Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

domenica 9 agosto 2015

Grecia: un dibattito strategico nella sinistra

Eduardo Almeida
Kouvelakis, della sinistra di Syriza

La vittoria elettorale di Syriza e l’accordo fatto dal governo Tsipras con l’Unione europea hanno fatto sorgere una discussione strategica nella sinistra a livello mondiale. Si tratta di una riproposizione del vecchio dibattito tra riformisti e rivoluzionari in pieno XXI secolo.  Ora, dopo l’accordo Unione europea-governo, la polemica si riapre con l’enorme vantaggio della pratica politica come criterio di verità.
Le conclusioni sul governo Tsipras non servono solo per la Grecia, ma anche per altri Paesi con partiti riformisti simili a Syriza come Podemos in Spagna, il Bloco de esquerda in Portogallo, l’Npa in Francia o il Psol in Brasile.
Una parte interessante di questa discussione è rappresentata dall’eccellente dibattito tra Stathis Kouvelakis (della Piattaforma di sinistra di Syriza) e Alex Callinicus (dirigente del Swp della Gran Bretagna).

Un accordo fondamentale
Cominciamo da un punto di accordo fondamentale con Kouvelakis. Egli fa una valutazione assolutamente corretta dell’errore strategico del governo Syriza. Citiamo:
“Credo che quello che sta succedendo in Grecia è il fallimento di una strategia politica, e quando diciamo che una strategia politica fallisce completamente, significa che alla fine della storia ci ritroviamo solamente con opzioni pessime o disastrose… Questa strategia si appoggiava su due pilastri. Da un lato, si basava su una dissociazione della questione del debito dalla questione dell’austerità. Non è necessario dire che, come molti settori della sinistra radicale dentro e fuori Syriza avevano preannunciato, questa strategia si è dimostrata completamente irrealistica e irralizzabile.
Per quanto riguarda il debito, era chiaro che i creditori non avrebbero accettato alcuna discussione, né tantomeno un accenno della parola ‘cancellazione’. Al massimo avrebbero discusso una ristrutturazione che non avrebbe implicato nessuna soluzione reale, poiché attenuerebbe solamente il peso del debito. Per quanto riguarda la messa in piedi di misure anti-austerità del programma di Tessalonica, che si supponeva dovesse essere attuata in ogni caso, si è dimostrata completamente illusoria… i settori dominanti hanno reagito in maniera immediata e brutale, nella forma più violenta che avevano a portata di mano, utilizzando l’arma del denaro, la liquidità monetaria.
Questa ideologia, che attualmente è condivisa dalla maggioranza delle forze della sinistra radicale europea (se mi permettete, la “sinistra europeista”), è la radice del problema. E la sconfitta che stiamo scontando in Grecia ha a che fare con il fallimento di questa strategia”. (Dibattito Kouvalakis-Callinicos – "Verso dove va la Grecia?")
In un altro articolo, Kouvelakis aggiunge:
“Così per questa gente la scelta è tra due cose: o essere ‘europeo’ e accettare il quadro esistente, che in qualche modo rappresenta un passo in avanti rispetto alla vecchia realtà degli Stati-nazione, o essere anti-europeo’ che è uguale a tornare al nazionalismo, un movimento reazionario e regressivo. Questa è un modo molto debole con cui si legittima l’Unione europea: ‘Può non essere ideale, però è meglio di qualsiasi altra opzione sul tavolo’.
Penso che in questo caso possiamo vedere chiaramente qual è la ideologia che si mette in gioco. Nonostante non stiano nel progetto e abbiano seri dubbi circa l’orientamento neoliberale e la struttura gerarchica delle istituzioni europee, ad ogni modo si legano a queste coordinate e non possono immaginare niente di meglio al di fuori di questo quadro.
Credo che questo dica molto sulla sinistra di oggi. La sinistra è piena di gente che ha buone intenzioni, che però sono totalmente impotenti sul terreno della politica reale. Però dice molto anche sul tipo di devastazione mentale che causa un qualche tipo di credenza religiosa nell’europeismo. Questo significa che, fino alla fine, questa gente ha creduto di poter ottenere qualcosa dalla troika, ha pensato che tra i “soci” avrebbero potuto ottenere un qualche tipo di compromesso, che condividevano un qualche nucleo di valori come il rispetto e il mandato democratico, o la possibilità di una discussione razionale basata su argomenti economici”. ("Grecia: la lotta continua”, Sebastian Budgen e Stathis Kouvelakis, 15 luglio 2015).
Citiamo ampliamente Kouvelakis perché si tratta di una discussione strategica, una delle più importanti conclusioni dell’episodio greco. Egli sostiene due conclusioni categoriche con le quali concordiamo completamente.
La prima è che non si può pensare a piani economici all’interno dell’eurozona che non siano piani di austerità. Detto in altra maniera, non si può accettare di essere parte dell’Unione europea, e la conseguente sottomissione all’imperialismo tedesco e francese, e sognare che questi governi accettino un tipo di piani che non siano di austerità. Questi piani garantiscono i guadagni delle banche imperialiste e non possono essere messi in questioni senza una rottura con il proprio imperialismo e l’Unione europea.
La seconda conclusione è che l’ideologia di adattazione all’Unione europea di tutta la “sinistra europeista” è alla radice di questa strategia fallita. Questa visione per cui l’Unione europea è “progressiva” e che può essere “riformata” nei suoi aspetti negativi si scontra apertamente con la realtà. L’Unione europea nasce da un trattato che impone agli altri Paesi europei la dominazione degli imperialismi tedesco e francese.
Non c’è modo di riformare l’Unione europea, così come non c’è modo di riformare lo Stato borghese. È necessario distruggere la dominazione imperialista rompendo con l’Unione europea e la zona euro. Questo non ha nulla a che vedere con un nazionalismo retrogrado, ma con la necessità di una lotta antimperialista. Lasciare questa bandiera nelle mani dell’estrema destra ha come conseguenza la preparazione di nuovi disastri.
La “tragedia greca” ravviva l’importanza di questo dibattito con il complesso della sinistra europea. Secondo Kouvelakis, questa strategia è fallita completamente. Siamo completamente d’accordo. 
Egli potrebbe aggiungere che, oltre alla mancanza di una strategia antimperialista, è mancata anche una posizione direttamente anticapitalista del governo Tsipras in Grecia. Per esempio, è stato un errore non avanzare verso l’espropriazione di settori imprenditoriali come le banche.
Ma analizziamo l’accordo che abbiamo con Kouvelakis, che è molto più importante. Kouvelakis, tuttavia, non trae le conclusioni evidenti da questa affermazione per il resto d’Europa. Fare affermazioni simili dovrebbe condurre a rifiutare anche la piattaforma elettorale di Podemos, che promette di migliorare la situazione del popolo spagnolo senza rompere con l’euro, esattamente come Syriza. Tutta la crescita elettorale di Podemos è stata largamente legata alle aspettative generate da Syriza in Grecia. Ora è tempo di dirlo chiaramente: non si possono ripetere in Spagna gli stessi errori strategici di Syriza. Questo significa dotarsi veramente di un piano anticapitalista in Spagna, di rottura con l’euro e per non pagare il debito alle banche imperialiste. E basta applicare questa stessa conclusione anche alla realtà portoghese per mettere in discussione i piani del Bloco de Izquierda, quasi una replica di quelli di Syriza.
Se analizziamo la situazione attuale dell’imperialismo, giungeremo facilmente alla conclusione che la riproduzione degli stessi piani neoliberali in tutto il mondo non è altro che l’espressione della sottomissione di questi Paesi al capitale finanziario internazionale. Questo impone gli stessi limiti ai progetti riformisti in tutto il mondo.
Il Psol in Brasile punta alla stessa strategia di Syriza. Luciana Genro (della stessa corrente interna del Psol di Pedro Fuentes, il Mes), candidata alla presidenza per questo partito nelle passate elezioni, ha sostenuto esplicitamente due mesi fa, in un dibattito con José Maria de Almeida (Pstu), al II Congresso della Csp-Conlutas, la necessità di ripetere in Brasile l’esperienza di Syriza in Grecia.
Forse Kouvelakis non si è reso conto della gravità della sua conclusione: l’esperienza greca dimostra che la strategia fondamentale dei nuovi partiti riformisti si è rivelata fallimentare. La piattaforma elettorale di base di questi partiti include piani di crescita e di redistribuzione delle rendite senza smettere di pagare i debiti pubblici e senza rompere con la dominazione imperialista. Tra l'altro spesso non possono nemmeno contare su di un periodo di crescita economica come quello che ha avuto il Pt in Brasile. Si limitano pertanto a gestire direttamente la crisi capitalista. Si tratta di un piano tanto illusorio come quello di Syriza in Grecia, un riformismo senza riforme.

Che tipo di “accordo” è stato fatto?
Abbiamo un altro punto d’accordo fondamentale con Kouvelakis: l’“accordo” imposto è stato il più duro accettato dalla Grecia, e ha generato il peggiore piano di austerità applicato in quel Paese. Citiamo:
“L’accordo è, a tutti i livelli, una continuazione completa della ‘terapia d’urto’ applicata consistentemente in Grecia negli ultimi cinque anni. Va anche più in là di tutto quello che era stato votato fino ad ora. Include un pacchetto di austerità che veniva presentato dalla Troika da mesi, con grandi avanzi primari, aumentando le entrate dell’Iva e le imposte eccezionali che sono state create in questi ultimi anni, più tagli alle pensioni e ai salari del settore pubblico, dato che la riforma della scala retributiva implicherà tagli ai salari.
Ci sono anche cambiamenti istituzionali importanti, con gli ingressi finanziari che si rendono completamente autonomi dal controllo politico nazionale, trasformandosi di fatto in uno strumento nelle mani della Troika, e la creazione di un altro consiglio ‘indipendente’ che monitora la politica fiscale, con il potere di introdurre automaticamente tagli orizzontali se gli obiettivi in termini di avanzo primario non vengono raggiunti.
Ciò che è stato aggiunto, e che dà un sapore particolarmente feroce a questo accordo, è questo: in primo luogo conferma enfaticamente che il Fmi è qui per rimanere; in secondo luogo, le istituzioni della Troika saranno permanentemente presenti ad Atene. Terzo, si è impedito che Syriza implementasse due dei suoi più grandi obiettivi, come ristabilire la legislazione lavorativa (ci sono alcuni riferimenti vaghi ad una migliore pratica europea, però è esplicito che il governo non può tornare alla legislazione passata) e, naturalmente, questo è vero anche in relazione al salario minino.
Il programma di privatizzazioni raggiunge un livello incredibile (stiamo parlando di circa 50 miliardi di privatizzazioni) così che tutti i beni pubblici saranno venduti. Non solo, ma saranno anche trasferiti ad una istituzione completamente indipendente dalla Grecia. Si è detto che una parte starà in Lussemburgo (adesso avrà la sede ad Atene) ma sarà completamente spogliata di qualsiasi forma di controllo politico. Questo è tipico del processo Treuhan che ha privatizzato tutti i beni pubblici in Germania dell’est.” ("Grecia: la lotta continua", Sebastian Budgen e Stathis Kouvelakis, 15 luglio 2015)
In sostanza il piano include tagli ai redditi dei lavoratori (in particolare per l’aumento delle tasse), attacchi alle pensioni (l’età passa sa 62 a 67 anni), privatizzerà praticamente tutto quello che rimaneva delle imprese statali (incluso il porto del Pireo), e consegna le statistiche e il controllo del deficit pubblico nelle mani della Troika.

C’è stato o no un tradimento Grecia?
Tenendo presente questi due accordi fondamentali con Kouvelakis, passiamo alle polemiche.
Nel testo citato, Kouvelakis nega che ci sia stato un "tradimento" in Grecia: “In ogni modo, la nozione di ‘tradimento’ significa solitamente che in qualche momento si prende la decisione cosciente di rinnegare i propri impegni. Ciò che penso sia successo realmente è che Tsipras pensava onestamente di potere uscire vincente portando avanti un approccio incentrato sui negoziati e la buona volontà, e per questo dice costantemente che non c’era un piano alternativo.”
Pedro Fuentes sostiene incondizionatamente questa posizione, citando anche lo stesso Kouvelakis: “In questo stesso articolo Kouvelakis dice che, per questa continuità nella linea di negoziato di Tsipras, pensa che la parola ‘tradimento’ sia inappropriata.” (citiamo dall'articolo: "Note sul memorandum imposto dalla Troika e la situazione di Syriza").
Noi, al contrario, affermiamo che c’è stato un tradimento in Grecia. Un tradimento che sarà ricordato per molti anni.
Non siamo per niente d’accordo con quelle sette che vivono accusando costantemente tutti di “tradimento”. La volgarizzazione di questo termine annulla la gerarchia dei veri tradimenti. Si tratta dello stesso errore di quelli che chiamano “fascisti” tutti i governi autoritari, ignorando la precisa caratterizzazione del fascismo come processo politico e sociale che utilizza metodi di guerra civile contro la classe operaia e la mobilitazione della piccola borghesia impoverita come base sociale.
Possiamo parlare di "tradimenti", secondo un criterio marxista, quando un partito o un movimento appoggiato dalla classe operaia si allea con la borghesia e attacca duramente i lavoratori ignorando gli espliciti compromessi precedenti, con effetti duraturi e gravi. Stiamo parlando di episodi storici, come l’appoggio della socialdemocrazia europea alle sue borghesie nella Prima guerra mondiale, la burocratizzazione dello Stato operaio russo da parte della burocrazia stalinista, l’adesione del Poum spagnolo al Fronte popolare nel 1936 e altri episodi dello stesso calibro.
Fatta questa premessa, quello che è successo in Grecia è stato un tradimento. Il governo Syriza è stato eletto sulla base di una piattaforma contraria ai piani di austerità. A causa delle pressioni dei governi imperialisti, ha convocato un referendum che ha detto NO al piano proposto dall’Unione europea. Poco dopo ha accettato un piano di austerità anche peggiore di quello che era stato respinto dalle masse popolari greche nelle elezioni e nel referendum.
Si tratta di un’azione oggettiva assolutamente contraria e opposta a quello che era stato promesso e alla volontà delle masse popolari greche. Kouvelakis e Pedro Fuentes, per sfuggire a questa ovvia contraddizione, fanno appello a una definizione soggettiva di tradimento: “Una decisione cosciente di rinnegare i propri impegni”. Kovelakis dice che Tsipras “pensava onestamente che avrebbe potuto uscire vincente portando avanti un approccio incentrato sui negoziati e la buona volontà”. Quindi, secondo loro, non c’è stato tradimento perché Tsipras non voleva tradire. Con questa prospettiva soggettiva si passa a un errore opposto a quello delle sette che vedono “tradimenti” dappertutto. Secondo Kouvelakis e Pedro Fuentes non c’è nessun tradimento se colui che tradisce non vuole tradire coscientemente.
Con questo tipo di approccio, si lascia completamente da parte qualsiasi valutazione non solo marxista e di classe, ma anche qualsiasi analisi oggettiva, passando a giudicare le intenzioni soggettive. Passiamo dal terreno della lotta di classe a una improvvisazione empirica e superficiale di psicologia.
Stalin aveva già, da quando era ancora bolscevico nella Rivoluzione russa del 1917, l’intenzione di comandare la controrivoluzione burocratica? I dirigenti della socialdemocrazia tedesca, quando ancora erano il riferimento per tutta la sinistra rivoluzionaria agli inizi del XX secolo, avevano già l’intenzione di appoggiare la carneficina della Prima guerra mondiale? 
Se il piano di austerità concordato tra il governo greco e l’Unione europea non fosse un tradimento, sarebbe difficile definire cosa sia.
Non è corretto nemmeno l’atteggiamento di una parte dei sostenitori di Syriza che ignorano la responsabilità del governo Tsipras con l’argomento che “non aveva alternative”. Come non aveva alternative? Questo è lo stesso argomento che usavano i precedenti governi di destra per accettare i piani di austerità.
Nel medesimo senso, quello cioè di tentare di discolpare il governo Tsipras, va l’atteggiamento delle direzioni di Podemos, Bloco de Esquerda e Psol di sostenere che “il principale nemico della Grecia è l’autoritarismo del governo tedesco”. In realtà, il governo Tsipras è il principale punto di appoggio per l’implementazione del piano di austerità dell’imperialismo.  

Syriza è o non è un partito riformista?
Secondo Kouvelakis e Pedro Fuentes Syriza non è un partito riformista. Dice Kouvelakis: “(...) vedo il riformismo come un tipo di progetto politico coerente che cerca di migliorare le condizioni della classe lavoratrice, e ottenere benefici materiali per questa classe nei limiti del sistema capitalista. È un tipo di compromesso con il capitalismo che è parzialmente, ma concretamente, favorevole alla classe lavoratrice. È un progetto che ha funzionato per anni in Europa e in molti altri luoghi. Chiaro, con i suoi propri limiti strutturali: non può andare oltre il capitalismo. Si tratta del riformismo storico. Syriza non ha lo stesso tipo di coesione. Può piacere o no, però l’identità di Syriza è anticapitalista. È un partito che cerca di distruggere il capitalismo attraverso la transizione al socialismo, definendo socialismo come la socializzazione dei mezzi di produzione.” (“Grecia: la lotta continua”, Sebastian Budgen e Stathis Kouvelakis, 15 luglio 2015).
Per contestare la caratterizzazione di Syriza come riformista, Kouvelakis argomenta che il Pasok (socialdemocratico e notoriamente riformista) fece riforme reali, che furono rivendicate dal popolo greco. E che Syriza non sarebbe questo, ma “un partito anticapitalista”.
Non siamo d’accordo con Kouvelakis nel caratterizzare il riformismo della socialdemocrazia del passato come progressivo. Il riformismo ha utilizzato tutte le conquiste parziali dei lavoratori per deviare i processi rivoluzionari. In seguito, negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, è stato l’agente diretto dei governi nell’implementazione dei piani neoliberisti che ritirarono quegli stessi diritti. Il riformismo è stato e continua ad essere un pilastro della dominazione borghese tra i lavoratori. Tuttavia, questa non è la differenza maggiore che abbiamo con Kouvelakis in questo campo. La più importante è che egli non caratterizza Syriza come riformista.
È vero che tra Syriza e il vecchio riformismo della socialdemocrazia e dello stalinismo esistono enormi differenze. Cominciando dal fatto che il vecchio riformismo aveva legami organici con il movimento operaio (sindacali e politici) molto più solidi che Syriza. Tanto i partiti socialdemocratici come quelli stalinisti europei dirigevano centrali sindacali importanti, e avevano solide basi politiche ed elettorali di decine di anni nel proletariato. Per arrivare a mettere queste radici, ci furono momenti in cui questi partiti conquistarono riforme per i lavoratori appoggiandosi a situazioni come quella del secondo dopoguerra (il cosiddetto Stato sociale).
Al contrario, Syriza y Podemos (e, a un livello molto minore, il Bloco de Esquerda, l’NPA e il Psol in Brasile) sono fenomeni elettorali, con un radicamento sociale e politico molto più fragile tra i lavoratori. Oltre a questo, devono affrontare un momento differente del capitalismo, con crisi economiche che non danno spazio per riforme né per concessioni ai lavoratori.
Queste differenze rendono molto più fragili questi nuovi partiti riformisti. Il tempo dell’esprienza delle masse con loro è molto minore che col vecchio riformismo. Ma questo non cambia il carattere riformista di questi nuovi partiti. Le loro piattaforme elettorali sono riformiste, per questo propongono piani economici che non siano di “austerità” senza rompere con l’imperialismo.
Questi nuovi partiti riformisti hanno anche avuto una evoluzione nel tempo. Quando nacquero le loro prime versioni, come Rifondazione comunista in Italia, l’Npa (Nuovo partito anticapitalista) in Francia e il Bloco de Esquerda in Portogallo, si definivano come “anticapitalisti”. In quel momento, questa era già l’espressione di una svolta a destra, nella misura in cui alcune di queste organizzazioni avevano origini trotskiste (in particolare nel cosiddetto Segretariato unificato della Quarta Internazionale). Tuttavia, dopo i primi fallimenti di queste esperienze, i partiti riformisti sorti successivamente (come Syriza e Podemos) non si definiscono più nemmeno come “anticapitalisti”. Affermare che Syriza è “anticapitalista” è quasi una calunnia contro Tsipras che in ogni momento ha evitato chiaramente di confondersi con qualsiasi progetto antimperialista e anticapitalista. Il nome “Syriza” (che in greco vuol dire “sinistra radicale”) è tanto illusorio quanto lo era il “socialista” della socialdemocrazia o il “comunista” degli stalinisti.

Che bilancio fare?
L’ala sinistra di Syriza (della quale Kouvelakis è uno dei principali esponenti) ha partecipato al governo Tsipras. Pedro Fuentes, prima dell’elezione di questo governo, aveva sostenuto la possibilità di partecipare a un governo di questo tipo.
E ora che bilancio ne fanno?
Secondo Pedro Fuentes, l’appoggio al governo Syriza è stato assolutamente corretto: “Questo non significa credere che ci sbagliavamo nella nostra politica di appoggio a Syriza. Al contrario, ne siamo orgogliosi. I gruppi di ultrasinistra che, da adesso e per diverso tempo, ripeteranno con una certa allegria ‘Visto? Abbiamo avuto ragione’, e continueranno dicendo che Syriza ‘non è rivoluzionaria come noi’, siano chi siano, non hanno nessuna ragione e nessun futuro, come afferma nella sua ultima ed eccellente nota Statis Kouvelakis. Senza Syriza al governo non ci sarebbe stata nessuna disputa, non ci sarebbe stata nessuna possibilità, questa era e continua ad essere ‘l’unica’ scommessa possibile, perché esprimeva il livello di coscienza e il grado di organizzazione delle masse in questo periodo storico.”
Kouvelakis e Pedro Fuentes riaffermano che avevano ragione su questo. L’argomento fondamentale, secondo Pedro, è che “questa era l’unica” (e continua ad esserlo) “scommessa possibile”, perché esprimeva “il livello di coscienza e il grado di organizzazione delle masse in questo periodo storico”.
Cioè, quello che giustifica l'appoggio e la partecipazione al governo di Syriza è che quest’ultimo aveva il sostegno popolare. Nulla di nuovo. Questo è l’argomento di tutte le correnti che si sono adattate ai governi borghesi diretti da partiti riformisti (come il Pt in Brasile) o nazionalisti borghesi (come quello di Chavez in Venezuela).
Noi partiamo da una valutazione marxista, di classe. Non è casuale che né Kouvelakis né Pedro parlino del carattere di classe del governo Tsipras. Tuttavia, il marxismo (la “teoria” tanto negata da queste correnti) comincia la sua valutazione della realtà esattamente dalla valutazione delle classi sociali.
Nella polemica precedente con Pedro, abbiamo detto che un probabile governo Syriza non si sarebbe potuto interpretare come “la sinistra anticapitalista al potere”. Arrivare al governo con un partito riformista attraverso le elezioni e prendere il potere sono cose molto diverse. Lo Stato borghese con le sue istituzioni fondamentali (incluse le forze armate) sarebbero preservate (nel primo caso). Un governo diretto da un partito riformista, col mantenimento dello Stato borghese, è un governo borghese.
La discussione precedente era sulla partecipazione o meno a un governo borghese. Pedro Fuentes cercò di giustificare la sua posizione dicendo che un possibile governo si sarebbe potuto inquadrare “come un governo anti-austerità” nei criteri dei “governi operai” definiti dalla III Internazionale, ai quali poteva paragonarsi.
Oggi, basta rileggere l’articolo di Pedro per provare la distanza tra le sue previsioni e la realtà del governo Syriza. In realtà, egli compie un funambolismo teorico (molto comune in questa corrente) per tentare di giustificare l’ingiustificabile: far parte di un governo borghese. Kouvelakis si rifiuta di entrare in questa discussione, dicendo cose come: “Credo che anche se in questa situazione sono in ballo temi teorici molto più generali, dovremmo iniziare con l’analisi concreta della situazione concreta.”
Pedro Fuentes e la sua corrente (il Mes) hanno commesso questo stesso errore diverse volte. Per esempio, hanno appoggiato il governo di Chavez in Venezuela e arrivarono anche a concordare con il suo appello alla costruzione di una “V Internazionale”: “(...) Chavez ha fatto una proposta che, a nostro modo di vedere, è progressiva di fronte al vuoto internazionale esistente; un avanzamento che potrebbe trasformarsi in un salto per creare una nuova alternativa alla situazione attuale di crisi capitalista che stiamo vivendo, per dare una risposta alla politica imperialista. La risposta del Psol a questo appello, come quella di tutti coloro che si definiscono antimperialisti e socialisti, come già hanno fatto altre forze socialiste come l’Npa francese, deve essere affermativa e quindi diciamo ‘presenti’: siamo e saremo qui perché vogliamo partecipare alla costruzione di questo processo che sta appena cominciando e che ha come prossima scadenza fissata la riunione di fine aprile a Caracas” (“L’appello di Chávez a formare una V Internazionale e l’attuale situazione mondiale”, dicembre 2009).
Leggendo queste affermazioni e guardando la situazione attuale del governo Maduro si può sentire una distanza tanto abissale come tra la definizione di Pedro su un futuro governo Syriza ("governo operaio utilizzando i criteri della III Internazionale") e la realtà dell’accordo Tsipras-Unione europea.
Da parte nostra, non si tratta di una posizione settaria o dogmatica. Solo la riaffermazione del marxismo come strumento scientifico di interpretazione della realtà in quanto basato sulla valutazione delle classi sociali in lotta. Caratterizziamo l’attuale governo greco come borghese perché non si può definire il carattere di classe di un governo per l’origine di classe di chi lo dirige. Non si poteva caratterizzare il governo Lula in Brasile come “operaio” per l’origine sociale di Lula. Quello che è fondamentale è caratterizzare il governo secondo la classe sociale alla quale risponde.
Il governo borghese di Tsipras ha finito per adeguarsi alla imposizione dell’imperialismo tedesco perché, in quanto governo borghese, non è disposto a rompere con il capitalismo. Per questo si è adeguato alla realtà attuale dell’imperialismo.
Una ulteriore dimostrazione che il governo Syriza si è integrato nella dominazione imperialista è stato il recente accordo militare (26/7) firmato da Grecia e Israele che assicura esercitazioni militari congiunte tra le loro forze armate e protezione legale ai militari di entrambi i Paesi. Israele ha un accordo simile con il suo grande alleato, l’imperialismo statunitense. Con il governo Syriza, la Grecia non solo continua ad essere parte dell’Unione europea ed applica un piano di austerità, ma rimane anche nella Nato (l’alleanza militare imperialista guidata dall’imperialismo statunitense) e firma un accordo diretto con il governo fascista di Israele.
L’ala sinistra di Syriza ha partecipato a un governo borghese, che non era certamente un governo “anti-austerità” come tentava di sostenere Pedro Fuentes. Questo governo ha compiuto un tradimento del popolo greco. Però il bilancio che fa la sinistra di Syriza è che la sua politica è stata “corretta” e Pedro Fuentes arriva a dire che è orgoglioso di questa politica.
L’argomento è ancora più fuori luogo nella realtà greca. Incolpare il livello di coscienza delle masse greche per quello che è successo è un’assurdità. Contro una gigantesca operazione dei mezzi d’informazione, le masse popolari greche hanno detto NO nel rederendum, in una bellissima manifestazione di coscienza contro i piani di austerità. Tsipras, la mattina del giorno seguente, ha cacciato Varoufakis dal ministero delle Finanze per facilitare la ricostruzione del SI', scontrandosi con la coscienza delle masse.
Per questo noi, al contrario, affermiamo che si è confermato un’altra volta il criterio marxista di non partecipare a governi borghesi. L’argomentazione secondo cui hanno l’appoggio delle masse, una volta di più, non giustifica la partecipazione. Come abbiamo già detto in un precedente articolo: “La logica è semplice: siccome questi governi sono ‘popolari’, ci uniamo a loro. Però, in realtà, questa non è una ‘scelta a favore delle masse’, ma una scelta a favore dei governi. Anche quando un governo borghese ha l’appoggio delle masse, è necessario saper rimanere in minoranza. I bolscevichi l’hanno fatto nel 1917 di fronte al governo provvisorio, ‘spiegando pazientemente’ alle masse che quello non era il ‘loro governo’, come queste pensavano. Solo perché seppero restare in minoranza poterono poi trasformarsi in maggioranza quando le condizioni oggettive cambiarono.” (“Su un possibile governo Syriza”).

Il governo Syriza è “in disputa”?
Esiste un altro tema in questo dibattito su questi nuovi partiti riformisti. Tanto Syriza come Podemos, il Bloco de Izquierda e il Psol si basano sul concetto della “unità tra riformisti e rivoluzionari”.
Questo tipo di unità è stata sostenuta teoricamente dalla direzione del Segretariato unificato [l'organizzazione che fino a qualche anno fa era rappresentata in Italia da Sinistra Critica, e oggi da Sinistra Anticapitalista di Turigliatto, ndt] come una delle conclusioni che dovevano essere tratte dagli avvenimenti dell’est europeo (la restaurazione del capitalismo), dato che, secondo questa corrente, le barriere tra riformisti e rivoluzionari si stavano superando.
L’esperienza greca può essere considerata come definitiva anche in questo senso. Dopo che Syriza è arrivata al governo, il settore riformista di Tsipras ha orientato la politica del governo, senza nessuna attenzione a quello che pensavano le correnti della sinistra e i settori rivoluzionari presenti nel suo partito. Succede in questi casi esattamente quello che succedeva con il vecchio riformismo della socialdemocrazia al potere: costituiscono governi borghesi diretti da partiti riformisti. Questi governi applicano la politica determinata dalle necessità della borghesia.
C’è stato un fatto simbolico: il Comitato centrale di Syriza ha votato in maggioranza contro l’accordo con la Troika. Nonostante questo, l’accordo è stato approvato dal governo e dal parlamento, dimostrando che, per dirla con le parole di Kouvelakis, “quello che abbiamo visto chiaramente in questo periodo è che il governo, la direzione, si è resa completamente autonoma dal partito”.
La “unità tra riformisti e rivoluzionari”, quando un partito riformista come Syriza arriva al governo, si rivela ancora una volta come un errore catastrofico.
Tuttavia, per sfuggire a questa realtà, Pedro Fuentes si difende con un altro errore: la tesi del “governo in disputa” (“Se Syriza vince le elezioni che succede con la questione del potere?”). Questa politica ha dimostrato una volta ancora i suoi risultati: non esiste nessuna “disputa”: il settore riformista ha imposto la sua politica e basta. Come ha detto la sinistra di Syriza, nelle parole dello stesso Kouvelakis: “Così è vero che c’è stata una specie di mancanza di realismo elementare e che questo era direttamente legato al problema maggiore che la sinistra deve affrontare oggi, cioè la nostra stessa impotenza”.

E ora?
Il dibattito su quello che potrebbe fare un governo Syriza ha già avuto una risposta dalla realtà. Indipendentemente dal fatto che siamo d’accordo o meno sul fatto che ci sia stato o no un tradimento in Grecia, non si può negare la realtà: Tsipras sta implementando il peggiore piano di austerità applicato in Grecia.
E ora, quale deve essere l’atteggiamento della sinistra rivoluzionaria di fronte al governo Tsipras? La risposta più ovvia dovrebbe essere la rottura con il governo e il tentativo di costruzione di un polo di resistenza contro il piano di austerità applicato da Tsipras. Tuttavia, non è questa la valutazione di Kouvelakis, anche se egli fa una valutazione critica e dura di questo governo: è arrivato a prevedere che sarà “un governo che sappiamo che sarà lentamente digerito dalla logica dell’amministrazione del neoliberismo.”
Tuttavia Kouvelakis si rifiuta di rompere con il governo. Lafazanis è stato ministro di Tsipras in rappresentanza di questa ala sinistra di Syriza e non si è dimesso nemmeno dopo l’accordo. È uscito dal governo perché è stato cacciato da Tsipras per aver votato contro l’accordo nel parlamento. Finora, in tutte le valutazioni della Piattaforma di sinistra non esiste alcuna conclusione di rottura con il governo.
Secondo Pedro Fuentes, si deve continuare con la politica del “governo in disputa”: “Noi pensiamo che si dovrà evitare che ci sia una maggiore frammentazione nel movimento delle masse e una situazione di crisi che porti al caos, un caos politico-sociale che potrebbe anche favorire la destra. Non dobbiamo essere impressionisti. Non è scartata l’ipotesi che il governo ottenga una certa stabilità relativa per alcuni mesi e che questo porti a condizioni nelle quali si prepari l’uscita dall’euro. È una ipotesi e non possiamo scommettere politicamente che si verificherà. L’obiettivo che ci si pone è costruire un piano economico alternativo e una politica capace di portarlo avanti e che per questo possa contrare sul supporto delle masse.”
A nostro modo di vedere, l’ala sinistra di Syriza deve rivedere questa posizione sbagliata. È fondamentale combattere il governo borghese di Tsipras e il suo piano di austerità. Il principale punto di appoggio attuale degli imperialismi tedesco e francese in Grecia è il governo Syriza che applica il suo piano economico. Rompere con il governo Tsipras è un punto fondamentale dell'oggi. Senza questo, la sinistra di Syriza continuerà a compiere il ruolo di “copertura da sinistra” del governo borghese di Tsipras. E per questo è anch’essa responsabile per le azioni di questo governo.
Le conseguenze per le sinistre che hanno percorso questo cammino nel passato sono state disastrose. Basta vedere che non è rimasto niente della sinistra peronista argentina, come attualmente non sta restando niente della sinistra chavista e della sinistra petista brasiliana.
È necessario rompere con il governo Tsipras e costruire un altro polo che unifichi i settori che sono rimasti indipendenti dal governo, come la piattaforma Antarsya. È necessario unire questo polo politico con tutti i sindacati e i movimenti studenteschi che siano d’accordo con un programma di lotta al nuovo piano.
Il NO del referendum greco ora deve essere tradotto in un NO al piano di austerità di Tsipras-Unione europea. Per la rottura con l’euro, per il non pagamento del debito e per un piano anticapitalista in Grecia che includa la nazionalizzazione delle banche e che dia la possibilità al popolo greco di mangiare, vestirsi e avere una casa. Per un vero governo dei lavoratori!
 
 

(traduzione dallo spagnolo di Matteo Bavassano)

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