Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 11 maggio 2012

Beppe Grillo, gli anatemi non bastano...

Redazione di http://www.contropiano.org/

Condanne e anatemi sono state spesso la manifestazione più di invidie e competizione che di un serio tentativo di analizzare, da sinistra, ciò che il ‘grillismo’ rappresenta dal punto di vista politico e sociale.
Boom(ba) o non boom(ba), i grillini arriveranno a Roma. Parafrasando una famosa canzone di ormai qualche decennio fa vogliamo intendere che non basteranno gli anatemi e le condanne che da sinistra sono state rivolte – spesso giustamente – contro Grillo e il suo movimento per bloccare la loro affermazione politica. E per spiegare i motivi di un così travolgende successo.
Dopo l’indubbio boom elettorale delle ultime elezioni amministrative le sinistre dovrebbero cominciare a chiedersi perché il voto di protesta e la crescente indignazione popolare contro una situazione ormai insostenibile abbia preso la via del voto al Movimento 5 stelle e non ai cari e vecchi partiti comunisti o postcomunisti. Dare al Savonarola della politica italiana del cripto fascista non aiuta, anzi forse aumenta la sua popolarità in una società in cui il venir meno di discriminanti ideologiche sembra premiare i soggetti, singoli o collettivi, che esprimono identità e linguaggi forti. Una analisi seria e articolata hanno provato a farla qualche mese fa quelli di WuMing, e ve la riproponiamo, perché mette in fila una serie di elementi che caratterizzano il discorso grillino e caratterizzano alcuni dei suoi esponenti e delle sue manifestazioni.
Alcune, ma non tutte. E qui cominciano i distinguo tra Grillo e i suoi rappresentanti a livello territoriale e periferico, e poi tra ognuno di questi rispetto agli altri. Il movimento di Grillo non è un partito e neanche una organizzazione strutturata, e quindi permette a persone di ideologia, cultura e sensibilità diverse di convivere e di rappresentare nel loro contesto obiettivi e programmi diversificati, a volte addirittura divergenti. Se su un tema così importante come l’immigrazione il vate del movimento ha espresso più volte punti di vista xenofobi o quanto meno qualunquisti, e se alcuni suoi eminenti collaboratori spesso non disdegnano di andare a braccetto con quelli di Casapound o Forza Nuova, in altri casi gli esponenti del grillismo operano in associazioni e realtà di solidarietà con gli immigrati, e la ‘piccola’ differenza di opinione al riguardo non sembra toccarli più di tanto. Anche sulle questioni economiche la schizofrenia è alta: se Grillo nelle ultime settimane ha assunto la parola d’ordine del ‘non paghiamo il debito, fuori dall’euro’ (mossa che molti ‘comunisti’ variamente collocati non riescono o vogliono fare…) altri 5 stelle hanno in merito opinioni assai più accomodanti e compatibili. Ciò che unisce tutti, almeno finora, sembra essere una concezione della democrazia partecipativa  basata sulle relazioni digitali, una visione interclassista della società, una opposizione alla partitocrazia non nuova nei movimenti di protesta italiani – e che in genere ha portato le buone intenzioni dichiarate verso la complicità con il sistema e il degrado della proposta originaria. E, in mancanza di strutture democratiche che possano garantire il dibattito e la decisione collettivi, l’unico e ultimo giudice chiamato a dirimere le contraddizioni interne è lo stesso Belle Grillo. Che finora ha espulso vari esponenti locali a suo dire collusi con la partitocrazia o indisciplinati ma non ha preso provvedimenti contro le sezioni locali che collaborano allegramente con i gruppi neofascisti… E il guru non sembra aver molto da ridire sul fatto che alcuni dei suoi candidati alle elezioni fossero vecchi arnesi della partitocrazia locale.
Ma come abbiamo scritto, più che sul personaggio Beppe Grillo e sul suo carattere di divinità digitale e mediatica conviene soffermarsi sui motivi che stanno portando settori sempre più ampi a prenderlo come riferimento di una domanda di cambiamento che nessun altra forza politica si dimostra capace di rappresentare. Anche perché in questi mesi abbiamo assistito all’emergere di fenomeni simili in altri paesi dell’Europa. I Pirati tedeschi o svedesi sono l’equivalente di quanto il movimento 5 stelle rappresenta in Italia, pur con le loro specificità. Un grillismo senza Grillo, quindi, che dovrebbe far riflettere sul fatto che un certo tipo di organizzazione delle relazioni politiche, un certo linguaggio e una cerca modalità rappresentino delle tendenze sociali comuni a paesi in cui esiste un vuoto di rappresentanza politica.
In molti hanno messo in rilievo il fatto che il movimento di Grillo ha le caratteristiche tipiche dei movimenti carismatici: una base indistinta e composta di singoli non organizzati, un leader supremo incontestabile e spesso contraddittorio, un linguaggio diretto e demagogico. Una somma di specificità non organiche che esprimono la frammentazione di classe e di autocoscienza delle società a capitalismo ‘avanzato’ e che vengono ricondotte ad unità esclusivamente grazie alla copertura da parte di un personaggio carismatico, a tratti dittatoriale, nei confronti del quale si esercita una sorta di culto. Una sorta di Blog sociale nel quale la partecipazione è libera e fluida ma spesso – in mancanza di organizzazione, strutturazione, regole – ininfluente, sostituita dalle insindacabili decisioni del leader e del suo ristrettissimo cerchio magico.
Indubbiamente votare ‘pirata’ è facile: sfuggendo alla classica divaricazione destra/sinistra, non prevedendo forme di partecipazione e organizzazioni particolarmente militanti – se non tramite web – e non richiedendo un’adesione ideologica il movimento è appetibile a persone in fuga da diversi partiti e provenienti da esperienze culturali tra le più diverse. L’elementarietà del programma del movimento di Grillo, e della maggior parte delle esperienze pirata nord europee, è un ulteriore facilitazione per l’aggregazione e la crescita elettorale. Ma se si va a spulciare il “non" (!) programma del Movimento 5 stelle si nota come accanto a proposte sacrosante e nette – no alla Tav, revoca della legge Gelmini ecc –ci ne siano altre caratteristiche di una cultura liberale e ‘modernizzatrice’ che considera lo Stato un nemico. La proposta di abolire il valore legale del titolo di studio – classico cavallo di battaglia delle destre filo anglosassoni – è una di quelle. Per non parlare dell’abolizione delle Province e dell’accorpamento dei piccoli comuni. Anche l’insistenza sul fatto che chi accede alle istituzioni debba essere assolutamente incensurato – illibato, potremmo dire – riflette una concezione culturale e politica che non distingue tra legge e giustizia, che dà per neutra la natura del sistema giudiziario e quindi dello Stato. E’ lo stesso esser stati condannati per reati legati ad una attività di lotta, di contestazione, oppure di corruzione? Evidentemente no. E’ pensabile che un tribunale possa condannare qualcuno ingiustamente? Evidentemente si...
Il ‘non programma’ del Movimento non sembra avere nessuna organicità, non sembra riflettere nessun punto di vista forte sulla società, sull’economia, sul mondo. Il che costituisce una marcia in più per i grillini – essendo appetibile sia a destra che a sinistra – ma anche una fortissima limitazione alla possibilità per il movimento di incidere veramente sulla realtà. Avere a disposizione solo uno sterminato elenco di cose da fare e poter contare su una partecipazione prevalentemente “digitale” al conflitto non aiuterà certo gli esponenti del movimento che si stanno catapultando nelle istituzioni locali e che tra pochi mesi entreranno a Montecitorio. A meno che non si pensi che il giudizio del guru Beppe Grillo possa rappresentare una bussola sempiterna e infallibile che rende innecessaria – o addirittura controproducente – ogni strutturazione del movimento...
Ma i difetti e gli elementi a volte inquietanti che caratterizzano questa nuova manifestazione della critica allo status quo non riducono le colpe di una sinistra che, come dicevamo, si limita alla condanna saccente e spocchiosa del ‘grillismo’. Una condanna che in alcuni casi, dopo i buoni risultati elettorali del Movimento 5 stelle, si sta rapidamente trasformando in invidia o addirittura in corteggiamento… I comunisti e le sinistre critiche hanno da tempo perso ogni capacità di leggere i profondi cambiamenti sociali in corso nelle nostre società, e appaiono sempre più come ininfluenti, stantii rimasugli di un passato inadatto a rappresentare una voglia di cambiamento che cresce e che non trova sfogo nella buona educazione e nel ‘politically correct’ di onesti ma moderati leader politici. E che trova invece rappresentanza in chi appare – non sempre a ragione - più adeguato a modernizzare le forme della partecipazione politica, a modernizzare la società stessa attraverso i progressi della scienza piegati alle necessità degli individui e dell’ambiente (il ‘non programma’ di Grillo è zeppo di suggestioni e proposte in questo senso). 

1 commento:

  1. Bene, finalmente AUT pubblica un'analisi non rancorosamente ostile e chiusa del grillismo. I difetti e i limiti sono più o meno quelli che mi hanno indotto ad abbandonare questo movimento, anche se devo aggiungere che l'esito attuale non era necessariamente iscritto nelle pulsioni che ne determinarono la nascita alcuni anni fa. Ho partecipato al dibattito che si sviluppò in quei primi anni, e sono uscito dal movimento proprio per la sconfitta delle posizioni della componente alla quale mi sentivo più affine, che proponeva una diversa strutturazione del movimento. Resto tuttavia moderatamente ottimista sulla possibilità che, al netto, il bilancio politico del M5S possa continuare ad essere in attivo.

    Aggiungo un'ultima cosa, riguardo all'atteggiamento spocchioso di molti, a sinistra, nei confronti di questo fenomeno, e cioè che quando il "popolo si muove", è sempre un errore non andare a vedere cosa succede. E quando dico "popolo che si muove" non intendo il successo improvviso di una qualche nuova sigla, magari votata per protesta o fraintendimenti vari (il popolo, spesso, è anche ingenuo), bensì il fatto che migliaia e migliaia di cittadini, magari in maggioranza giovani, si mettono per mesi, ed anni, a combinare riunioni ed eventi con finalità politiche. Questo è quanto hanno fatto gli amici del M5S quando ancora erano conosciuti come meetuppari. Ho cercato di spiegarlo a molti compagni, anche a quelli di AUT, ma non sono stato creduto. Consentitemi, allora, di ripetere il concetto: quando il popolo si muiove, dobbiamo andare a vedere cosa succede. Non farlo, non è da rivoluzionari, ma da settari piccolo borghesi (sia detto senza offesa, ma solo con franchezza).

    Comunque c'è ancora tempo per rimediare. Occorre aprire un dialogo, alla pari, con il M5S, identificando i punti in comune e polemizzando (giustamente) sui punti di disaccordo. Questa è POLITICA. E' antipolitica esprimersi in modo sprezzante rispetto agli avversari (peggio: rispetto ai concorrenti), esattamente come ha fatto Bersani per anni, salvo dichiarare, ieri, che "il M5S non è antipolitica ma una sfida da raccogliere". Giusto! Ma fuori tempo massimo...

    Con immutato affetto, Fiorenzo.

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