Calma , non tradisca il titolo. A differenza di quanto si possa pensare, in questo post non volgiamo occuparci dell’ascolto delle intercettazioni telefoniche, tema che tormenta le notti del cavaliere Berlusconi e ultimamente anche del Presidente Napolitano, ma del’ascolto , o meglio dell’esercizio all’ascolto della musica jazz. Questo esercizio ha sempre affascinato gli appassionati, i quali possono apprezzare le differenze a volte notevoli che i musicisti pongono nell’esecuzione dello stesso pezzo nelle diverse occasioni in cui sono chiamati ad eseguirlo. E’ questa la potenza della musica jazz. Ogni musicista è sempre un compositore indipendentemente dal brano su cui si accinge ad improvvisare. Proviamo a fare insieme questo esercizio. Abbiamo scelto “All Blues” di Miles Davis. Il brano è uno dei cinque pezzi che compongono lo storico LP Kind of blue inciso da Miles Davis nel 1959. Per chiarire meglio la genesi di questo capolavoro giova ricordare che Miles Davis convocò in sala di registrazione jazzisti di diversa estrazione e linguaggio. Ai solidi Hard Boppers Julian Adderly, (sax alto) Paul Chambers (contrabbasso) James Cobb (batteria) Davis affiancò l’intellettuale e sofisticato pianismo di Bill Evans il cui lirismo era lontano dal linguaggio potente dell ‘ Hard Bop, e la genialità di John Coltrane (sax tenore) il cui stile stava già percorrendo sentieri del tutto nuovi proiettati verso il free che sarebbe arrivato un po’ di anni dopo. Per la cronaca della partita era anche un altro pianista, Wynton Kelly, che però non suona in All Blues. Il segreto per fare in modo che dei musicisti diversi come stile riuscissero a realizzare un capolavoro era semplice, lasciarli liberi di improvvisare. Miles Davis aveva concepito i brani di Kind of Blue solo poche ore prima di entrare in sala di registrazione. Ne aveva scarabocchiato qualche nota su un foglietto e sottoposto le scarne sequenze armoniche agli altri musicisti. Questi dunque si ritrovarono a suonare dei pezzi che non conoscevano e non avevano mai provato prima della seduta di registrazione. Il risultato fu che ogni singolo musicista, proprio nel momento in cui suonava partecipava attivamente alla fase compositiva. “All Blues”, è un blues classico. Nella prima clip si ascolta proprio la versione tratta da Kind of Blue. L’atmosfera è molto particolare, ipnotica. La tromba di Miles , con la sordina annuncia il tema, sul sottofondo dei due sax , l’alto di Adderly e il tenore di Coltrane, che contribuiscono a creare un impasto sonoro prezioso. Le improvvisazioni si susseguono con un Miles che tira fuori dalla sua tromba sequenze armoniche struggenti, Julian Adderly, pur rinvigorendo il tono dell’improvvisazione, mantiene la pacatezza del progetto armonico, irrompe poi Coltrane, che offre un saggio delle sue immense capacità tecniche e snocciola arpeggi e sequenze rivoluzionarie per l’epoca, tracciando già la strada del nuovo linguaggio che si svilupperà anni dopo. Chiude Bill Evans con un assolo pregevolissimo, lirico, che riporta i toni del brano a quella quiete riflessiva con cui era iniziato.
Seconda parte dell’esercizio. In questo frangente l’esecuzione di All Blues risale al 1964 in occasione di un concerto tenuto da Miles Davis alla New York’s Philarmonic Hall. Il gruppo è completamente diverso , si tratta del celebre quintetto che accompagnerà Davis nel corso degli anni ’60 con la sola differenza che al posto di Shorter al sax tenore c’è George Coleman. In particolare al Pianoforte siede Herbie Hancock, la ritmica, straordinaria, vede al contrabbasso Ron Carter e alla batteria un giovanissimo Tony Williams, completano il gruppo come già detto George Coleman la tenore e lo stesso Miles alla tromba. Rispetto alla prima esecuzione ci troviamo di fronte praticamente ad un altro brano. Il tema è sempre eseguito da Davis con la sordina ma ad una velocità tripla con degli effetti straordinari . L’attacco dell’assolo di Miles irrompe prepotente ed è un cazzotto nello stomaco , a differenza del primo All Blues, qui l’improvvisazione si dipana con una sequenza di arpeggi rapidi, di note suonate su registri altissimi, rari per lo stile di Miles Davis, anche il contributo di Hancock al piano è molto più frenetico rispetto all’esecuzione di Bill Evans, è notevolmente blusey, un momento crea tensione e il momento dopo la distrugge per ricrearne ancora. George Coleman evidentemente non è Coltrane però il suo assolo è virile, incisivo. Ma lo stravolgimento rispetto all’esecuzione del 1959 lo forniscono lo spettacolare drumming di Tony Williams ricco di soluzioni ritmiche sempre diverse e il motore pulsante del contrabbasso di Ron Carter.
Terza parte siamo a Monaco in Germania nel 1992 , purtroppo Miles Davis è venuto a mancare da poco e il gruppo che tiene il concerto in suo onore è quasi lo stesso del 1964 con la differenza che al posto di Miles c’è talentuoso Wallace Roney e Wayne Shorter sostituisce Coleman al sax tenore, rimangono Hancock al pianoforte, Carter al contrabbasso e Williams alla batteria. All Blues cambia ancora una volta . L’inizio sembra ricalcare le atmosfere dell’esecuzione di Kind of Blue, ma Roney, oltre a enunciare il tema con la sordina aggiunge un sequenza senza sordina. Spesso del progetto originario rimane solo l’incedere in 6/8 a volte neanche quello. Roney si produce in assolo straripante cambiano continuamente i toni e soluzioni ritmiche. Il vero mattatore però è Herbie Hancock la sua improvvisazione è impressionante per originalità ,e brillantezza , glissati e altre spericolate evoluzioni rendono la sua performance indimenticabile. Wayne Shorter al tenore come al solito, non è da meno diversifica la sua improvvisazione con momenti riflessivi, altri frenetici, altri ancora volti alla ricerca di sonorità inconsuete. Tony Williams è un batterista maturo, molti più magmatico e fantasioso rispetto al 1964, detta i tempi dell’esecuzioni alternando ritmi dispari a fughe veloci in sedicesimi. Ron Carter al contrabbasso aggiunge alla semplice funzione di metronomo quella di creare linee melodiche che si intrecciano con gli altri strumenti. Insomma un All Blues è ancora diverso, ancora trasformato.
E’ tutto, siamo giunti alla fine dell’esercizio speriamo di non avervi annoiato troppo , anzi speriamo di avervi fatto apprezzare la straordinaria vitalità di una grande forma musicale quale il jazz
Good vibrations.
P.s.
Ringrazio l'amico VincenzoMartorella che ha corretto alcune inesattezze del post.
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