Sospetti di mazzette per falsificare le perizie. Emergono nuove intercettazioni sul caso Ilva, questa volta provenienti da un'informativa della Guardia di Finanza. Tutto risale al fascicolo aperto per corruzione in atti giudiziari contro Girolamo Archinà, responsabile delle pubbliche relazione dell'Ilva e licenziato alcuni giorni fa dal presidente Bruno Ferrante.
L'INCONTRO ARCHINÀ-LIBERTI. Le carte delle Fiamme Gialle partono dal famoso incontro tra Archinà e Lorenzo Liberti (il consulente tecnico dei magistrati accusato, secondo la Procura, di aver ricevuto una tangente di 10 mila euro proprio dallo stesso Archinà al fine di “addolcire” l'immagine del gruppo siderurgico nella relazione da consegnare ai pm), ma ritraggono uno scenario ben più vasto, dove la corruzione, gli accordi sottobanco e le versioni ricostruite ad hoc per la stampa sembrano essere la norma.
Un episodio, quello dell'incontro Archinà – Liberti, che viaggia su un binario giudiziario parallelo, ma divenuto protagonista dopo che il giudice Patrizia Todisco lo ha citato come esempio di capacità di inquinamento delle prove da parte della famiglia Riva.
«UNA BUSTA IN TASCA ENTRA». Il responsabile della pubbliche relazioni e il perito del pm si sarebbero visti, in modo alquanto sospetto, in un'area di servizio della A14, nei pressi di Taranto. Secondo la Guardia di finanza, i due si sarebbero scambiati una busta conentente, per l'appunto,10 mila euro. E l'importo sarebbe stato confermato da alcune intercettazioni risalenti a pochi giorni prima: «Non potevo parlare prima… per domani mi prepari dieci?», dice Archinà a un funzionario dell'Ilva. Che chiede: «Da cento? Da cinquecento?». E Archinà risponde: «Da cinque, sì da cinque». Il cassiere dell'azienda, però, sembra avere qualche problema di taglio delle banconote e, il giorno successivo avvisa Archinà: «Senti i soldi li ho qua, ma sono tutti da cento e da cinquanta…non ce ne avevano da cinquecento». Ma lo stesso Archinà sembra non preoccuparsi più di tanto: «Eh va bene... Devo portare la valigetta vuol dire». Ma il cassiere lo tranquillizza: «Va bè, è una busta in tasca entra».
«IN LINEA CON LE NOSTRE ESIGENZE». E ancora a proposito del perito, tra i documenti si legge un'intercettazione del 31 marzo 2010 tra Girolamo Archinà e Fabio Riva: «Io ritengo che sia oramai... sta in linea con quelle che sono le nostre esigenze». Ma Liberti aspettava alcuni importanti dati sul rilevamento della diossina dall'Arpa (Agenzia regionale protezione e ambiente). Cosa che preoccupava non poco Fabio Riva: «E diamoglieli noi, dai!», dice. E Archinà replica: «In modo che io potrei lavorargli... a dire... sulla quantità piuttosto che sul profilo». Secondo i finanzieri, dunque: «Darglieli in anteprima significa che così Archinà potrà iniziare a lavorare sul Liberti affinché (...) attesti che comunque le emissioni di diossina prodotte dal siderurgico siano in quantitativi notevolmente inferiori a quelli accertati all'esterno».
IL «COMUNICATO FUORVIANTE». Un altro esempio di manipolazione delle informazioni avviene da un'intercettazione risalente al 2010. Il 15 luglio Archinà e Fabio Riva incontrano il governatore della Regione Nichi Vendola per discutere dell'Ilva. Al termine, Fabio Riva parla con il figlio Emilio, parlando del buon esito della riunione: «Si dice... si vende fumo, non so come dire! Sì, l'Ilva collabora con la Regione, tutto bene...», è annotato nelle carte. Che commentano: «Emilio suggerisce di fare un comunicato fuorviante».
«A livello ministeriale contatti non proprio istituzionali»
Ma per i vertici dell'azienda era fondamentale avere anche anche degli appoggi a livello nazionale: «Emerge come anche a livello ministeriale servano i contatti non propio istituzionali per ammorbidire alcuni componenti della Commissione Ipcc-Aia», si legge nell'informativa. Tutto al fine di ottenere l'Autorizzazione integrata ambientale, concessa il 4 agosto 2011 dopo un iter di ben sette anni: «L’effettiva e buona riuscita dei contatti si rileva, come si accennava in precedenza, dai costanti aggiornamenti che egli (Archinà ndr) fornisce ai vertici aziendali, con i quali ovviamente condivide le strategie da porre in atto, recependo le direttive che di volta in volta vengono impartite», proseguono le carte dei finanzieri.
«DISTRUGGERE ASSENNATO». La direzione dell'impianto siderurgico concentra moltissime forze nel cercare di non far emergere i dati sull'inquinamento atmosferico. Un esempio è riportao, ancora una volta, dalal documentazione fornita dalla Guardia di Finanza. Nel giugno 2010 Giorgio Assennato, direttore dell'Arpa, ha firmato una relazione nella quale erano contenuti i dati relativi alla concentrazione di benzoapirene nell'aria del quartiere Tamburi. Sostanza che proveniva dalla cokerie dell'Ilva e presente in elevata concentrazione. Questo avrebbe costretto l'azienda a ridurre drasticamente la produzione, che sarebbe stata condizionata dalla situazione meteo. In quest'occasione, la reazione dell'Ilva è stata durissma. Archinà chiama Alberto Cattaneo, oggi dirigente Comunicazione dell'azienda siderurgica: «Dobbiamo distruggere Assennato».
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