Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 21 marzo 2017

Viva la Comune di Parigi, primo governo Operaio.

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del
Proletariato d’Italia


Per quale motivo noi proletari rivoluzionari che rivolgiamo lo sguardo al futuro nutriamo un così grande interesse per un avvenimento della seconda metà dell’800, a mala pena citato nei libri di storia? Cosa c'è nella vicenda della Comune di Parigi, durata appena due mesi, che ci spinge oggi – a 146 anni da quell’evento e a un secolo dalla Rivoluzione Socialista d’Ottobre – a studiarla con il più grande interesse, ad afferrarne il significato, a fare nostra la sua lezione e le sue "vecchie verità"? Per dare una risposta, seppure parziale, a queste domande e comprendere l'importanza storica e politica della Comune dobbiamo ripercorrere brevemente gli avvenimenti, soprattutto a beneficio dei giovani proletari e di tutti quei lavoratori sfruttati che non hanno avuto finora la possibilità di conoscerli.

Lo sfondo storico. Nella seconda metà dell'ottocento il nazionalismo autoritario francese, che rifletteva le ambizioni della borghesia arricchitasi a spese degli operai e il parassitismo della corte imperiale, aveva spinto il popolo in una serie di guerre per estendere i confini della Francia. Cominciò una sanguinosa guerra con la Prussia, governata da Bismark, potenza europea in ascesa che doveva ancora completare la sua unificazione nazionale e che vedeva nella Francia l'ostacolo ai suoi progetti. Il 2 settembre 1870 l'imperatore Napoleone III, sconfitto nella battaglia di Sedan, si arrese ai prussiani. Due giorni dopo i repubblicani di Parigi con una rivoluzione incruenta decretarono la fine dell'impero e proclamarono la nascita della Terza Repubblica. Sotto la guida di un governo provvisorio resistettero al nemico sino al gennaio del 1871, quando la capitale fu costretta a capitolare dopo un assedio di quattro mesi. I parigini avevano resistito combattendo con un corpo di volontari armati, la Guardia Nazionale, in cui gli operai erano in maggioranza. Nelle elezioni del febbraio '71 vinsero i conservatori eleggendo Adolphe Thiers, tipico rappresentante della Francia moderata, che voleva riappacificarsi con la Prussia accettando le durissime condizioni di Bismark (che prevedevano l'ingresso delle truppe tedesche nella capitale). La borghesia però non aveva fatto i conti con gli operai che non volevano farsi mettere il piede sul collo, considerandosi solo in stato di armistizio con i prussiani. Dopo il crollo dell'impero e la resa alla Prussia di Bismark, la Guardia Nazionale infatti aveva conservato il suo armamento ed eletto un Comitato centrale. Lo scontro fra Parigi rivoluzionaria e patriottica e la borghesia conservatrice e traditrice era inevitabile. La rottura definitiva con Thiers si ebbe quando il governo, che aveva sede a Versailles, pretese la consegna delle armi e, in particolare, dei cannoni installati sull'altura di Montmartre. Nel marzo del 1871, mentre il governo di Thiers stava ancora negoziando una pace ingiusta con Bismark, gli operai parigini, che avevano acquistato una determinazione e una autonomia politica assai più elevata che nel passato, insorsero. Ponendosi alla testa degli altri strati popolari dettero l' assalto al potere borghese prendendo nelle loro mani il potere politico. Il 18 marzo 1871 la bandiera rossa sventolava sull’Hotel de Ville, sede del Comitato centrale della Guardia Repubblicana. E’ l’inizio simbolico della Comune di Parigi, primo governo operaio, che nel giro di poche settimane concretizzò il più radicale e avanzato esperimento di democrazia rivoluzionaria fino ad allora realizzato, un atto di sfida all'ordine politico e sociale della borghesia che dominava incontrastata in Europa. Composizione di classe e programma. Da chi era composta la Comune? Il movimento parigino era composto quasi esclusivamente di operai o di rappresentanti degli operai e degli strati popolari più poveri. Gli abitanti dei quartieri ricchi avevano infatti abbandonato i “quartieri bene" della capitale. Il Consiglio della Comune era un governo composto di semplici operai, piccoli impiegati e artigiani, i “diseredati” come si definivano, assolutamente sconosciuti ai più. Non c'erano personaggi famosi, professionisti affermati, imprenditori, alti ufficiali, politici di professione. Erano cittadini che non si subordinavano alla volontà dei capitalisti, dei preti, dei ricchi ma obbedivano soltanto alla volontà del popolo, e lavoravano per affermare gli obiettivi decisi dalle masse. I suoi membri appartenevano a diverse correnti politiche. La maggioranza era costituita seguaci del rivoluzionario Louis-Auguste Blanqui, socialisti più per istinto di classe che per coscienza scientifica. La minoranza era invece composta prevalentemente da seguaci di Pierre-Joseph Proudhon, membri della sezione francese dell'Associazione internazionale dei lavoratori. Altri erano giacobini, altri erano ancora erano rivoluzionari indipendenti, o radicali. La Comune non fu un organismo di tipo parlamentare come quelli che siamo abituati a vedere negli stati borghesi. Essa riuniva in se l' aspetto legislativo e quello esecutivo.

Il programma. Nei suoi primi giorni di vita la Comune propose misure a beneficio dei lavoratori e votò provvedimenti quali:
· l'abolizione dell'arruolamento obbligatorio e dell'esercito permanente e la sua sostituzione con una struttura armata popolare, la Guardia Nazionale, composta da tutti i cittadini abili alle armi;
· l'elezione per tutti gli impieghi amministrativi, giudiziari, educativi con suffragio generale degli interessati e diritto permanente di revoca;
· la retribuzione di tutti gli incaricati di un servizio pubblico con uno stipendio non superiore al salario di un operaio qualificato;
· la completa separazione della Chiesa dallo stato, l'abolizione dei versamenti statali a scopi religiosi, l'esproprio di tutti i beni ecclesiastici e la proibizione di crocefissi, preghiere e immagini sacre nelle scuole;
· la collettivizzazione delle fabbriche abbandonate dai padroni, che dovevano essere riunite in società cooperative;
· l'occupazione degli appartamenti liberi, la sospensione delle sentenze di sfratto e morosità ed il condono di tutti gli affitti dall'ottobre 1870 fino all'aprile 1871, stabilendo che quelli già pagati valevano come acconto per il futuro;
· la radicale riforma dell'insegnamento, che prevedeva l'istituzione dell'istruzione gratuita, laica ed obbligatoria e la diffusione di scuole femminili e professionali;
· l'abolizione del lavoro notturno dei fornai, l' abolizione delle multe e delle riduzioni dei salari;
· l'abolizione dei "caporali" dell'epoca, cioè di sensali nominati dalla polizia che effettuavano la registrazione degli operai e li sfruttavano;
· la rimessa ai depositanti di tutti gli oggetti del Monte di Pietà che non avessero un valore superiore ai 25 franchi e la sospensione delle vendite;
· l'abolizione del giuramento politico e professionale.
Questi provvedimenti, che avevano un chiaro carattere di classe e mantengono per molti aspetti una straordinaria attualità, furono adottati in poche settimane e per giunta in una città assediata da due eserciti. Ad essi si aggiunsero altri decreti concernenti i servizi pubblici, l'approvvigionamento di Parigi assediata, le ambulanze, l'assistenza pubblica, la direzione dei musei e della biblioteca. La Comune fu volta verso l'emancipazione completa delle donne che ebbero un ruolo molto importante in quel periodo di lotta. Fu tra l' altro soppressa ogni distinzione tra figli legittimi e naturali, tra sposati e conviventi. La Comune prese anche iniziative simboliche come l'incendio della ghigliottina sotto la statua di Voltaire, la distruzione della cappella costruita a "riparazione" dell’esecuzione di Luigi XV, la conferma di tutti gli stranieri eletti nelle loro cariche, per sottolineare il carattere internazionalista della insurrezione. Fu deciso l'abbattimento della colonna Vendome, costruita con il bronzo fuso dei cannoni di Napoleone, simbolo dello sciovinismo e della istigazione all'odio fra i popoli. Certo, la Comune non fu che un inizio, poiché mancò il tempo per il suo sviluppo. Ma che inizio! Ancora oggi il suo esempio positivo ci indica quali devono essere i caratteri dello stato e del programma operaio, quali enormi potenzialità ha il proletariato nel momento in cui crea un potere nuovo, diverso e superiore rispetto al corrotto potere borghese.

La repressione. Di fronte al primo "assalto al cielo" degli sfruttati, la classe dominante, terrorizzata da tanta consapevolezza e volontà di lotta preparò e attuò la sua vendetta, per infliggere una punizione furiosa e crudele a chi aveva osato levarsi in piedi contro il suo potere con obiettivi e rivendicazioni indipendenti. Per prima cosa Il governo Thiers ottenne dal vecchio nemico Bismark la restituzione dei prigionieri di guerra e li riorganizzò in vista della repressione, procurandosi di poter passare sul territorio controllato dai prussiani. Per sei settimane, a partire dal 2 aprile, Parigi fu bombardata dalle forze borghesi che fino a poco prima avevano strepitato contro la profanazione della città. Le sue difese furono piegate all'inizio di maggio. Alla fine del mese di maggio, decine di migliaia di soldati comandati dal generale Mac Mahon, gli stessi che si erano arresi ai nemici prussiani, sferrarono un attacco decisivo contro Parigi e in una settimana (21 - 28 maggio), ricordata come la "Settimana di sangue", riuscirono a sconfiggere i comunardi. Nonostante la disparità delle forze, la Comune fu difesa strada per strada, barricata per barricata. Gli eroici difensori della Comune risposero finché poterono colpo su colpo. Indietreggiando incendiarono il palazzo delle Tuileries e l'Hòtel de Ville, uccidendo gli ostaggi che più rappresentavano il potere conservatore e repressore. La controrivoluzione borghese fu spietata, anche dopo la caduta delle ultime resistenze. I versagliesi compirono un vergognoso massacro, fucilando chiunque avessero catturato, compresi donne e bambini, compiendo innumerevoli esecuzioni sommarie (circa trentamila persone vennero passate per le armi senza alcun processo). Al cimitero di Père-Lachaise circa 5000 persone furono mitragliate in un sol giorno. Diverse decine di migliaia furono i condannati e i deportati ai lavori forzati, molti dei quali poi vennero assassinati. Parigi perse almeno centomila suoi figli, tra i quali i migliori operai. Bisogna notare che dopo questa esperienza la città fu sventrata con interventi urbanistici radicali: strade larghe per rendere difficile il blocco con barricate. Tutte le altre metropoli europee adottarono in seguito simili "accorgimenti" utili alla borghesia per difendere militarmente il suo potere. La chiesa, da parte sua, costruì la cattedrale del Sacro Cuore per celebrare l'assassinio di quei "criminali che opprimevano Parigi". La repressione sanguinaria contro la Comune mostrò la volontà della borghesia (che si ricompattò nell'occasione in unico fronte internazionale) di dare un colpo definitivo al movimento rivoluzionario del proletariato. Mostrò di quali nefandezze, di quale violenza reazionaria è capace la classe dominante quando il proletariato mette in pratica i suoi diritti e le sue aspirazioni. La semplice esistenza di un governo proletario, sia pure in una sola città, ricordava a tutti gli sfruttati che il regime ingiusto ed oppressivo del capitalismo poteva essere abbattuto, che i lavoratori potevano essere i padroni della società, facendo a meno della borghesia.


I limiti della Comune. Purtroppo nel 1871 il proletariato commise il grave errore di lasciare alla borghesia l'iniziativa, rinchiudendosi entro i confini di una sola città, Parigi. Certamente i comunardi speravano che il loro esempio fosse imitato dalle altre città francesi. Ma gli appelli lanciati da Parigi agli altri comuni di Francia, affinché si associassero alla capitale in una libera federazione, caddero nel vuoto. A Lione, a Marsiglia, a Tolosa i tentativi furono repressi. Non fu possibile andare più in là con i soli appelli a causa della situazione oggettiva che c'era nella Francia di allora, occupata da truppe straniere e sottoposta alla egemonia dei moderati. Due mesi di tempo allora furono necessari alla borghesia francese per riorganizzare le sue forze e procedere alla controrivoluzione, sotto la sguardo compiaciuto dei rivali tedeschi che ovviamente lasciarono mano libera a Thiers, preoccupati del fatto che anche in casa loro gli operai avrebbero potuto seguire l'esempio. Come sarebbe stato possibile ribaltare le sorti della rivoluzione? In un solo modo. Non accontentandosi della vittoria a Parigi e passando subito all'offensiva, cioè puntando decisamente su Versailles, scatenando quella guerra civile che Thiers aveva nei fatti già cominciato; perseguendo tenacemente nel vivo dello scontro un’alleanza, sotto la direzione del proletariato urbano, con la massa dei contadini oppressi dal capitalismo (erano circa i due terzi della popolazione) sulla base un programma rivoluzionario che li liberasse dal peso delle ipoteche, delle imposte, dell'usura. Altro grave errore delle Comune fu quello di non impadronirsi delle riserve monetarie, i tre miliardi della Banca di Francia. Si lasciò così una potente arma nelle mani del governo di Versailles, che valeva più di ogni altro ostaggio. La rivoluzione è un’arte. L'indecisione, l'impreparazione, gli scrupoli, la benevolenza verso i borghesi, la mancanza di determinazione e di un attacco decisivo portato di sorpresa al nemico di classe nel momento in cui è più debole, diviso e disorganizzato, la mancanza di una serie di successi, anche piccoli, nella fase iniziale, fanno si che, una volta passato il momento propizio, non si riesca più a portare a termine i compiti rivoluzionari e ci esponga ad un pericolo mortale. Con le parole di Marx "la difensiva è la morte di ogni insurrezione armata". Quello che è valso per la Comune - in quanto singola città accerchiata - vale anche per gli stati socialisti. La storia ha dimostrato che la rivoluzione vittoriosa in uno o più paesi non può chiudersi in se stessa. La vittoria del Socialismo non può considerarsi come definitiva se non come risultato degli sforzi del proletariato internazionale e con la vittoria della rivoluzione socialista in molti paesi, per spezzare l’accerchiamento capitalistico e affermare la nuova società su scala internazionale. La lezione della Comune dimostra che per vincere la resistenza accanita delle classi sfruttatrici ed assicurare il successo della rivoluzione il proletariato deve usare fino in fondo e senza riserve il suo potere, deve usare il nuovo Stato proletario per mobilitare le masse, affrontare la guerra civile che viene scatenata dai capitalisti e liquidare ogni tentativo restauratore. Tra le cause principali della fragilità della Comune, che impedirono di procedere su questa strada furono le indecisioni e le frizioni che emersero tra le varie componenti della Comune dovuta alla immaturità politica e ideologica delle forze che la componevano. La mancanza di una precisa coscienza scientifica di classe, presente solo in pochi membri della Comune, la mancanza di un partito di avanguardia della classe operaia, la presenza di illusioni sulla borghesia, e l' inadeguatezza delle precedenti associazioni di lotta rivendicativa, incapaci di sviluppare una lotta decisa e rapida sul terreno politico, fece si i membri della Comune non riuscirono ad adottare provvedimenti efficaci ed in grado di vincere la guerra con la borghesia. Come disse giustamente Engels la Comune fu la tomba del blanquismo e del proudhonismo, cioè del rivoluzionarismo e dell'utopismo, del socialismo prescientifico.

La lezione della Comune. Malgrado la sua breve esperienza la Comune di Parigi permise ai fondatori del socialismo scientifico, Marx e Engels, di trarre una lezione luminosa che ancora oggi serve da guida per il proletariato internazionale nella sua lotta per il Socialismo. Per definire la sostanza della Comune Engels scrisse: "il filisteo socialdemocratico recentemente si è sentito preso ancora una volta da salutare terrore sentendo l'espressione: dittatura del proletariato. Ebbene, signori, volete sapere come è questa dittatura? Guardate la Comune di Parigi. Questa fu la dittatura del proletariato". In effetti la Comune ha rappresentato il primo esempio di dittatura del proletariato, strumento della rivoluzione proletaria. Fu il primo riuscito tentativo della classe operaia di rovesciare il sistema di sfruttamento e di oppressione capitalista e di impossessarsi del potere per operare una profonda trasformazione sociale. In primo luogo, la vicenda della Comune dimostra che lo stato operaio, la vera democrazia popolare, non è il risultato dello sviluppo pacifico della società, non si può costruire sulla base delle schede elettorali. Al contrario è la negazione della democrazia borghese, il suo superamento dialettico. In secondo luogo, come hanno spiegato Marx e Engels, “la Comune ha fornito la prova che la classe operaia non può impossessarsi puramente e semplicemente di una macchina statale già pronta a metterla in moto per i suoi fini.” Lenin chiarì successivamente che il proletariato deve dunque spezzare, demolire la macchina statale e non limitarsi a impadronirsene. Questo concetto – sistematicamente rimosso e cancellato da opportunisti, revisionisti e riformisti di ogni specie - esprime in modo chiaro l’insegnamento centrale del marxismo rivoluzionario sui compiti del proletariato nella rivoluzione per ciò che riguarda lo Stato. In terzo luogo, l'esperienza della Comune prova che la dittatura del proletariato non è la dittatura di qualche persona, di una minoranza, sul proletariato, e non è nemmeno un semplice cambio di governo. Essa è la dittatura di tutta la classe sfruttata sulla borghesia, la dittatura delle masse, della grande maggioranza su un’esigua minoranza. Dunque la massima democrazia possibile in una società divisa in classi. La Comune non aveva altra forza che non fosse la grande autorità morale, il consenso del popolo che per la prima volta era davvero l' unico sovrano. Tutto si faceva per strada, nei comizi, senza diplomazia segreta e senza gli intrighi parlamentari e di corridoio. I marxisti-leninisti lottano per questo tipo di dittatura, per la dittatura del proletariato, per la direzione politica dell’intera società da parte della classe operaia, alleata con le grandi masse sfruttate e oppresse. Lo Stato operaio - sebbene possa assumere le forme più varie - deve essere sempre espressione della dittatura del proletariato, del potere rivoluzionario della classe operaia. Questo nuovo tipo di stato serve a costruire il Socialismo e a ridurre all'impotenza i propri nemici di classe i quali proprio per essere stati rovesciati uniranno le loro forze e non risparmieranno alcun mezzo per cercare di tornare al potere.



La Comune vive e vivrà sempre nel cuore degli operai. Con la sconfitta della Comune la borghesia pensò che la "storia doveva essere finita". La classe dominante diffuse nei ceti medi la paura e l'odio verso i rivoluzionari. Ma il movimento socialista riprese forza e dalle ceneri della Comune, seguendo il suo eroico esempio, neanche cinquanta anni dopo sorse una nuova e più potente rivoluzione proletaria, quella sovietica avvenuta nell’ Ottobre 1917. Con l'avvento dell'imperialismo, ultimo stadio del capitalismo, e con l'acuirsi della sua crisi generale si è aperta una nuova epoca di guerre e di rivoluzioni. Le rivalità interimperialiste portano necessariamente alla guerra e questa situazione favorisce la possibilità della rottura degli anelli deboli della catena imperialista a causa della crisi interna in cui la borghesia di alcuni paesi si trova. La questione al giorno d'oggi non è più di sapere se c'è la lotta oppure no, se ci sono movimenti oppure no. La rivoluzione è una questione posta dallo sviluppo delle forze produttive e dal conseguente sviluppo delle contraddizioni di classe, è una questione da risolvere nella pratica. La classe operaia e i popoli di molti paesi hanno ripreso a muoversi. Siamo ancora in una fase difensiva, di crescente resistenza, ma è solo questione di tempo perché si affermi una più forte e combattiva organizzazione delle forze proletarie, per nuovi assalti al cielo. Mille inconfutabili evidenze ci mostrano che il capitalismo non sarà l'ultima tappa dello sviluppo sociale . Noi siamo ottimisti sull’esito dello scontro di classe. Le condizioni per la lotta rivoluzionaria degli sfruttati e degli oppressi sono più favorevoli rispetto a ieri. Lo sviluppo globale del capitalismo ha preparato alla classe operaia condizioni materiali e sociali migliori per l'organizzazione della lotta rivoluzionaria per il potere. Anche nel nostro paese vi sono le condizioni oggettive per la ripresa della lotta rivoluzionaria. Quello che ancora manca è un forte Partito comunista del proletariato che guidi le grandi masse, rendendole consapevoli del proprio ruolo storico. Noi abbiamo fiducia: il proletariato, la classe sociale più rivoluzionaria della nostra società, saprà risolvere questo problema. Il proletariato è una classe che sa imparare dalle sue esperienze, dalle sconfitte del passato. Le molteplici lezioni che abbiamo appreso dal corso degli eventi rivoluzionari che hanno caratterizzato gli ultimi secoli renderanno più sicuro e vasto il prossimo assalto al cielo. Oggi come ieri il compito dei comunisti è di organizzare e dirigere le masse alla lotta per la rivoluzione e il Socialismo. È di portare e far crescere nel seno dei movimenti di lotta quella coscienza rivoluzionaria e internazionalista senza la quale il proletariato non può conquistare e mantenere il potere. Per questa finalità lavoriamo e a essa dedichiamo tutti i nostri sforzi, chiamando i migliori elementi del proletariato a unirsi alla nostra attività, nel solco tracciato dalla Comune di Parigi, che annunciò al mondo intero l'avvento della nuova società.

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