Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 10 ottobre 2015

Quando Italo Calvino scrisse di Italia — Inghilterra ma fuori dallo stadio

Pasquale Coccia

Sport. Lo scrittore quando era redattore dell'Unità a Torino fu incaricato di seguire il primo incontro della nazionale dopo la Liberazione.


E’ pos­si­bile scri­vere un arti­colo su una par­tita di cal­cio che il cro­ni­sta spor­tivo non ha visto? A farlo fu Italo Cal­vino. Il futuro scrit­tore, redat­tore de L’Unità, edi­zione pie­mon­tese, nel 1948 fu inca­ri­cato di seguire l’incontro di cal­cio Italia-Inghilterra, il primo vero match dopo la Lib­razione. Nel 1941, appena diciot­tenne, Italo Cal­vino pub­blicò un breve rac­conto,Il treno degli illusi, narra di una gio­vane ragazza bionda che per lavoro ogni giorno prende il treno con altri pendolari e si diverte a son­dare i viag­gia­tori dello scom­par­ti­mento su una futura pro­fes­sione cui aspi­re­reb­bero. Il pro­ta­go­ni­sta del rac­conto fini­sce per diven­tare un ragazzo di 18 anni, l’alter ego di Cal­vino, il quale con­fida alla bionda signo­rina che vor­rebbe diven­tare un cam­pione di cicli­smo o affer­marsi nella let­te­ra­tura. Cal­vino si cimentò in più occa­sioni nella cronaca spor­tiva, quando lavo­rava al gior­nale fon­dato da Anto­nio Gram­sci, dalle colonne de L’Unità pole­mizzò for­te­mente con il Vati­cano sul ten­ta­tivo di appro­priarsi delle imprese cicli­sti­che di Bar­tali, che non vi sia una netta sepa­ra­zione tra reli­gione e sport, vista la lunga tra­di­zione degli ora­tori, pos­siamo anche capirla, scri­veva Cal­vino, ma rimar­chiamo quella tra cicli­smo e Vati­cano. Il vento della guerra fredda e della con­trap­po­si­zione tra cat­to­lici e com­nisti sof­fiava forte anche tra i raggi delle bici dei cam­pioni. Per tor­nare a quella dome­nica pomriggio di marzo del ’48, Italo Cal­vino per quanto inviato dalla reda­zione a seguire Italia-Inghilterra, non varcò i can­celli dello sta­dio Comu­nale di Torino. Fu attratto da tutto quanto succe­deva intorno allo sta­dio, il bru­li­care dei tifosi, le ban­ca­relle, i baga­rini attivi fin da allora, una delle poche cose che resi­ste al cal­cio glo­ba­liz­zato: “Io la par­tita l’ho vista di fuori. Certo anch’io avrei potuto com­prare un biglietto all’ultimo momento, quando gli sfor­tu­nati baga­rini face­vano di tutto per dar via all’ultimo momento le loro rima­nenze, ma ho pre­fe­rito gustarmi l’atmosfera di festa per le strade, assa­po­rare que­sta dome­nica di festa tanto diversa dalle altre”. Una festa inso­lita per Torino, assor­bita dall’allegria dei tifosi, per l’occasione para­go­nati ai signori ben vestiti che escono dalla messa della dome­nica dalla chiesa di San Carlo. I tifosi pro­ve­nienti da tutta l’Italia, già dal sabato sera riversi tra i tavo­lini dei bar fino a notte fonda, quando gli stril­loni annun­cia­vano i titoli dei quo­ti­diani che man mano usci­vano, secondo Calvino ren­de­vano Torino una metro­poli, anche se per un giorno, pone­vano la città pie­mon­tese fuori dalla sua atmo­sfera set­te­cen­te­sca, quell’allegria allen­tava il gri­giore dei grandi viali e dei sel­ciati. Lo scrit­tore entra nel vivo della par­tita, quella che vede fuori dallo sta­dio: “Su tutte le vie cor­reva la voce di Caro­sio, anche quelli che face­vano gli indif­fe­renti fini­vano per fer­marsi ai croc­chi ad ogni bar. “E’ in rete! E’ entrata! Ha segnato!”. Mac­chè quell’arbitro, lo male­di­cemmo anche noi di fuori strin­gendo i pugni. Certo la sera fu tri­ste vedere par­tire le auto, i pullman, e sen­tire tutti quei com­menti, quelle recri­mi­na­zioni. Dopo un’ora dalla fine della partita, sapevo già tanto che ero anch’io in mezzo agli altri: “Ma Mazzola…ma Eliani”.
Nella pagina in cui Cal­vino pub­blicò il suo arti­colo inti­to­lato Una par­tita che non ho visto, lo storico Paolo Spriano faceva una disa­mina dei can­noni pun­tati con­tro gli ope­rai tra il 1898 e il 1948 da Bava Bec­ca­ris a Scelba. Quella par­tita finì 1 a 0 a favore degli inglesi, un altro cronista spor­tivo dell’Unità, che a dif­fe­renza di Cal­vino andò allo sta­dio, scrisse che durante la tele­cro­naca Nic­colò Caro­sio falsò non poco la cro­naca della par­tita. A spie­gare il per­ché della nostra scon­fitta un arti­colo in taglio basso dal titolo ine­qui­vo­ca­bile Abbasso il divi­smo, che attri­bui­sce i motivi della nostra débâ­cle alla man­canza di serietà dei cal­cia­tori ita­liani, accu­sati di lasciarsi andare alla bella vita not­turna in com­pa­gnia di ragazze, men­tre per lo stile di vita degli inglesi è tutto un elo­gio: “Serietà, serietà ci pareva di veder scritto sulle maglie dei calciatori inglesi, sulle giac­che dei loro tec­nici e dei loro diri­genti… la serietà è l’unico grande segreto della supe­rio­rità inglese, è il segreto di tutti i suc­cessi da quello dell’Inghilterra a quello della Dynamo ( la squa­dra di Mosca, ndr) a quello degli scia­tori nor­dici, a quello di Binda e Bar­tali. I gio­ca­tori inglesi alle sei del mat­tino se ne vanno al campo di alle­na­mento vi tor­nano il pome­rig­gio. Alla sera quando i nostri si fanno notare nelle sale da ballo e nei taba­rini per le sgar­gianti giac­che spor­tive, per i cal­zet­toni mul­ti­co­lori e per le don­nette ele­ganti che hanno in com­pa­gnia, se ne vanno a letto, non bevono e fumano poco”. Nes­suno si salva degli azzurri, qual­che parola di elo­gio per Valen­tino Maz­zola, l’unico in grado di col­pire di testa dall’alto in basso, secondo il cro­ni­sta dell’Unità, un’abilità che tutti i cal­cia­tori inglesi erano in grado di ese­guire insieme a quella di cal­ciare la palla in corsa senza guar­darla “come un buon dattilografo che scrive senza chi­nare la testa”. Non sap­piamo cosa scri­ve­rebbe oggi Italo Calvino sugli azzurri e se oggi pome­rig­gio, in occa­sione dell’incontro Italia-Azerbaigian val­vole per gli Euro­pei 2016, var­che­rebbe i can­celli dell’Olimpia sta­dio di Baku o si fer­me­rebbe incu­rio­sito a osser­vare i tifosi per le strade.

Fonte: Alias del 10 ottobre 2015
Una bella pagina che mostra chi scriveva e cosa era l'Unità prima che lo tsunami riformista la riducesse a megafono dell'ultraliberista cialtrone Matteo Renzi. Agli eredi della Bolognina,  all'ignoranza di Matteo Renzi e la sue truppe cammellata imputiamo anche questo scempio.
Luciano Granieri

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