Fiat, Ilva, Alcoa, Carbosulcis, sono le macerie che segnano la sconfitta del lavoro salariato da parte del capitale . Questo contrasto inserito nella logica marxista lascia fuori un terzo protagonista , anche’esso sconfitto, che è lo sfruttamento delle risorse naturali. Non c’entra Monti, neanche Berlusconi, e nemmeno la prima repubblica o il fascismo . La ragione di tale debacle è la mancanza di una vera ed efficace rappresentanza del lavoro e del lavoratori, in barba all’art. 1 della costituzione. Il partito comunista Italiano, ha disatteso quello che doveva essere il compito di difendere il lavoro salariato a causa del progressivo degrado della propria classe dirigente, dal dopo guerra fino a oggi . Una involuzione che arriva , se non proprio a rinnegare le proprie origine, quantomeno a recitare profondi mea -culpa per quelle stesse origini, convinti che il conflitto fra capitale e lavoro è un antico orpello ideologico e va superato. Sicuri che non c’è alternativa il regime capitalista va accettato basta semplicemente regolamentarlo . I rimasugli comunisti, partiti e movimenti , formatisi e succedutisi a seguito di questo processo degenerativo, in alcuni casi sono riusciti a porsi a capo delle masse, magari ottenendo passi decisivi verso la conquista di importanti diritti sociali e civili , in particolare negli anni settanta. Ma processi controrivoluzionari, coadiuvati anche dai precursori degli attuali riformisti, i quali si sono sempre preoccupati di tenere a bada le rivolte sociali, hanno, non solo arrestato l’avanzamento della classe lavoratrice e studentesca, anche con l’uso della violenza di stato, ma ne hanno provocato il progressivo arretramento fino al totale annullamento dei diritti conquistati . Concausa di questo arretramento è stata il progressivo imborghesirsi di quelle forze, non solo Il PCI-DS-PDS-PD , ma anche i vecchi rimasugli comunisti, che pure avevano guidato le lotte degli anni ’70. Il risultato è sotto gli occhi di tutti ed è bene rappresentato dalle situazioni drammatiche nella quali versano i lavoratori delle attività produttive sopra citate. Nelle storie di Fiat, Ilva, Alcoa, Carbosulcis , sono descritte tutte queste dinamiche perverse. In breve le riepiloghiamo. Per Fiat sarebbero necessari interi libri. Ma la sostanza è questa . L’attuale multinazionale, poco torinese e molto americana, dopo aver depredato per 113 anni le risorse pubbliche italiane, usufruendo di agevolazioni fiscali ed incentivi, vedendosi regalare dallo stato intere fabbriche, oggi, dopo che il manager illuminato Sergio Marchionne ha ridotto in schiavitù, con referendum capestro, gli operai , promettendo lavoro in cambio di diritti , si permette di chiudere interi stabilimenti, Termini Imerese, ma anche la Irisbus, realizzando, per mezzo dei soldi dei contribuenti enormi dividendi per gli azionisti, e provocando drammi sociali inenarrabili. Così come l’Ilva di Taranto che viene ceduta dallo Stato nel 1995 per un tozzo di pane alla famiglia Riva, la quale ha in mente solo la realizzazione di enormi profitti abbassando i costi di produzione, usando tecnologie obsolete, intossicando operai e cittadini, mettendo gli uni contro gli altri, scatenando l’ennesima guerra fra poveri , senza che alcun governo dicesse nulla. Addirittura la soglia di tolleranza alle emissioni stabilita per legge viene adeguata all’inquinamento dell’Ilva. Fino a quando la magistratura non si è occupata della faccenda l’Ilva rispettava tutte le norme stabilite dai vari ministri all’ambiente. Oggi ,vista la mala parata delle indagini giudiziarie, nello stabilimento di Taranto, anziché limitare l’attività al solo adeguamento ecologico degli impianti, come imposto dalla magistratura , la produzione viene triplicata perché è interesse del gruppo Riva evadere la commesse rimaste nel più breve tempo possibile e poi togliere il disturbo lasciando sul terreno disoccupati, morti, malati e territorio avvelenato. E veniamo alla’Alcoa. Qui il regalo è stato fatto agli americani dell”Alminium Company of America. Come l’Ilva gli stabilimenti di Portovesme , in Sardegna, e di Fusina in Veneto erano pubblici, si chiamavano Alumix e appartenevano all’ente statale Efim. Nel 1995 la produzione passò agli americani dell’Alcoa, un colosso da 25 miliardi di dollari di fatturato e 614 milioni di utili nel solo 2011. La multinazionale americana beneficiò di circa 3 miliardi dallo Stato italiano per produrre alluminio in Italia. Sin dal 1995 e fino al 2005 Alcoa ottenne un rimborso delle bollette elettriche pari a circa 2 miliardi di euro . Dal 2005 fino al 2009 furono erogati altri rimborsi dall’ente pubblico per circa un miliardo di euro. Questi ultimi finanziamenti subirono la contestazione dall’unione europea perché considerati aiuti di Stato. La commissione iniziò il processo di infrazione. A questo punto gli americani, rischiando di doversi pagare le bollette da soli decisero di scappare dall’Italia. Già nel dicembre 2009 venne siglato un accordo con la saudita Ma’aden per la costruzione di un enorme sistema di produzione di alluminio sulla costa orientale dell’Arabia Saudita. Un sito dove lo sfruttamento della mano d’opera consente di produrre a costi inferiori. Da allora ad oggi è iniziato l’estenuante trattativa con lo stato per fare in modo che Alcoa continuasse a produrre in Italia, ma ormai i giochi erano fatti e la fabbrica resterà in funzione fino al 31 ottobre, poi per i lavoratori e le loro famiglie sarà la disperazione . Il tutto dopo aver fagocitato 3miliardi di euro di soldi pubblici. L’unica speranza è che la multinazionale svizzera produttrice di alluminio, Glencore rilevi gli impianti. Ma la soluzione non è gradita agli americani che giammai vorrebbero cedere i propri siti ad una azienda concorrente . Ed infine la questione della Carbosulcis. La miniera è di proprietà della regione Sardegna e la società che la gestisce è perfetta per soddisfare le bramosie dei vari manager di nomina politica. Gente per lo più incapace, ma da premiare per l’impegno messo nel favorire il governatore di turno. Proprio l’attuale presidente della regione Cappellacci ha posto un suo uomo alla presidenza della società, tale Alessandro Lorefice. Un giovanissimo manager giudicato da tutti inesperto e poco adatto alla guida delle miniere. Così, un po’ come sta accadendo alla Multiservizi di Frosinone, dopo anni di gestione allegra, anche la Carbosulcis costringe i suoi operai a scelte estreme per evitare di perdere il lavoro. La soluzione ci sarebbe e costituirebbe addirittura una scelta innovativa per produrre energia pulita pur utilizzando il carbone che viene dalla miniera. Infatti costruendo una centrale elettrica a carbone nel sito della Carbosulcis, c’è la possibilità di usare le cavità del sottosuolo per stoccare l’anidride carbonica residuo della combustione evitando di inquinare l’aria. Ma per realizzare questo progetto sono necessari 1miliardo e 800mila euro. E figuriamoci se un governo che ha l’unico scopo di spremere la popolazione per foraggiare le banche può minimamente pensare ad un investimento del genere. Nelle storie di queste attività produttive emerge tutto il dramma di lavoratori cittadini, donne e uomini che hanno subito e stanno subendo umiliazione e sofferenze proprio perché nessun partito , movimento o sindacato si è battuto veramente per loro. La lotta di classe è persa dai lavoratori proprio perché chi li doveva difendere è sempre stato armi e bagagli con il nemico. Allora come più volte detto è necessario far da soli. Organizzandosi in movimenti di lavoratori e cittadini che comincino a combattere il sistema liberista che depreda risorse pubbliche per realizzare enormi profitti privati . Muoviamoci perchè è già troppo tardi. Noi ci stiamo provando con il collettivo ciociaro anticapitalista. Speriamo che molti altri possano unirsi a noi.
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