In queste ultime settimane il concetto di beni comuni, grazie alla campagna referendaria, è assurto a protagonista delle cronache politiche e sociali . L’acqua è un bene comune perché è un elemento naturale e un diritto umano universale. La disponibilità e l’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile sono garantiti in quanto diritti inalienabili ed inviolabili della persona. Altri beni comuni come l’acqua sono definiti in modo simile. Personalmente ho la convinzione che un bene comune è tale quando se ne ha percezione nel momento in cui viene a mancare . Si ha consapevolezza dei benefici di acqua, aria, cibo, salute, qualità ambientale solo quando questi elementi vengono sottratti . L’accesso a tali beni si acquisisce dalla nascita non deve essere comprato , ecco petche i beni comuni non possono rientrare nella categoria dei SERVIZI PUBBLICI DI RILEVANZA ECONOMICA. E’ come se una cosa che spetta per diritto universale venga sottratta e diventi necessario riacquistarla spendendo dei soldi e assicurando profitti al colpevole del furto. Tutto questo vale per i diritti inalienabili della persona. Esistono però beni comuni che attengono alla comunità intera perché nascono con essa, costituiscono parte integrante della sua identità collettiva. Anche questi beni non possono essere sottratti alla libera fruizione della società che li possiede sin dalla sua nascita . Non può accadere che la libera fruizione venga limitata o negata per il profitto di pochi. Ci riferiamo in particolare al patrimonio storico archeologico che è parte integrante di un popolo definisce l’appartenenza e l’identità non ai suoi confini territoriali, ma ai sui capisaldi culturali . Questo patrimonio deve appartenere alla collettività la quale deve liberamente usufruirne senza pagare dazio. A Frosinone il caso dei reperti archeologici sepolti sotto il suolo cittadino costituisce un classico esempio di appropriazione indebita di un bene comune da parte del settore privato con la complicità dell’anmministrazione comunale. Tra via Giacomo De Matthaeis e la Villa Comunale, si sviluppa un importante impianto termale di epoca Romana.. Nel bel mezzo di questo comprensorio esiste un’area nella quale è prevista l’edificazione da parte di soggetti privati di un complesso polifunzionale residenziale e destinato ad ospitare edifici commerciali. Oggi la quesitone aperta riguarda la presenza o meno sotto l’area destinata ai privati, di reperti ad elevata valenza archeologica. In base al valore dei reperti che eventualmente si troveranno si potrà autorizzare Le Imprese Vellucci del Gruppo Zeppieri Costruzioni a iniziare i lavori. La manfrina che si sta consumando su questa faccenda ha dell’incredibile. Dopo perizie della sovraintendenza ai beni culturali, che ieri affermavano una cosa e oggi ne sostengono un’altra, c'è stata la scampagnate organizzate dal sindaco in mezzo al fango degli scavi sul suolo privato per dimostrare a stampa, cittadini e comitati che ad un primo esame la zona destinata ai privati ha il sottosuolo privo di reperti ad alta rilevanza archeologica. Dunque anche dopo delle ricerche più approfondite questa sarà destinata ad essere sepolta dal cemento. In ogni caso dopo diversi ripensamenti e strumentalizzazioni lo scippo del "BENE COMUNE TERME ROMANE" alla popolazione frusinate si sta consumando in maniera irreversibile, con la complicità di alcuni consiglieri di maggioranza che innanzi ai comitati a favore delle terme hanno sostenuto una mozione salvo poi modificarla in seduta consiliare stravolgendone il significato. Il punto vero della questione non è relativo al fatto che la costruzione del complesso edilizio sia condizionata alla presenza di reperti , ma concerne la libera fruibilità dei cittadini del BENE COMUNE TERME ROMANE. Un tale colata di tonnellate e tonnellate di cemento nel bel mezzo di un area che che nasconde questi tesori, deve essere impedita. Perché oltre a togliere valore al sito contaminato da un insediamento urbano enorme, IMPEDISCE LA COMPLETA FRUIBILITA’ DEL SITO STESSO DA PARTE DEI CITTADINI. Questo sacrosanto principio è il pilastro della mozione (il testo è nel post seguente), presentata dal Compagno Francesco Smania della Lista la Sinistra in Consiglio Comunale. Una documento che come è nel costume della politica assoggettata al potere economico è stato snobbato dai consiglieri di maggioranza di minoranza, alcuni dei quali, pur facendosi belli davanti alle associazioni assicurando il pieno appoggio alla lotta per le terme, dinanzi al rischio di inimicarsi un imprenditore illuminato come Zeppieri hanno preferito darsela a gambe facendo mancare il numero legale. Vogliamo però avvertire questi signori che il vento è cambiato. Anche in Ciociaria il 57% dei cittadini ha votato un referendum in cui si afferma il principio che un BENE COMUNE non può essere fonte di profitti da parte di privati né può essere sottratto alla disponibilità della collettività. LE TERME ROMANE in quanto patrimonio storico culturale della cittadinanza SONO INDUBITABILMENTE UN BENE COMUNE. E’ necessario dunque tenere conto che a seguito del referendum questo bene deve essere gestito e controllato da tutta la comunità e nessun Zeppieri o chi per lui può incrinare questo principio.
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