca, quindi , spinge per vendere dischi di queste case. Non disdegna comunque le etichette indipendenti, Non un grande affare, ma neanche cattivo, se si calcola che esistono 81 piccole case discografiche sul mercato e la maggior parte di esse pubblica solo jazz hot.
Lo salutai
“Salve Jackson dai un occhiata veloce alle pareti per vedere se ci sono attaccati gli stickers dei mie dischi”.
“Stai scherzando Mc Neil?” disse.
Quindi mi chiese cosa avessi sentito in giro. Gli ho riportato la grande notizia della rivoluzione Bo Bop nell’est.
“Stavo pensando di occuparmi di Sparrow Jones, e registrare un po’ di questo Be Bop”.
Jackson mostrò i suoi denti in un ghigno.
“Mi stai prendendo in giro? Nella sala di ascolto c’è un cliente che sta facendo girare il tuo album Basin Street e che ti caccerà dalla città se gli dico che stai facendo il filo al Be Bop”.
Jackson stava chiaramente scherzando, ma non troppo
“I collezionisti del New Orleans sono assassini. Giurano che il jazz è morto nel 1924, oggi per spingere la culla del jazz il beat in 2/4 è desueto, serve il beat 4/4. E’ estremamente commerciale(3)”. Disse.
Benny Goodman? Un clarinettista da camera da letto, che non sarebbe neanche in grado di lustrare le scarpe di Jimmy Noone. Io non discuto. Ho pubblicato i miei dischi per il Southside di New Orleans e per gli Hep, in questo modo nessuno si arrabbia con nessuno. Mi sto interessando a questo personaggio, Sparrow, non solo perché lo ritengo un buon affare. La verità è che a me piace ogni tipo di jazz – Louis, Duke, Goodman- anche quando non è quello che preferisco, o non lo capisco – come il Be Bop- Rispetto ciò che questi giovani stanno sperimentando.
Che diavolo!
Quanti ragazzi hanno collezionato Duke prima della metà degli anni trenta? Quando apro la porta della sala di ascolto del negozio di dischi sento una tromba frenetica - che potrebbe solo essere quella di Dizzy Gillespie - all’inizio mi chiedo se sto sentendo della musica o cos’altro, poi capisco che non c’è nessuno in grado di suonare un disco di Gillespie.
HUGHIE HADLIFFE
E’ un grande Hughie Hadliffe. Hughie è una delle persone che preferisco, non lo vedevo da quando sono tornato dall’est sei settimane fa. Ho gridato “Hughie!” e gli ho dato una pacca sulla spalla.
Hughie ti saluta sempre con una solida stretta di mano, perché è solidamente serio. Dietro ai suoi occhiali sembra un medico internista, è ciò che avrebbe voluto diventare se non avesse capito, dopo tre anni di college, che essere un medico nero è un’impresa piuttosto difficile. Quindi, invece che rompersi la schiena, Hughie si è dedicò alla tromba, strumento che aveva suonato sin dai tempi della scuola.
Ma nonostante tutto..... sembrava un medico. Niente baffetti da capretta, e neanche occhiali scuri(4), ciò rendeva inverosimile il fatto che si fosse dato al Be Bop e che avesse rifiutato una buona scrittura da Count Basie per una serie di registrazioni mensili. Questo era il guaio del Be Bop. Una volta che si iniziano a sentire quegli accordi avvitati nelle orecchie e ad apprezzare quei momenti speciali hai trovato la tua strada, non puoi suonare in nessun altro modo. La vecchia via è troppo monotona.
“Come sta il mio ragazzo?” Gli domandai.
Hughie scosse la testa
“Non se la passa bene.”
“Eh?” bofonchiai sorpreso
Poi realizzai che credeva gli stessi chiedendo di Sparrow. I musicisti di jazz hanno una mente rivolta solo alla musica. Mangiano bevono e dormono per la musica. Se scoprono un artista che propone qualcosa di nuovo, lo venerano come un Dio. Così erano Hughie e Sparrow. Una sera Hughie aveva ascoltato Sparrow, e quando questi gli chiese se gli sarebbe piaciuto suonare con lui, Hughie mollò tutto quanto. Sparrow era il suo idolo ed il modo in cui lo guardava faceva capire che per lui ci poteva essere solo un musicista.
“Non gli piace il club?” Chiesi
“A lui piace molto... credo”,
ho capito che non aveva voglia di parlarne . Ma insistei.
“Qual’è il problema?”
Hughie scrollò le spalle, non per indifferenza, ma come se non sapesse cosa dire.
I musicisti jazz sono molto reticenti se gli chiedi della musica. Non trovano la parole per descrivere esattamente cosa sentono, non mostrano entusiasmo. Se a loro non piace qualcosa e gli chiedi come possono girarne a largo , dicono : “beh lo sai” Se a loro piace qualcosa sorridono e dicono; “ E’ tutto a posto”. Quando perdono la testa per qualcuno esclamano: “ehi man suona bene”.
Quindi quella reticenza di Hughie , mi fece sospettare che l’affare da fare con Sparrow era qualcosa di grosso. Ciò cambiò i miei piani.
“Vorrei che tu Sparrow e la band incidesse per me”. Dissi.
Hughie raddrizzò la testa
“Caspita sarebbe fantastico Harry, non scherziamo….. grande…….perché non lo facciamo? Abbiamo dei bei pezzi, veramente belli”.
Riflettei
“che è successo?”.
Non è l’Hughie depresso di prima. Da, che deriva tutto questo improvviso entusiasmo?
“Calma” esclamai “mi hai appena fatto un quadro diverso”
Hughie abbassò le spalle. Immaginai che la sua gioia fosse spontanea ma inadeguata.
“Sparrow è malato”, disse con calma “Non so fino a quando potrà reggersi in piedi. Quindi ho pensato che sarebbe stato bello potesse registrare dei dischi finché fosse stato in grado d farlo”.
E’ come se avessi preso una pugnalate nel vedere Hughie in quello stato, ma non volevo mollare.
“Non preoccuparti” dissi, “passerò al club una di queste sere, concorderemo le date con Sparrow”.
Hughie prese un’aria solenne
“ Se hai intenzione di registrare con Sparrow, è meglio che lo fai presto”. Allora capii che stava veramente male .
Jackson spuntò da dietro il bancone proprio mentre stavo passando facendomi sobbalzare .
“Ho dimenticato di parlarti di Sparrow” disse “Il fisico non lo regge più , sembra che stia veramente perdendo la testa”
Probabilmente ho capito male
“ L’ho sentito suonare bene”
”Quando riesce a tenere in mano il suo strumento” aggiunse Jackson
“Ha un tic che lo fa sembrare come una holy roller (5) pietrificata” Cominciai ad avere dei dubbi. Forse, la mia scelta rischiava di essere azzardata.
Non riuscivo a togliermi Sparrow dalla testa, aveva ottenuto la sua scrittura circa quattro settimane fa e questo avrebbe dovuto farlo sentire bene. Era in cassa integrazione da quasi otto mesi, ed è un tempo lungo per un ragazzo che ha lavorato costantemente da quando aveva quattordici anni. Decisi di andarlo a trovare quella sera stessa.
Il locale era un osteria fra il centro e la trentottesima. Non il meglio per un ragazzo abituato ai posti migliori della città, ma il Be Bop era troppo nuovo per avere seguaci, e nessun gestore di locali notturni dalle grandi aspirazioni a Los Angeles era disposto a correre il rischio di scritturare una band Be Bop. Soprattutto se si trattava di night club per bianchi. Conoscevo questi locali, non aprivano mai prima dell’una. Quindi arrivai li poco dopo le due. Presi un tavolo vicino al palco. La band era impegnata nel sound check . I ragazzi stavano provando mentre stappavo la mia bottiglia. Iniziai ad ambientarmi. Quando Sparrow prese posto sulla sua sedia e si voltò verso di me, quasi svenni. Non era lo stesso Sparrow che avevo conosciuti. Era difficile credere che quell’uomo di mezza età avesse solo ventidue anni. La sua pelle scura era sempre stata tesa e lucida. Ora ripendeva sulle sue ossa come un mastice nero. I suoi occhi erano rotondi, grandi, ma vuoti. L’espressione del suo viso era quanto di più triste avessi mai potuto vedere. Dava l’impressione di voler piangere dentro solo che non ne poteva più di piangere ancora. Mi ricordo quando il suo fisico compatto era una macchina di precisione. Mentre si preparava a suonare i suoi occhi puntavano dritti verso il basso e il suo corpo era come una molla pronta a scattare. Poi sparì. Nessuno, fra colore che lo aveva ascoltato in quei tre anni con gli Hot Five di Joe Pepper, avrebbe potuto immaginare fin dove Sparrow sarebbe potuto arrivare. Crebbe così in fretta e andò così lontano che l’ultimo anno in cui rimase con loro, Joe e gli altri non riuscivano a tenere il suo passo. Quando iniziarono a chiamarlo “Sparrow” suonava in modo incredibilmente frenetico. Sparrow non avrebbe mai potuto integrarsi con una big band , la sua tonalità era troppo personale, la sua intonazione troppo piena e sofisticata per connettersi con gli altri sassofoni. Questa era la ragione per cui la band di Joe Pepper era il meglio per lui. Suonavano blues e Sparrow li trascinava con se. Poi la band decise di mettere in repertorio pezzi da ballo a tempo medio e Sparrow cominciò a....... sballare. Iniziarono i guai fra lui e Joe. Joe voleva prendere un ritmo delicato e rilassato, ma Sparrow rimaneva fisso nella sua frenesia incontenibile . Spingeva il ritmo più forte....... e ancora più forte, lo trascinava avanti . Non è che il beat fosse diventato più veloce, semplicemente non era rilassato. Sparrow cominciò a suonare note che mettevano Joe a disagio. Quando lasciò la band, scoprì di non avere alcun posto dove andare. Suonava in un altro mondo. Solo dopo che Hughie si unì a lui ed ingaggiarono Jimmy Brash al piano, Joe Miggs alla batteria e Fat Stuff al contrabbasso Sparrow trovò una nuova dimensione in cui esprimersi. Si librava in alto fino a quando Hughie non lo raggiungeva quindi iniziavano a suonare insieme. Gli altri tre si aggrappavano a loro senza problemi.
Questo è lo scenario in cui avevo immaginato di registrare. Ma guardando Sparrow seduto li non credevo ci fosse alcuna possibilità. Cercavo di evitare di guardarlo, ma non potevo distogliere lo sguardo da lui. Si contorceva e sussultava come una macchina impazzita. Era la peggiore immagine che avessi mai potuto vedere. All’inizio il suo corpo scattava a destra, poi a sinistra e poi ancora, forse per quattro volte, a destra. Intanto le sue gambe scalciavano come angeli cocainomani e una spalla sobbalzava. Alcune volte si muoveva solo una parte del suo corpo, altre volte due o tre nello stesso tempo. Ma non si poteva prevedere nulla di tutto ciò. Non aveva nessuna preordinazione, nessun ritmo. E per tutto il tempo la sua faccia mostrava di non sapere cosa il suo corpo stesse facendo. Sembrava solo triste.
La band era a nome di Sparrow ma in realtà era Hughie ad occuparsi di tutto. Stabiliva i brani da suonare, chi, e quando, avrebbe dovuto prendere un assolo. I ragazzi erano pronti. Cercavo di capire quale fosse il loro atteggiamento nei riguardi di Sparrow, si comportavano come se lui non ci fosse. Eccetto quando vedevo le loro espressioni cambiare nel momento in cui posavano gli occhi su di lui. Sapevo che pensavano molto a lui, al suo stato. Era un cosa talmente grande che non esistevano parole o espressioni per descriverla. Hughie battè il tempo
“Okay , muoviti bopper” .
Sparrow smise di contorcersi, la testa si scosse verso destra per una ventina di volte, al tempo della musica. Improvvisamente smise di agitarsi, il corpo si irrigidì, le sue gambe si mossero come se stessero danzando in un incubo. Quando Sparrow venne fuori da quella inquietante danza scattò facendo volare via la sua sedia , mentre il sassofono straripava dalle sue labbra. Soffiò nel suo strumento attaccando il primo beat del secondo chorus proprio al momento giusto. La sua sedia era rivolta verso la parte posteriore del palco e Sparrow stava soffiando verso un muro vuoto. Nell’ultimo beat della frase si volse suonando verso la sala. Voglio dire suonando veramente. Era sempre il vecchio Sparrow e la band lo sapeva. Non lo guardavano, ne sorridevano, ma erano consapevoli di trovarsi di fronte ad un genio ed il modo come stava suonando lo provava.
Devo aver trattenuto il fiato per trenta secondi. Poi mi sono lasciato andare sullo schienale della poltrona il mio corpo soffriva come se stesse in un trita ghiaccio. Mi versai un bicchiere di vino dopo l’altro per rilassarmi.
UN GENIO NERO IN MEZZO AI BIANCHI
Sapete a cosa somiglia il Be Bop? Non intendo in termini musicali . I ragazzi che lo suonano, neanche provano a spiegarlo. Nemmeno lo chiamano Be Bop. Dicono solo che è frenetico (frentic) e questo è forse il modo migliore per descriverlo, se si considera che nel dizionario il termine frenetico (frentic) è descritto come: violentemente folle, oltraggioso, trasportato dalla passione. Personalmente non mi allontano da questa definizione. Penso al Be Bop come una tensione, un’agitazione, una controllata isteria. Hughie e Sparrow avevano elaborato alcuni chorus all’unisono che un orecchio non allenato non avrebbe potuto seguire, e quando finirono il set gli altri tre ragazzi stavano sorridendo compiaciuti. Ho potuto solo sentire che dicevano “Man è straordinario, veramente straordinario”.
Finito la prova , Hughie mi invitò a bere con lui un drink, Sparrow rimase seduto sulla sua sedia. Insensibile ad ogni cosa gli si muovesse intorno, stava buttato li come un idiota addormentato con gli occhi aperti. Io e Hughie bevemmo senza parlare. I nostri sguardi non si distaccarono mai da Sparrow.
“Come va?” chiesi alla fine.
Hughie scrollò le spalle
“Ha bevuto troppo?” esitai e titubante aggiunsi, “…..o preso qualcosa?”
Hughie si decise a dirmi: “Ultimamente è sotto morfina”.
“Oh” esclamai
Hughie non voleva lasciar cadere il discorso
“Sparrow adesso beve tanto quanto gli altri, ma lo scorso anno con Joe Pepper ha iniziato a suonare forsennatamente giorno e notte, in modo frenetico, e aveva paura di non riuscire a tenere quel ritmo. Ha cominciato a bere pesantemente e a farsi di droga. Quando, qui a Los Angeles, non è riuscito più a trovare ciò che cercava e rimediava a New York, ha iniziato con la morfina.”
Hughie scosse tristemente la testa.
“Ho cercato di convincerlo che la roba non ha mai aiutato la musica di nessuno”.
Era una vecchia storia. Sapevo come la maggior parte dei vecchi jazzisti raccontava certe cose. Suonavano in qualche caffè da quattro soldi fino a sfinirsi e poi dovevano registrare in studio alle nove del mattino successivo, fumavano erba per sostenersi convinti che questo li facesse suonare meglio. Si sono poi resi conto che le cose stavano diversamente, ma i giovani che li hanno seguiti hanno dovuto impararlo da soli, nel modo più difficile. La cosa mi faceva star male
“Quanto pensa di poter diventare bravo? Per l’amor di Dio ha soli 22 anni. Non c’è nessuno che possa eguagliarlo oggi sul suo strumento”
“Sparrow è così si agita sempre per migliorare la sua tecnica, per trovare idee originali e nuovi modi di suonare il suo sax.”
Hughie mi guardò sincerandosi che avessi capito e continuò
“Sparrow è ansioso, incontra strane persone che lo venerano come un genio e si sente uno sciocco nel non riuscire a stare insieme a loro a dialogare con loro . Non ha superato la terza media e quante chance può avere un negro come lui? ”
Hughie aggiunse
“Quante possibilità ha avuto Sparrow di integrarsi e conoscere le cose? Ha il dono del feeling. Tutto ciò che sa è come suonare bene. Ecco perché lavora duramente per farlo sempre meglio. E’ tutto ciò che può dare.”
Ho riflettuto e ho avuto un moto di ribellione. Mi sono chiesto: com’è la vita di un ragazzo nero in un mondo di bianchi, anche per un tipo con il talento di Sparrow? Incontra i musicisti ed è tutto ok, per loro conta solamente come lui suona . Ma con gli altri? Quelli che scoprono il jazz e collezionano i dischi pensando che ciò sia sufficiente per scoprire la musica dei neri come se fosse una caccia al tesoro? O i giornalisti dei magazine, in cerca di storie da vendere, che parlano in modo apparentemente amichevole intervistando il fenomeno nero, facendolo sentire come se fosse un fenomeno . O gli ubriachi nei bar che pensano che sia okay abbracciare un musicista di colore dicendo: “Perchè io te non usciamo stanotte per procurarci qualche bella ragazza ?”
Sparrow era schiacciato da questa pressione dover assolutamente giustificare l’interesse cresciuto attorno a lui . Per questo suonava con il cuore in mano.
CAPPY
Stavo pensando a qualcosa da dire per avvicinarlo quando notai uno sconosciuto sedersi alla batteria. Stava facendo strisciare le spazzole sul rullante fingendo di non occuparsi di Sparrow ma ebbi la sensazione che lo stesse osservando per tutto il tempo.
“Chi è quello?” chiesi a Hughie, indicandolo con un cenno del viso.
“Quello è Cappy un ragazzo dello staff di di Sparrow”
“ Dimostra 35 anni un po’ vecchio per essere un ragazzo dello staff” ho sorriso.
“Questo lavoro deve pagare meglio di quanto pensassi” aggiunsi
“Cappy non ha preso e non prende soldi da Sparrow” disse Hughie, “vuole solo stargli attorno.
So come i fan del jazz adorano i musicisti.
“Sparrow è il suo idolo?” Hughie sorrise,
“Quello è il suo ragazzo preferito, il suo maestro”.
Osservammo Cappy per un po’ . Aveva un bel sorriso. Teneva un ritmo soft con le spazzole come se stesse accarezzando la schiena di Sparrow. Sembrava volesse mantenerlo calmo.
Ero sempre più convinto che Sparrow avrebbe potuto incidere alcuni dischi e più ci pensavo, più mi sentivo come Hughie.
“Vogliamo parlare delle date per le registrazioni” Dissi dopo qualche minuto,
“Pensi che Sparrow sia in grado di incidere?”
Hughie era diventato di nuovo ansioso. In questa prova è stato ottimo. Che diavolo! Pensai,
“ Ma domani?”.
“Prenoterò il Sunset studio per le sette così avremmo il tempo di cenare prima. Per
domani andrebbe bene?”
“Vuoi che parli con Sparrow?”
“Glielo dirò io” disse Hughie.
Si alzò in piedi e gli altri ragazzi fecero lo stesso. Cappy non smetteva di strisciare quelle spazzole fino a quando Joe Miggs riprese possesso della batteria. Quando Cappy passò vicino a Sparrow si premurò di far scorrere accidentalmente la mano sulla sua spalla. Attese accanto a lui fino a quando i ragazzi della band attaccarono il primo pezzo. Quindi fece un passo indietro.
Mi sorrise scusandosi quando si accorse di aver quasi urtato il mio tavolo. Restituii il sorriso.
“Vuoi un drink?” chiesi.
Rispose affermativamente e tirò fuori la sedia dal tavolo rivolgendola verso il palco. Distolse lo sguardo da Sparrow solo quando io presi la mia bottiglia.
“Vorrei bere una coca” disse in un modo simpatico e spontaneo.
Domandai: “sei sicuro?” E feci cenno al cameriere:
“Suoni la batteria?” chiesi dopo che entrambi avevamo bevuto.
”Uh uh di solito suono il tenore”
“Non lo suoni più?”
“ Sono quattro anni che non tocco il sax ” disse in quel suo modo disincantato. Lo guardai meravigliato.
“Forse ti ricordi di me” disse
“Cappy Gaystone?”. Alla fine mi ricordai di lui. “Sicuro eri nella band di Ben Webster e prima nei Rhythm Riders”.
Cappy sorrise “Te lo ricordi? È favoloso”.
Stavo per chiedere perchè avesse smesso di suonare, ma cambiai idea, Cappy lo capì e sembrò che la cosa non gli dispiacesse.
“Stavo male” disse “come Sparrow”.
Cercai di tenermi lontano da questo discorso.
“Di sicura suona magnificamente il sui sassofono” dissi.
“Nessuno lo suona come Sparrow” aggiunse Cappy, quindi sorrise timidamente,
“non scherziamo” ribadii in modo risoluto.
Cappy si sciolse e iniziò a raccontare “Si ha iniziato con me, gli ho insegnato il suo primo pezzo. Tredici anni fa. Aveva nove anni e io avevo ottenuto il mio primo ingaggio importante al vecchio "Paradise Ballroom”.
SWEET SUE
La band aveva finito il brano introduttivo e iniziò il successivo.
Cappy spalancò gli occhi.
“Eccolo questo è il pezzo di cui ti parlavo”.
Ascoltai l’introduzione di Jimmy Brush al piano e rimasi sorpreso dalla lentezza dell’esecuzione. Difficilmente le band Be Bop suonavano qualcosa lentamente . Poi riconobbi il brano era “Sweet Sue” e ci fu un’ulteriore sorpresa. Perchè raramente le band Be-Bop suonavano degli standard. Sparrow entrò nel brano con un beat in levare, e il sorriso di Cappy si estese da un orecchio all’altro.
“Si può battere un uomo così?”Disse.
Stava suonando quel pezzo per Cappy e lo sapeva che ciò avrebbe reso orgoglioso il suo maestro.
Cominciai a scrutare Sparrow e la sua espressione era catatonica. Non si curava del fatto che eravamo li, a parlare di lui, solo quando cominciavo a convincermi che fosse completamente assente , il viso di Sparrow si contorse come se stesse ammiccando e suonò cinque note della melodia rivolto verso Cappy.
Cappy impazzì.
“ Li sento i vostri discorsi” gridò Sparrow di rimando “Sto suonando questo pezzo per Cappy, ragazzo, lo sto suonando per Cappy” .
Sparrow fece delle cose su Sue assolutamente impossibili. Il tavolino non potè più contenere Cappy, doveva avvicinarsi per toccare il suo ragazzo triste con il sassofono.
Il pezzo successivo fu un brano molto veloce. Nel corso dell’esecuzione il sassofono di Sparrow si sollevò oltre la sua testa come se qualcuno lo avesse tirato con una corda. Pensai che fosse un atteggiamenti gigionesco dedicato a Cappy, ma cambiai opinione immediatamente. Sparrow non riusciva a tenere basso il suo strumento. Prese a suonarlo in quella posizione, fino a che Hughie non interruppe bruscamente l’esecuzione. I ragazzi sul lanciarono un’occhiata veloce a Hughie e lui disse che per loro era abbastanza . Scesero dal palco. Cappy strappò lo strumento dalle mani di Sparrow. Fu troppo per me.
Gettai alcune banconote sul tavolo ed uscii.
IN SALA DI REGISTRAZIONE
Erano le sei, stavo privando a mantenermi sveglio. Chiamai Hughie pesando che a quell’ora sarebbe dovuto essere tornato a casa. Rispose lui stesso al telefono.
“Come sta?” Chiesi
“Cappy lo ha accompagnato a casa dopo che te ne sei andato.
“Gesù, così si è comportato?”
“La notte scorsa è stata la peggiore”.
“Guarda” gli dissi, “ Che ne pensi? Dovremmo confermare la data di registrazione, metterlo sotto contratto per un esiguo numero di incisioni?”
”Sarà l’ultima volta prima di una lunga pausa” disse Hughie .
Imprecai: “Posso andare a prenderlo stasera?” chiesi.
“Lo accompagnerà Cappy”
Dissi “ok” e sbattei violentemente la cornetta sul telefono.
Ero sorpreso di quanto fossi stato poco scaltro lasciandomi andare a questo progetto. Fra la band, lo studio, i tecnici, la mia sessione di registrazione veniva a costare un migliaio di dollari a pezzo. Un sacco di soldi. In linea di principio speravo che le incisioni vendessero abbastanza da coprire i costi. A meno che uno dei quattro set non si rivelasse un vero e proprio campione d’incassi. Ero depresso. Non puoi stare in affari solo per recuperare i costi. Se Sparrow si fosse presentato nelle condizioni dell’ultima volta, sarebbe andata bene se fossi riuscito a recuperare i soldi per un pacchetto di sigarette.
Comprai una bottiglia lungo la strada per lo studio , e quando i ragazzi arrivarono era un po’ meno che piena. Vidi Sparrow e smisi di preoccuparmi, sembrava stare molto meglio. Aveva ancora quell’aspetto catatonico ma privo di convulsioni. Lo salutai, ma non credo che mi stesse ascoltando. Non sapevo cos’altro dire, quindi gli porsi la bottiglia. La tenne per un po’ senza guardarla, fece un sorso. Storse la bocca come se stesse bevendo del veleno. Non sembrava ne volesse ancora, per cui ripersi la bottiglia e la feci girare fra gli altri. Tutti, tranne Cappy, tirarono un bel sorso. Hughie era impegnato nella stesura degli arrangiamenti. Sparrow sedette con calma nel posto che Cappy gli aveva assegnato fumando una sigaretta che lo stesso Cappy gli aveva infilato fra le labbra. Stavo cominciando a pensare che sarebbe andato tutto per il meglio ma ero nervoso. Feci un giro nel grande studio evitando di disturbare il gruppo avvicinandomi al piano o alla batteria. Mi concentrai su Sparrow e notai che i suoi occhi non erano più vuoti. Mostravano la stessa triste espressione che ricordavo avergli visto la sera prima. Cominciavo ad appassionarmi.
Dissi a Hughie:
“Taglieremo tutto ciò che non andrà bene” ed entrai dentro la cabina del mixer.
Li osservavo attraverso il vetro. Cappy porse a Sparrow il suo strumento aspettando che si sistemasse. Mentre Sparrow non mostrava alcuna emozione, guardai Hughie, ma lui non incrociò il mio sgurdo.
“Cominciamo” dissi dalla cabina mixer,
“Inizia la registrazione”
Il tecnico del mixer mi guardò come se fossi impazzito.
“Non avrebbero dovuto prima scaldarsi?”
Non risposi, così comunicò all’ingegnere del suono che stava iniziando la registrazione. Entrò nello studio e disse ai ragazzi di seguire le luci.
Si accendeva prima la luce bianca, poi la rossa. La rossa indicava l’inizio dell’esecuzione. Da quel momento sarebbe partito il cronometro che avrebbe scandito i tre minuti del pezzo. Hughie dette un colpo di gomito a Sparrow e gli indicò la luce della lampadina sopra il vetro dietro il quale ero seduto io . Sparrow prese il sassofono tra le labbra, si alzò posizionandosi vicino al microfono. La luce bianca si spense, ciò significava che sarebbero passati altri dieci secondi, sembravano lunghi come un anno. Finalmente si accese la luce rossa. Hughie fece un cenno con la testa e il gruppo scivolò dentro “Wing Ding”. Non fu una buona scelta .
Wing Ding ha un’apertura complessa in cui il sax e la tromba suonano l’uno in opposizione all’altro accentando battute diverse. Deve essere eseguito alla perfezione, altrimenti suona come delle grida di gitanti in un pic nic.
Sparrow entrò in ritardo sbagliando l’attacco.
Il tecnico del suono, entrò nello studio chiedendo di provare ancora, poi tornò dentro la sala mixer, dicendo di prepararsi per un’altra registrazione. La luce bianca si accese di nuovo e quindi divenne rossa. Questa volta Sparrow entrò troppo presto. Nel terzo tentativo era ancora in ritardo. Abbiamo provato altre due volte ma fu inutile. Sparrow non era concentrato. I ragazzi della band mostravano imbarazzo. Cappy si avvicinò alla cabina del mixer e urlò attraverso il vetro, lo avremmo sentito comunque, il microfono era acceso,
“Sono quelle luci”supplicò “Lo condizionano, suona bene solo quando è rilassato, sono quelle luci.”
Spinsi il tasto di comunicazione con la sala e disse ad Hughie che avremmo provato un’altra volta senza luci.
“Quando siete pronti avvisatemi.”
Cappy riaccompagnò Sparrow sulla sedia e gli accese un’altra sigaretta. Gli altri si aggiravano li intorno senza fare nulla, quindi Jimmy Brash iniziò a suonare qualcosa al piano, una cosa qualsiasi, il basso e la batteria gli andarono dietro e Hughie si unì a loro. Dopo un minuto Sparrow li raggiunse riprendendo la sua posizione sul palco in modo semplice e sereno. Quindi iniziò a suonare duro, e la musica decollò. Inanellò diversi chorus uno di seguito all’altro, per cinque minuti, prima che Hughie indirizzasse il brano verso la chiusura. Guardò Sparrow.
“Che ne dite di “The Sparrow Jumps?” Chiese
Non attese una risposta.
“Nessuna luce questa volta Sparrow, attacca e noi ti verremo dietro……. facciamolo Sparrow, okay?”
Sparrow spalancò gli occhi in un modo che mi sorprese, non lo aveva mai visto con lo sguardo così vigili per tutto il tempo. Si alzò in piedi scansando la sedia, si avvicinò al microfono. Il suo corpo era teso come lo era abitualmente anni fa, quando, in perfetta forma, suonava da Dio. Nessuno si mosse. Poi feci un cenno all’operatore del mixer e lui gridò al tecnico
”Pronti per registrare!”.
“The Sparrow Jumps” è un pezzo funambolico, spettacolare, nessun arrangiamento, niente di niente, solo assoli di Sparrow con Hughie e il piano che sullo sfondo eseguono figure di accompagnamento.
Sparrow forzò l’apertura con una cadenza e un tempo che fecero sobbalzare i ragazzi. Erano abituati a suonare the Jump a ritmo sostenuto. Quanto stavo ascoltando era ciò che intendevo per veloce e non potevo sapere cosa sarebbe accaduto dopo. Incrociai le dita e poi le disincrociai. La band stava suonando come mai prima aveva fatto e Sparrow schizzava veloce come un pipistrello fuori dall’inferno. Ma era più di così, aveva un’eccitazione che mi fece venire la pelle d’oca, l’eccitazione tipica di tutte le vere grandi incisioni, che si ascoltano talmente tanto a lungo da consumare il vinile del disco, e ciò che ascolti è solo un’idea di come fosse veramente grande quella musica.
Pensai: “man oh man” al diavolo se non ho le mie quattro facciate, già questa è abbastanza, è unica. Sarà da manuale della musica quando arriverà nei negozi di dischi.
L’esecuzione sembrava diventare più veloce, iniziai a guardare cosa diavolo Joe Miggs stesse facendo sulla sua batteria. Il tempo è sempre uguale nel jazz. Se inizi lentamente continui lentamente, se cominci veloce, continui veloce, non vai ancora più veloce. Ma questo era quello che stava accadendo. Guardai la faccia di Jimmy Brush aveva un’espressione divertita, le sue dita stavano volando sulla tastiera ma ciò non sembrava preoccuparlo. Poi le mie orecchie capirono. I suoi accordi non erano in sintonia con quello che Sparrow stava suonando. Sparrow cambiava le chiavi armoniche continuamente, qualche volta addirittura nel bel mezzo della frase. Il bassista aveva lo stesso mio sguardo preoccupato. Ormai era da tempo che suonavano con Sparrow e dovevano essere in grado di seguire ogni sui cambiamento nell’esecuzione. Ma lui si stava allontanando da loro, solo Hugie gli teneva dietro, cercava di resistere, e come ci riuscisse non l’ho ma capito. Credo che solo un ragazzo che provava per Sparrow ciò che Hughie provava per lui avrebbe potuto riuscirci. Fu la più frenetica, eccitante, meravigliosa musica che avessi mai ascoltato.
IN PREDA ALLE CONVULSIONI
Le convulsioni di Sparrow ricomparvero, ma non lo capii subito. Avevo visto molti jazzisti scrollare le spalle e scuotere le ginocchia mentre suonavano. Ad un certo punto non riuscivo più a seguirlo e dovetti arrendermi al fatto che le convulsioni si stavano impossessando di nuovo di lui. La testa scattava da un lato, e si muoveva come seguisse le note della frase musicale. Lo stesso accadeva per le contorsioni del suo corpo e lo scalciare delle sue gambe.
Era come se le convulsioni proseguissero le suggestioni musicali dal punto in cui queste si interrompevano . Sembrava che gli spasmi e gli scatti corporei, accompagnassero, in qualche modo, le pulsioni ritmiche, come se Sparrow dovesse completare con quelle convulsioni un fluido musicale incompleto . Questa era ciò che faceva le differenza rispetto alla sera prima, perché i movimenti repentini, gli scatti, si verificavano secondo una precisa rappresentazione visiva della musica. Non si capiva, quindi, se il pezzo lo stessi ascoltando o vedendo. Dunque non si poteva alcuna delle sue mossa. Il suo corpo cominciò a contorcersi in modo pazzesco seguendo ancora più follemente la ritmica del brano. Ed in una attimo gli scatti e le contrazioni presero a scombussolare il suo corpo allontanandosi completamente da ciò che sembrava una rappresentazione gestuale delle pulsioni ritmiche . I ragazzi continuavano a suonare ma cominciarono a guardarlo in modo preoccupato così come stavo facendo io. Pensai che stessi andando fuori di testa. Non so quanto tempo è passato prima che riuscissi a controllarmi.
Ho premuto il pulsante del microfono di collegamento con la sala urlando: “Fermatelo, Fermatelo, Fermatelo”
I ragazzi cessarono di suonare gradatamente, come un ruscello che piano piano si prosciuga e scompare, i loro occhi erano puntati su Sparrow. Lui continuava a suonare le sue frasi contorte e il corpo martoriato, si scioglieva in un unica lunga e devastante convulsione. Mi precipitai fuori dalla cabina e lo afferrai, lo strinsi forte fino a farlo smettere di suonare. Il suo tremore entrò fin dentro i miei polpastrelli. Lo feci sedere su una sedia tenendolo ancora per mano. I ragazzi della band mi guardavano aspettandosi che facessi qualcosa. Io non sapevo cosa fare. Sapevo solo che non potevamo lasciarlo in quel mondo di follia che in quel momento lui stava abitando. Mi venne in mente di provare a stimolarlo con qualcosa di familiare, che so’? ricordi del suo passato, forse questo avrebbe potuto ricondurlo alla realtà .
Guardai Cappy, stava proprio dietro di me, dalla sua espressioni capii che condivideva l’idea.
“Jimmy! “Sweet Sue!!!” dissi al pianista schioccando le dita
“Suonala, per amor di Dio”
Jimmy iniziò a suonare con lentezza e scandendo le note. Trattenni Sparrow per le spalle in modo che non riuscisse a muoversi e gli parlai direttamente in faccia:
” Voglio che la suoni per Cappy, mi hai sentito?”
Dovevo riuscire a comunicare direttamente con lui
“Sparrow suonala per Cappy, per Cappy”.
Sparrow rabbrividì. Quindi sollevò lo sguardo lentamente e vidi i suoi occhi vuoti rianimarsi, la bocca si aprì - si chiuse - e si aprì nuovamente, sospirando
“Cappy…..”
Dentro di me avrei voluto gridare ma cercai di parlare nel modo più tranquillo possibile.
“Si Sparrow...... Cappy”, gli ho sussurrato avvicinandomi.
“Vuole sentirti suonare. Vorresti suonare per lui Sparrow? Per Cappy?”
Vedevo che stava lottando con se stesso, ma annuì solennemente, alla stregua di un ragazzino ubbidiente, dicendo:
“Si signore”.
Si inumidì le labbra, strinse la bocca sull’ancia e con il piede battè il tempo. Sparrow suonò “Sweet Sue” per Cappy.
Avete presente il modo cigolante ed incerto con cui suona il figlio del vicino quando si esercita per la sua nuova lezione? In modo stonato e stridente, ma infantile , così dannatamente infantile. Biascicando le note, con vari cigolii che uscivano dal sax, Sparrow prese a suonare “Sweet Sue”. Esattamente come deve averla suonata tredici anni prima, quando non conosceva nulla di quel brano che Cappy gli stava insegnando. Abbandonai Cappy disperato piangere come un ragazzino e mi diressi verso il bar più vicino.
Yeah l’ultima incisione di Sparrow sarebbe diventata sicuramente una rarità per collezionisti.
Un dollaro più le tasse è abbastanza economico per un disco inciso da un ragazzo che stava impazzendo.
NOTE:
1. Sparrow significa “passero” è evidente il riferimento al “bird” di Charlie Parker
2. Vaslav Nijinski, coreografo, ballerino, interprete di punta della “Compagnia dei Balletti Russi” capitanata da Sergei Djagilev agli inizi del ‘900. In questo contesto Nijinski sconvolse le platee di tutta Europa per le sue capacità di danzatore mai viste prima. Un artista dall’incredibile espressività ed intensità, ma personaggio fragile, sensibile, sempre alla ricerca di nuove emozioni. Un esistenza tribolata accompagnata da una follia precoce, che nel 1919 lo fece impazzire del tutto rendendolo incapace di proseguire la sua carriera a soli trent’anni.
(3) Il beat in 2/4 era tipico dello stile New Orleans, mentre il ritorno ad una scansione omogenea in 4/4 contraddistingueva lo stile swing.
(4) Gli occhiali scuri e i baffetti da capretta sotto il labbro inferiore, era il look che contraddistingueva Bopper.
(5) membro di un gruppo pentecostale, così chiamato, per la frenetica attività danzante durante le funzioni religiose.
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