Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 14 dicembre 2011

Sull'articolo di Lutrario

Giovanni Morsillo

Cari compagni,

Ho letto con attenzione e condivisione il CONTRIBUTO SALUTARE di Severo Lutrario che avete opportunamente pubblicato. I dati che presenta sono noti e incontrovertibili, ma la linearità dell'analisi che Severo svolge, sia pure con i limiti del mezzo mediatico, li rendono comprensibili a chiunque e li trasformano in agile strumento di discussione e, in fondo, di lotta.
Personalmente, anche tralasciando la stima personale e intellettuale che porto da sempre all'autore, sono d'accordo su tutto, anche perché, ripeto, si tratta di dati e citazioni assolutamente incontrovertibili, ed anche le connessioni storiche sono corrette.
Due sole cose, però: una forse più "propagandistica", la seconda sostanziale, vorrei commentare con Severo e con voi:
a) La corposa introduzione all'argomento dell'articolo sostiene ripetutamente che "non si dice.." riferito ad aspetti fondamentali del carattere del debito, della crisi, delle presunte terapie. Verità taciute per modificare la percezione della situazione da parte delle masse per poter operare con il loro consenso. Queste preoccupazioni di Severo, lo dico con rispetto, non mi sembrano del tutto fondate, o almeno vanno chiarite. Poiché è verissimo che il circo mediatico non fa altro che proclamare la verità ufficiale che come sempre è diversa da quella storica (una volta c'era la verità di Stato, oggi che il re è mezzo nudo il Verbo arriva direttamente dalle centrali finanziarie); ma è altrettanto vero che si è in molti a dire in mille modi le cose come stanno. Mi preoccupa, a questo proposito, non tanto la mancanza del dissenso, che esiste anche a livello sociale, quanto la sua gestione ormai consolidata come questione di ordine pubblico. Non solo i cortei, ma anche espressioni prepolitiche più "miti" di un malessere generale, perfino certi rottami inutili dell'800 come le rifritte tesi riformistiche, che ovviamente non hanno alcun senso in un processo di scomposizione dell'assetto capitalistico essendone emanazioni interne, vengono sbrigativamente messe in mano ai prefetti. Pertanto, chi ha chiaro il problema c'è, ma vuoi per la fine del patto sociale a seguito dei mutati rapporti di forza (mutazione a sua volta seguita alla trasformazione capitalistica degli ultimi venti anni), vuoi per il progressivo degrado di ceti dirigenti sempre più "esterni" al conflitto di classe, non è in grado di aggregare e viene facilmente neutralizzato.
Sarebbe invece interessante approfondire il tema del consenso, perché sicuramente le strutture nate dalla ristrutturazione del potere borghese (in Italia la Seconda e Terza Repubblica, ma possiamo guardare più in generale al mondo "occidentale") non hanno bisogno del consenso delle masse, almeno non nelle forme borghesi classiche della rappresentanza anche imperfetta del '900. Le riforme elettorali non sono cosa disgiunta dal processo riorganizzativo del capitale (produzione, gestione, distribuzione) attraverso i nuovi strumenti tecnici e tecnologici e l'espansione sterminata delle sue aree operative. Con esse, si possono realizzare sistemi di consenso selettivo, limitato ai soggetti alleati del sistema, che consentono poi di procedere allo smantellamento del sistema più pregnante dei rapporti capitale-lavoro (contratti, anche qui rappresentanza, governo dell'impresa e dell'economia).
b) Lutrario conclude l'articolo sostenendo che chiedere il pagamento dell'ICI alla chiesa cattolica rappresenta una convalida della parola d'ordine dell'"equità" perché si limiterebbe a chiedere che si facciano i sacrifici tutti invece di mettere in discussione i sacrifici stessi. Nulla di più vero, ma intanto per la chiesa non si parla di prima casa bensì di patrimoni immobiliari enormi che rendono davvero e non sotanto sulle carte degli estimi (peraltro rivalutati del 60% per le nostre case di abitazione). Quindi si tratterebbe semmai di correggere una stortura che non ha a che fare con la pessima operazione di Monti ma è dovuta alla genuflessione di tutti i governi confessionali precedenti. Che questo porterebbe un sacco di soldi nelle casse dello Stato può essere addirittura secondario, anche in una situazione drammatica come l'attuale. Se poi insieme ad essa si mettesse mano ai privilegi davvero coloniali che l'Italia riserva al Vaticano in nome di ben due concordati, uno fascista e l'altro anche peggio, il gruzzolo diventerebbe assai più consistente e consentirebbe magari di investire qualche centesimo in più in stato sociale e ricerca. Altrimenti, pur con tutte le ragioni che abbiamo io, Severo Lutrario ed altre migliaia di lavoratori come noi, dovremmo rinunciare anche alla battaglia per la riduzione sostanziale delle spese militari, altro crimine di cui "non si dice" e ad altre mille simili.

Un saluto fraterno a tutti voi, un abbraccio a Severo.
Giovanni

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