Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 22 dicembre 2011

Tahrir

Giovanni Morsillo



Quando tutto il mondo, al solito ben inzuppato dalla informazione dominante (cioè delle classi dominanti) si spellava le mani per gli applausi alle varie primavere nordafricane, mi permisi di avanzare un punto di vista meno "embedded" e fondato sulla semplice osservazione dei processi reali, per l'Egitto e per le altre "primavere". 
Ognuno dei movimenti sviluppatisi nei vari paesi nordafricani in quel periodo aveva ragioni e caratteristiche diverse, anche se si preferì una visione semplicistica e fuorviante alla verità storica.
Per l'Egitto in particolare il punto era che la famosa "piazza" non aveva alcun ruolo nella determinazione delle strategie e degli obiettivi, non essendo dotata di alcuna struttura organizzativa e quindi decisionale.
Mi permisi di invitare tutti a riflettere invece sul ruolo dei militari, vera e costante struttura di potere egiziano, e sostenevo che, con ogni evidenza, i militari che avevano messo Mubarak sul trono, lo stavano rimuovendo e non certo per anelito di democrazia. C'era la difficoltà di garantire una successione perché, nella cosiddetta "unica democrazia araba" il figlio del "presidente" non si era dimostrato all'altezza di ereditarne il potere, i Fratelli Musulmani erano l'unica organizzazione politica che avesse riconoscimento nella società, e rischiava di vincere le elezioni, ecc. ecc.


Mi permisi insomma di affermare che andrebbe fatta l'analisi reale della situaizone reale se si vogliono comprendere i processi e magari intervenire a governarli. Ma fui tacciato di un sacco di epiteti, dall'accusa di catastrofismo a quella di ideologismo incrostato, fino ovviamente a quella di marxismo, che alle orecchie dei democratici riformisti di ogni tempo risulta la più infamante.
Adesso tutto il mondo, al solito inzuppato dalla informazione dominante (cioè delle classi dominanti) si asciuga le lacrime sulla tomba della "rivoluzione" e sulla fine del mito di piazza Tahrir sotto i colpi piuttosto rudi della repressione militare. La poveraccia presa a calci dai soldati diventa icona di una nuova mitologica lettura di quello che succede.
Tanto per rimanere nella tradizione, tutti i governi repressivi occidentali deplorano il comportamento di quei militari, non so se per il fatto che sono stati filmati e diffusi o se per aver violato il monopolio della violenza antisociale che, ça va sans dire, spetta alle potenze economiche "occidentali". Forse quella ragazza, che ha tutta la mia solidarietà in quanto vittima, è considerata più importante delle centinaia di americani arrestati e picchiati non solo a Zuccotti Park ma in molte città statunitensi. Forse quella donna ha una dignità superiore a quella di 84 anni cui i democratici poliziotti newyorkesi hanno condito la faccia con ottimo spray al peperoncino democratico.
Non dico questo, oggi, per vantare alcunché. Vorrei che fosse, invece, l'occasione per la messa in discussione di una montagna di certezze ingannevoli che, essendo diventate senso comune, continuano ad ingessare ogni ipotesi di cambiamento perché subalterne alla cultura dominante e come tali funzionali al sistema.
Continuare a difendere situazioni oggettivamente reazionarie solo perché tatticamente (o ingenuamente) viste nel piccolo ambito del momento in cui avvengono annulla tutte le eventuali buone intenzioni e non è l'ultima delle cause del degrado che oggi ci sovrasta e ci soffoca. Pensare che Monti è buono solo perché ha preso il posto di Berlusconi, o che le armi nucleari e di sterminio della NATO siano migliori e più salutari di quelle dell'Iran o della Cina o della Russia è un modo illusorio di rimuovere i problemi e di scrollarsi di dosso la sensazione di responsabilità (non la responsabilità, che invece resta tutta e si aggrava).
Fraterni saluti.

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