Si è svolta ieri presso Intifada in Via Casal Bruciato 15,
un dibattito, organizzato dal gruppo salute di Potere al Popolo Lazio, dal
titolo “La salute non è una merce. A 40 anni dalla 833, dalla 194,e dalla 180
cosa è rimasto? Bilancio tutto negativo. Le proposte di Potere al Popolo a
difesa della Sanità Pubblica". Sono intervenuti: Elisabetta Canitano, Rita
Chiavoni, Daniele Malagnino, Paolo Marotta, Francesca Perri e il sottoscritto.
In base all’analisi dello stato della sanità pubblica
regionale visto dalle esperienze professionali e di volontariato dei relatori,
unanime è stata la conclusione che ormai la gestione della sanità corre
velocemente verso la completa privatizzazione, in particolare verso le
strutture religiose. Con un progressivo deterioramento della qualità del
servizio a fronte di un aumento dei profitti verso gli operatori privati. Di
seguito la relazione su cui ho basato il mio intervento.
La legge 833 del 1978 istitutiva del Sistema Sanitario
Nazionale è stato l’atto legislativo più efficace per rendere effettivo il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della
costituzione.
Un principio secondo me fondamentale della norma risiede nell’assunto
per cui “La tutela della salute psichica e fisica deve avvenire nel rispetto
della dignità della libertà della persona umana. Il richiamo all’articolo 3 della costituzione è
evidente, laddove una persona in salute, può effettivamente partecipare
all’organizzazione politica sociale ed
economica del Paese. Dunque un servizio
sanitario efficiente è fondamentale per contribuire
a curare le malattie ostacoli di fatto al pieno sviluppo della persona umana.
Una riorganizzazione,
efficace nell’assicurare la tutela della salute in tutta Italia senza
differenza fra territorio e territorio, ma che ben presto, a fronte di un lenta
ed inesorabile disarticolazione della progressività fiscale, aggravata da
elusione ed evasione tributaria presentò nel tempo
bilanci in rosso.
Fra le fine degli anni
’70 e l’inizio degli ’80 andava diffondendosi il mantra dell’efficienza dell’ organizzazione
di tipo aziendale, attenta in particolar modo all’economia d’esercizio e al mercato
.
Nel 1992, la legge 502
di modifica del SSN intese perseguire questo obiettivo attraverso
l’aziendalizzazione del sistema.
Vorrei porre a
confronto due definizioni inerenti i due
dispositivi . Nella normativa 833 si
legge:
Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni,
delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al
mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la
popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo
modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio.
Se andiamo a ricercare la
definizione di azienda secondo il codice
civile italiano art. 2555 si legge che essa è :” Organismo composto di persone e beni, diretto al raggiungimento di un
fine economico, d'interesse sia pubblico sia privato…”
Semplificando, la 833 si pone l’obiettivo di tutelare
la salute fisica e psichica delle persone , la legge 502, introducendo l’aziendalizzazione
intende perseguire un fine economico, con buona pace della Costituzione.
Alla fine è vero che una gestione aziendale
attraverso le Asl, non assicura la tutela della salute, ma è altrettanto vero che persegua un fine economico? Prendendo ad esempio la Asl di
Frosinone sembrerebbe proprio di no.
La criticità del
servizio , più o meno comune alle altre
realtà della Regione, sono note (affollamento del pronto soccorso, con una
percentuale di abbandono del 15% ben oltre la media nazionale. Carenza di posti letto, sono rimasti solo gli ospedali di Frosinone
–Alatri , Cassino, Sora. Medicina di prossimità inesistente, le case della salute sono scatole vuote perché
manca il personale che le mandi avanti. I
tempi d’attesa sia per le visite specialistiche che per gli esami strumentali
sono biblici con le agende di prenotazione già chiuse dall’estate anche per i
malati oncologici ).
Ma non è su
questo che vorrei soffermarmi.
Preferirei concentrarmi proprio sugli aspetti
di gestione manageriale.
Ad esempio la mobilità passiva extra regionale, cioè
i pazienti che per disorganizzazione della
Asl si rivolgono fuori regione, provoca una perdita di 38 milioni l’anno. Migliorare la somministrazione delle cure per permettere ai malati residenti di rimanere
nella propria provincia, costerebbe molto meno oltre a non arrecare disagio
a chi dovrà sobbarcarsi chilometri per andare a curarsi. Non è pensabile che
una delle cause più numerose di mobilità passiva sia il parto senza
complicazioni un cosa assolutamente naturale e semplice.
Per la gestione
dei posti letto il cui numero è
inferiore di 435 unità rispetto ai
livelli essenziali definiti per legge (3 per 1000 abitanti) si è creata la
figura del bed manager. Un tizio ben
retribuito, con tanto di software e applicazione dedicate
denominati Arianna ADT incaricato
di migliorare il rapporto dimissioni ricoveri.
Nel 2017, la media giornaliera dei ricoveri era pari alle dimissioni. Con l’assunzione del bed manager, nel 2018 la media giornaliera dei ricoveri è superiore rispetto alle dimissioni. Il
numero di dimissioni è calato di tre pazienti al giorno. Mantenendo
questo trend a fine anno si conterà un
numero di giornate di degenza di molto superiore all’anno precedente con conseguente aggravio
dei costi e disagio per i pazienti in attesa di ricovero. E c’hanno messo Arianna
per ottenere questo risultato!! Il bed manager non ha pensato che dotare i reparti di
una Discharge Room - un’area dove i pazienti in dismissione
possano attendere di ricevere documentazione e terapie
domiciliari necessarie, avendo liberato il letto per un altro malato -
sia una cosa più semplice che interrogare Arianna?
Ad aumentare i giorni di ricovero contribuisce l’attesa eccessiva per alcuni esami diagnostici RMN, Holter cardiaco,
ecografia addome , ecocardiografia, per l’inadeguatezza degli strumenti diagnostici e la carenza di sale operatorie. Ne funzionano 5 su 7 a scartamento ridotto, compresa quella dedicata al blocco
parto. Ciò per la mancanza di anestesisti. Inoltre è attivo un unico amplificatore
di brillanza che viene trasferito da
una sala all’altra a seconda delle necessità.
La gestione delle apparecchiature
è stata affidata, tramite un appalto di
cui non sono noti i termini di gara, ad una società privata il cui compito è solo quello di contattare l’azienda del macchinario fuori
uso e contrattare i costi di ripristino, ovviamente comprensivi del proprio compenso d’intermediazione, per la
determinazione del quale spesso parte una trattativa infinita che allunga i
tempi dell’intervento. Assumere del personale dedicato costerebbe sicuramente
meno e i tempi di riparazioni
sarebbero più brevi.
Teniamo presente che ad aziende private sono stati appaltati
altri servizi, quelli di pulizia generale e
manutenzione dei servizi igienici, il CUP, la vigilanza, l’ assistenza
domiciliare, il CAD. Non si può
tacere il fatto che gli appalti e i subappalti sono un sistema di arricchimento facile per e le imprese e di
sfruttamento per i lavoratori. Ben il
50% delle attività della Asl si svolge in convenzione con le strutture private.
Il servizio di riabilitazione, in
generale ed in particolare di
riabilitazione intensiva post-acuti è in mano a strutture come
la Città Bianca ed il San Raffaele. La
sanità privata spadroneggia senza alcun
controllo circa l’appropriatezza delle prestazione, del periodo di degenza.
Con ciò voglio dimostrare che la così detta aziendalizzazione
crea danni
economici persino peggiori del vecchio sistema della mutue. Quindi viene il
sospetto che anche la disorganizzazione
manageriale sia indotta e bene accetta perché
funzionale ad un unico malcelato scopo. Quello di dimostrare che non basta una
gestione aziendale del sistema sanitario pubblico per garantire la
sostenibilità economica, ma serve privatizzare totalmente il sistema , ad uso e
consumo delle grandi multinazionali che vedono nell’erogazione dei servizi
fondamentali alla vita un business remunerativo e sicuro.
Sul nostro territorio, inoltre insiste un gravissimo problema ambientale. La
Valle del Sacco, che da Colleferro arriva
fino al sud della Ciociaria, è stata definita la Seveso del Sud. Il fiume
che l’attraversa, il Sacco, ha una
storia d’inquinamento atavica e consolidata nel tempo , dall’interramento dei rifiuti tossici vicino agli argini dell’ex Snia di Colleferro, agli scarichi
nocivi delle zona industriali di Anagni e di Ceccano. Reflui mai trattati da una depurazione efficiente perché troppo
gravosa per il profitto delle aziende evidentemente più importante della salute
delle persone .
Lo studio epidemiologico S.E.N.T.I.E.R.I Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti
esposti a rischio da inquinamento: sia nel rapporto 2011,
che in quello del 2014, ha
evidenziato come nelle aree limitrofe al fiume Sacco si riscontri una
mortalità superiore rispetto alle altre zone d’Italia, per tutte le malattie,
in particolare per i tumori alle vie respiratorie e per diverse tipologie di
leucemie. I rapporti evidenziano come la grave situazione sanitaria della valle sia
pari se non superiore ai livelli
riscontarti presso l’Ilva di Taranto.
In base al nuovo modello di politica sanitaria europea stipulato dai 53 paese
facenti parte della Regione Europea
dell’OMS, denominato Health 2020
firmato per raggiungere l’obiettivo di
assicurare a tutti i cittadini dei paesi contraenti un livello di sanità pubblica efficiente, anche nei territori soggetti a crisi
ambientale, il sistema sanitario pubblico deve potenziarsi per curare più efficacemente le patologie derivanti dall’inquinamento.
Deve coordinarsi con gli enti pubblici
interessati alla tutela per l’ambiente. Nella
Valle del Sacco tutto ciò è totalmente disatteso. I trattati europei si devono
rispettare tassativamente solo per il rapporti deficit/pil, gli altri accordi,
soprattutto se riguardano aspetti sociali, possono diventare carta straccia.
La Regione ha deliberato per la nostra Asl la redazione del registro dei tumori. Il progetto è ancora in alto mare perché non
c’è personale sufficiente nell’azienda per occuparsene.
Quanto ho esposto finora, dimostra che anche la Asl di
Frosinone è parte di una strategia unica
orientata alla totale
privatizzazione della sanità. Allora il discorso si fa politico e attiene
al necessario sovvertimento dell’attuale
sistema economico liberista, che sottomette alla legge del profitto, anche quegli elementi
come terra, acqua, aria e salute, indispensabili per la vita umana.
Per cui se da un lato, gli operatori sanitari, le
associazioni di volontariato che agiscono in ambiente sanitario devono
adoperarsi per ristabilire i principi costituzionali volti ad assicurare una
tutela della salute , dall’altro l’azione politica di Potere al Popolo deve
impegnarsi senza se e senza ma al sovvertimento dell’attuale sistema economico
ripristinando la preminenza del benessere delle persone rispetto al profitto
dei potentati economici.
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