Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 12 novembre 2014

Venticinque anni fa il delitto perfetto della “Bolognina”

L'articolo di Maurizio Federico pubblicato  anche su "Nuovo Giorno"

Maurizio Federico


Il 12 novembre del 1989, esattamente venticinque anni fa, nei locali della storica sezione comunista della “Bolognina”, dove oggi lavorano dei parrucchieri cinesi, venne commesso uno spietato delitto.  
Quella domenica mattina era stato ucciso, a bruciapelo, il Partito comunista italiano che pure era riuscito a scamparla, per quasi settanta anni, dai tanti che lo volevano morto a tutti i costi: da Mussolini a Scelba, da Tambroni a Gelli, dai golpisti neri ai terroristi di ogni colore.
Dove non erano riusciti tutti quegli emeriti signori  ce la fece, e con una certa facilità, tale Achille Occhetto che di quel partito era nientemeno che il segretario generale. Niente da meravigliarsi, in genere i complotti familiari non solo sono molto frequenti ma anche quelli più facili ad attuarsi. Occhetto rivendicò subito il suo delitto sostenendo la tesi, ardita per la verità, di averlo compiuto nell’interesse della stessa vittima, perché solo così sarebbe vissuta più a lungo e avrebbe avuto uno splendido avvenire!      
Ma come e dove era maturata la decisione di sbarazzarsi del P.C.I.? Solo negli ultimi anni stanno venendo alla luce i retroscena di quel delitto: l’apertura degli archivi   americani, le memorie di qualche ex agente segreto, le rivelazioni di Wikileaks, libri e saggi sull’argomento portano tutte in un'unica direzione: Washington.
Fu quella, infatti, nel maggio del 1989, a pochi mesi, quindi, dalla “Bolognina”, la meta di un viaggio del segretario Achille Occhetto e dell’attuale Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Mentre per Occhetto si trattava della sua prima visita negli Stati Uniti d’America, non era la prima invece per Napolitano che, da capo della corrente filo-craxiana e filo-berlusconiana del P.C.I. (i cosiddetti “miglioristi), da oltre un decennio intratteneva rapporti strettissimi con l’ambasciata americana a Roma e, spesso, si recava negli USA, cosa che a tutti gli altri comunisti era preclusa sin dagli anni della “grande crisi” del 1929.
Tra l’altro, è stato scritto e non è stato mai smentito, che i due italiani, in una sera di quel maggio di venticinque anni fa, si ritrovarono a cena, sempre a Washington, con un ex capo della CIA, William Casey, che era solito ripetere, quando era in servizio a Roma, che la missione della sua vita era “schiantare il Partito comunista italiano”!
Tutto chiaro? Non ancora! Resta tuttora un mistero il fatto che Achille Occhetto, che pure aveva fatto il grosso del “lavoro sporco”, dopo la fine del P.C.I. venne subito messo da parte mentre al suo compagno di viaggio in America, Giorgio Napolitano, si aprirono da quel momento le strade di una luminosissima carriera fatta di Presidenze della Camera dei deputati, di Ministeri importanti e, perfino, di quel doppio mandato di Presidente della Repubblica che dura ancora oggi!

















Nessun commento:

Posta un commento