Se il 12 e 13 giugno i due referendum contro la privatizzazione dell’acqua raggiungeranno il quorum, potremo veramente iniziare a ragionare di una nuova stagione della politica nel nostro paese. Ben prima che prenda forma la terza Repubblica ( e con l’incubo che si porti dietro le scomode eredità della prima e soprattutto della seconda), la società civile italiana ha già iniziato a guardare avanti, dimostrando una sorprendente capacità di interpretare i bisogni della collettività. Nonostante le trappole distribuite sul cammino referendario, si avverte forte la sensazione che questa volta il quorum sarà raggiunto e conseguentemente assisteremo ad una larghissima affermazione dei si. In particolare per i due quesiti dedicati all’acqua, sarà questo l’esito finale di una straordinaria avventura politica che ha poco per volta contagiato tutto il paese e le cui radici si ritrovano in eventi tutt’altro che recenti . Un pezzo importante di questa storia, infatti, la si è iniziata a scrivere almeno 10 anni fa, nelle drammatiche eppure fondamentali giornate del luglio di Genova: non nelle stanze chiuse del G8, ovviamente, ma nelle sale aperte del social forum dei movimenti e della società civile, che fecero emergere con chiarezza (e con largo anticipo) quei temi strategici oggi sotto gli occhi di tutti. Tra questi temi vi era senza dubbio quello dei beni comuni, minacciati già allora dal liberismo sfrenato e per i quali oggi è giunta l’ora della verità: o si riesce, in questi giorni e in questi mesi di lotte, a salvaguardarne il carattere pienamente pubblico oppure i diritti di accesso e utilizzo saranno appannaggio di una minoranza per molte generazioni a venire. Acqua, aria, sementi, educazione, salute, fertilità dei suoli, bellezza dei paesaggi , creatività, non si possono privatizzare, devono per forza di cose essere gestite, tutelate, curate, come beni che appartengono a tutta la comunità. Una appartenenza che non è, però, da intendersi come proprietà, quanto piuttosto come responsabilità: appartiene a tutta la comunità la responsabilità di gestire questi beni comuni, avendo cura di non sfruttarli eccessivamente, limitandosi a soddisfare gli effettivi bisogni della collettività, pensando allo stesso tempo alle future generazioni e alla loro possibilità di avere uguali diritti di quelli garantiti a noi. Ecco dunque che il voto di giugno diventa molto più importante del già rilevante risultato che avrà, nel garantire che l’acqua rimanga un bene pubblico: avremo dimostrato la nostra capacità di organizzarci, come cittadini e realtà della società civile , per difendere i nostri beni più preziosi, i nostri diritti più sacri. Il cammino di questi anni del Forum italiano, dei movimenti per l’acqua sta facendo vedere anche ai più scettici che si può diventare soggetto politico decisivo. E non dovremo aspettare troppo tempo o cercare in giro più di tanto per trovate nuove battaglie da affrontare. I movimenti e le organizzazioni della società civile iniziarono a prendere coscienza della loro forza e della loro importanza a cavallo tra li fine del XX e l’inizo del XXI secolo , tra le manifestazioni di Seattle in occasione dei meeting del Wto e il già ricordato luglio genovese . Qualcuno ha pensato che tutto fosse finito in piazza Alimonda: invece oggi possiamo forse dire che è iniziato da lì. Senza dimenticare il dolore di chi c’era e ha subito violenze inaccettabili, guardando indietro a questi dieci anni scopriamo che dagli incontri , dai forum, dalle discussioni di quegli anni sono scaturite una forza e una consapevolezza straordinarie da molte delle organizzazioni che a quell’epoca erano protagoniste o lo stavano diventando . Qualcuno dice “abbiamo perso, ma avevamo ragione”. Io credo che quando si ha ragione non si perde mai e la manifestazione di domani , che apre in grande stile la campagna referendaria per il 12 e 13 giugno, deve anche dire questo. Avevamo ragione , abbiamo ancora ragione , e non è troppo tardi per cambiare . Perché se 10 anni fa dicevamo che “un altro mondo è possibile” oggi forse ci dobbiamo correggere per avvertire che “un altro mondo è necessario” . E cosa c’è di più giusto che cambiare in meglio questo nostro mondo proprio partendo dall’acqua che copre il 70% della superficie del pianeta ma compone anche il 70% del nostro organismo?
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