Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 9 ottobre 2015

Il diversamente sindaco

Luciano Granieri


Il sindaco di Roma Ignazio Marino si è dimesso, per ora. 

Il prossimo sindaco di Roma
Non ci stracciamo le vesti più di tanto. Come tanti altri sindaci, era un amministratore schierato  contro gli interessi dei lavoratori. Vedi la criminalizzazione dei dipendenti Ama e Atac , necessaria a scaricare sui lavoratori  stessi  le colpe delle  crisi  aziendali, risultato di  decenni di management clientelare . Criminalizzazione  utile soprattutto  a giustificare il salvifico intervento dei privati nella gestione delle municipalizzate  romane.  Per non tacere del duro proclama  del Primo Cittadino, ormai ex, contro i dipendenti del  Mibact che avevano osato ritardare l’apertura del Colosseo di due ore per tenere un’assemblea sindacale, necessaria a  rivendicare il pagamento degli straordinari non riscossi da mesi . Già perché potrà sembrare strano, ma la gente per lavorare vuole essere pagata. Tutto perfettamente in linea con la strategia di compressione dei diritti dei lavoratori, pianificata  direttamente dal regime renziano. 

Eppure a dimettere il  chirurgo genovese è stato proprio Renzi.  Come mai? Non certo per la faccenda degli scontrini. Andare a cena pagando con soldi non propri, ma della collettività  è  colpa grave ma non decisiva .  E’ molto più grave, in verità,   governare con voti non propri, così come sta facendo colui il quale  ha reclamato la testa di Marino e  sta distruggendo la democrazia nel Paese, ma questa è un’altra storia. 

Le motivazioni vere  della cacciata risiedono nel fatto che  il dottore naif, ha pestato un bel po’ di calli a membri eccellenti di quella casta che si serve di Renzi per salvaguardare i propri interessi. Il buon Ignazio ha messo fine alla cuccagna trentennale della famiglia Cerroni  chiudendo Malagrotta, bancomat da cui i signori della monnezza hanno tratto le loro sconfinate ricchezze ai danni dei contribuenti. E non mi si venga a dire che Roma è più sporca dopo la chiusura del velenificio a cielo aperto dei Cerroni , perché è da tempo immemore che la Capitale trasuda rifiuti da ogni angolo. 

Non contento, Marino è andato a rompere i coglioni nel consiglio di amministrazione di Acea, rivendicando il diritto, come azionista di maggioranza (il comune di Roma detiene il 51% delle azioni),   di condizionare la strategia della multiutilityu dell’acqua e dell’energia. Che impudenza! Come si permette quest’uomo di interferire nei lauti affari che gli altri azionisti, i Caltagirone e la multinazionale Suez,  concludono usando Acea per  turlupinare i cittadini? 

Perfino alla famiglia Tredicine,   i monopolisti dei camion bar, Marino è andato a rompere le scatole, impedendo ai loro  furgoncini, dispensatori di panini e bibite a prezzi da ristorante di lusso di parcheggiare davanti ai  monumenti e nella piazze deturpando le bellezze della Città Eterna.  Poi  tutte quelle coppie gay in fila per essere uniti in matrimonio davanti al Campidoglio hanno fatto incazzare non poco  il potere temporale oltretevere guidato dal Papa star Francesco. Un potere secolare procacciatore di voti e consensi che nessun sindaco di Roma ha osato oltraggiare così palesemente. 

Obbiettivamente le grida e gli alti lai di certi potentati hanno fatto tremare Renzi che già da tempo aveva preparato il foglio di via al sindaco chirurgo. Senonchè quell’impudente di Pignatone, procuratore di ferro, non va a scoperchiare il melmoso pentolone di mafia capitale. In quella  pignatta,  immerso nella melma maleodorante c’è tutto l’establishment capitolino, in costante   combutta con il malaffare  fin dai tempi d’oro della Banda della Magliana. Anche il Pd romano affoga nella melma, compreso alcuni esponenti in squadra con il sindaco, almeno lui rimasto  immacolato. 

Marino quindi torna in auge, almeno come foglia di fico messa a coprire le pubenda  dei democrat romani devastate dal malaffare. Gli affiancano  la badante supeprefetto Gabrielli per gestire i soldi dell’Anno Santo.   Lo marcano stretto due mastini governativi, sgherri di Renzi,  il vicesindaco Causi e l’assessore ai trasporti, lo  juventino  picchiatore di romanisti e  si Tav , Stefano  Esposito. Controllori necessari  a pilotare  il piano di svendita ai privati, così impunemente offesi da Marino, di Atac e Ama. 

La foglia di fico è comunque mal tollerata dai signori che da sempre comandano su Roma e che magari gradirebbero tornare a fare qualche affaruccio in occasione del Giubileo. Così tanto per rinverdire  i vecchi tempi e  in ricordo dei vecchi amici Buzzi e  Carminati.  Parte quindi  il secondo e decisivo assalto al sindaco naif, il quale offre la propria testa su un piatto d’argento impelagandosi nella storia degli scontrini. 

Renzi tuona ad Orfini, il servizievole Presidente  Pd e partywasher delle zozzure democratiche  riformiste  romane: “O tu o lui”. Lui sta per Marino. La risposta è nota. Marino a casa. Arriverà un commissario, imposto dal dominus del consiglio, gradito ai poteri forti, Vaticano compreso, e tutto riprenderà meglio di prima dell'increscioso incidente  Marino. 

Questo fino all’aprile del 2016, quando in base al Testo Unico per gli enti locali si dovrebbero tenersi le elezioni. Ma  dopo tutto sto’  casino non  c’è il rischio di perdere Roma?  Potrebbe vincere Il M5S o i fascisti dei vari millenni . 

E chi l’ha detto che si voterà in primavera? Stanno  stracciando la Costituzione  colpi di minoranza, figuriamoci se non riescono  a modificare il TUEL, magari inserendo qualche articolo ad hoc sui poteri del presidente  del Consiglio legittimato a nominare il sindaco direttamente, qualora eventi particolari lo richiedessero?  I manipoli già bivaccano in Parlamento, che problema ci sarebbe ad introdurre  i Podestà di diretta nomina governativa nelle città?

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