Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 14 agosto 2015

Come il rifiuto del neoliberalismo ha salvato l’economia della Bolivia

Federico Fuentes

La piccola nazione andina della Bolivia ha ricevuto lodi da molti   grazie alla sua trasformazione politica che ha sperimentato   nello  scorso decennio.
La curiosità per questa conversione da paese con una difficile situazione economica a economia che cresce con maggior rapidità in tutta la regione, è stata enfatizzata dal fatto che si è verificata con il presidente di sinistra Evo Morales. Comprendere il modo in cui il governo di Morales ha ottenuto questa trasformazione è di grande interesse per coloro che cercano un’alternativa al neoliberalismo tormentato dalla crisi.
Prima dell’elezione di Morales avvenuta nel dicembre 2005, i boliviani avevano sopportato 20 anni di neoliberalismo. Una serie di governi di destra avevano privatizzato le compagnie di proprietà statale e  avevano trasferito il controllo di pezzi dello stato a istituzioni finanziarie.
Quando le entrate pubbliche si sono ridotte, il paese è entrato in un circolo vizioso di deficit e di debito. Ogni nuovo bilancio richiedeva ulteriori prestiti internazionali che erano sempre accompagnati da maggiori condizioni restrittive. I prestiti e gli aiuti internazionali hanno finito per coprire circa metà degli investimenti pubblici della Bolivia.
Tuttavia, da quando hanno eletto il loro primo presidente indio in una nazione con una maggioranza di popoli indigeni che precedentemente venivano esclusi, i boliviani hanno sperimentato tassi di crescita economica maggiori che in qualsiasi periodo compreso negli ultimi 35 anni.
Contemporaneamente, la disuguaglianza è stata molto ridotta e il debito pubblico è stato portato sotto controllo. Questi successi sono il risultato della strategia totale del governo di focalizzarsi sul recupero della sovranità sull’economia e sullo stato.
Nazionalizzazioni
Quando Morales prestò giuramento nel gennaio del 2006, disse: “Dopo aver sentito i rapporti avuti dalle commissioni di transizione, ho visto come lo stato non controlla lo stato e le sue istituzioni. C’è una dipendenza totale.”
Ha descritto la Bolivia come “una nazione transnazionalizzata” e ho trovato che, con il pretesto della “capitalizzazione” – un eufemismo usato al posto di privatizzazione – “il paese è stato decapitalizzato”.
Morales ha detto, perciò, che la Bolivia aveva bisogno di “nazionalizzare le nostre risorse naturali e di mettere in atto un nuovo modello economico”.
Questo nuovo modello, noto come “Nuovo modello economico, sociale, comunitario e produttivo”, ha cercato di ridurre il neoliberalismo:
° Riaffermando la sovranità dello stato sull’economia, particolarmente sulle risorse minerarie della Bolivia;
° Abbandonando la tradizionale posizione della Bolivia come paese esportatore di materie prime industrializzando queste risorse;
° Promuovendo i settori produttivi come la produzione e l’agricoltura;
° Redistribuendo la ricchezza del paese per contrastare la povertà;
° Rafforzando la capacità di organizzazione della classe operaia e delle forze dei campesinos (i contadini) come i due pilastri essenziali della transizione al socialismo in Bolivia.
Secondo il ministro dell’economia Luis Arce Catacora, questo modello economico poggia su due pilastri: i settori strategici, come gli idrocarburi e l’attività mineraria     che producono  rendite   e i settori produttivi, come quello manifatturiero,  il turismo, il settore immobiliare  e l’agricoltura che generano profitti e posti di lavoro.
Per infrangere la dipendenza dell’economia dalle esportazioni delle materie prime, il governo ha usato le rendite prodotte nel settore strategico per industrializzare le risorse naturali e promuovere i settori produttivi, mettendo in risalto le imprese collettive, cooperative e a base famigliare.
Un punto programmatico fondamentale del nuovo modello economico è stata la nazionalizzazione del settore degli idrocarburi. Prima della nazionalizzazione, il capitale transnazionale rivendicava l’82% della ricchezza generata dai diritti sul gas. Nel nuovo sistema, lo stato si tiene circa l’80% della rendita del gas. Questo significa che l’ammontare totale del reddito del gas ricevuto dal governo boliviano durante i primi sei anni di Morales era circa sette volte più grande di quello ottenuto durante i cinque anni precedenti.
La raccolta di entrate è stabilito che aumenti ulteriormente, dato che la Bolivia comincia a esportare gas trasformato che ha un valore aggiunto, come risultato del suo programma di industrializzazione.
Il governo di Morales ha anche realizzato le nazionalizzazioni in altri settori strategici come l’attività mineraria, le telecomunicazioni e l’elettricità. Prese nel loro complesso, queste nazionalizzazioni hanno messo in grado lo stato di diventare il maggior protagonista nell’economia.
Al contrario del capitale transnazionale, la cui sola motivazione è il profitto, lo stato ha diretto le sue attività economiche ad assicurare ai boliviani di avere maggiore accesso ai servizi essenziali.
Nei primi 5 anni del governo Morales, il numero di famiglie che hanno l’allacciamento alla rete del gas è salito all’83%.  La percentuale di famiglie con accesso all’elettricità è aumentato dal  20% al 50%, e il numero di comuni con copertura di telecomunicazioni è salita da 110 a 324 su 339.
I boliviani hanno anche beneficiato di un incremento di spesa per la sanità e per l’istruzione, dell’introduzione di benefici per la sicura    sociale, di aumenti di salari e di controllo sui prezzi degli alimenti di base.
Queste politiche a favore dei poveri hanno contribuito a condurre a  un aumento improvviso della domanda interna. Questa è stata la vera forza che ha spinto alla spettacolare crescita economica della Bolivia. La domanda esterna – colpita dalla crisi economica globale – ha avuto un impatto negativo sulla crescita, ma la domanda interna è cresciuta a una media del 5,2% all’anno tra il 2006 e il 2012.
Anche la redistribuzione dei fondi da parte dello stato ha contribuito ad alimentare un    aumento del numero delle imprese registrate – da meno di 20.000 nel 2005 a più di 96.000 a metà del 2013. Questo a sua volta ha creato posti di lavoro, provocando una grossa diminuzione della disoccupazione.
Per aiutare a favorire il settore “comunitario” (gestito collettivamente), il governo ha fatto sperimentazioni con piccole imprese di proprietà statale per la produzione di  cibo confezionato, con l’oro e con la produzione di cartone.  Il piano è di trasferire queste compagnie alle comunità locali perché le gestiscano.
Inoltre, più di 20 milioni di ettari di terra sono stati trasferiti alle comunità di campesinos come proprietà comunitaria o sono stati messi sotto il controllo diretto dei proprietari indigeni della terra. Piccoli produttori agricoli ora hanno un accesso preferenziale alle attrezzature, forniture, prestiti senza alcun interesse, e mercati sovvenzionati   dallo stato.
Rifondare lo stato
Questi avanzamenti in campo economico sono stati accompagnati da cambiamenti nel settore politico allo scopo di responsabilizzare le classi indigene e popolari della Bolivia.
Il governo di Morales continua a funzionare nella sua struttura di cultura capitalista e di relazioni sociali profondmente radicate. E’ stato però in grado di usare le maggiori entrate provenienti dalla nazionalizzazione del gas per rompere la sua dipendenza dai finanziamenti internazionali e per iniziare a “nazionalizzare” lo stato.
Dato che le tasse  e le royalty   raccolte dallo stato che erano il  28% del PIL nel 2004  sono arrivate al 45% nel 2010, il debito pubblico è crollato dal 90% del PIL nel 2003 al 31,5% nel 2012.
Questa forte posizione economica ha permesso al governo di   dettare  la sua propria politica interna ed estera, libero da imposizioni decise dalle istituzioni finanziarie internazionali.
Oggi non sono i funzionari degli Stati Uniti o del Fondo Monetario Internazionale che sviluppano le politiche governative; sono invece i movimenti sociali della Bolivia che ricoprono questo ruolo. Per facilitare questo processo, nel 2007 il governo ha iniziato la Coalizione Nazionale per il Cambiamento (CONALCAM).
Il CONALCAM mette insieme le principali organizzazioni indigene e  popolari della Bolivia con rappresentanti statali per coordinare e discutere le strategie.
Quando i dibattiti tra il governo e la sua base sociale si sono trasferiti sulle strade, il governo ha cercato il dialogo e il consenso. Ha ceduto dove era necessario, ma ha sempre tentato di continuare a portare avanti il processo.
Il passo più importante fatto dal governo di Morales nella sfera politica è stato di indire un’Assemblea Costituente eletta. Stabilita per riscrivere la costituzione della Bolivia, lo scopo dell’Assemblea era di creare un nuovo stato “plurinazionale” che ha finalmente riconosciuto le “nazioni” indigene precedentemente escluse e ha fornito loro una struttura legale per aiutarle a portare avanti le loro richieste.
Le tradizionali élite della Bolivia hanno cercato di bloccare i cambiamenti spinti dall’Assemblea Costituente. La loro opposizione alla minaccia ai loro interessi da una nuova costituzione ha innescato il loro tentativo di colpo di stato senza successo del settembre 2008. La profonda natura della mobilitazione di classe in questo periodo, unita all’abilità del governo di Morales di espandere e unire la sua base di supporto tra le classi  indigene di lavoratori, i militari e a livello internazionale, è stato il fattore chiave nella sua capacità di sopprimere la rivolta della destra.
Malgrado alcune importanti debolezze, la versione finale della costituzione approvata alla fine del 2008 è generalmente considerata come una conquista importante  dei movimenti sociali. Soddisfa tre richieste fondamentali del movimento sociale: il pluri-nazionalismo, l’autonomia indigena e il controllo popolare sulle risorse naturali.
La nuova costituzione ha facilitato il processo di “decolonizzazione” dello stato. Per esempio, ha preparato la strada per le prime elezioni popolari per eleggere le autorità giudiziarie.
Dopo le elezioni dell’ottobre 2010, un numero record di donne (il 50%) e di indigeni (il 40%) sono arrivati a frotte nella magistratura  l’accesso alla quale in precedenza era ristretto a coloro che avevano legami con i tradizionali partiti dominanti della vecchia élite.
‘Governare obbedendo’
Il governo di Morales ha dimostrato che è possibile un’alternativa al neoliberalismo. Al centro di questa c’è stato il recupero del controllo popolare sullo stato e l’economia. I risultati sono evidenti.  Nessuno di questi è stato facile: il governo ha dovuto fronteggiare  una rivolta della destra che minacciava di diventare un colpo di stato militare. Ha dovuto anche fronteggiare un apparato statale capitalista che aveva ereditato e che è in gran parte  sprovveduto  per attuare riforme progressiste.
Infine ha affrontato proteste da parte dei suoi sostenitori che si sono mobilitati per    le  speciali  richieste dei loro settori.
Malgrado questo, dopo 10 anni, il governo di Morales continua ad avere il sostegno della maggior parte dei boliviani. Questo è stato possibile perché la maggioranza è d’accordo con la strategia e perché Morales è restato fedele alla sua parola di “governare obbedendo” al popolo.
Coloro che cercano di apprendere lezioni dall’esempio della Bolivia dovrebbero anche imparare da questo tipo di approccio al modo di governare.

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