Spesso mi si accusa di essere un utopista.
Secondo qualche mio amico blogger la solidarietà fra gli uomini non può
stabilirsi per natura. L’uomo nasce
individualista e per il proprio bene è portato a sacrificare e il bene degli altri. Sono perfettamente d’accordo
con questa analisi. Ma proprio perché la solidarietà non è insita nelle cose
umane bisogna organizzarsi contro chi ti calpesta per emergere e cercare quanto
più possibile di imporsi per non soccombere. Spesso, anzi quasi sempre, questa lotta è impari. Nella guerra alla sopravvivenza non tutti possiedono lo stesso arsenale . Pochi dotati di spregiudicatezza e spietatezza ma anche destinatari di
condizioni più fortunate, partono indubbiamente da posizioni di vantaggio che
usano per primeggiare ancora di più distruggendo e umiliando tutti gli altri.
Allora gli “ALTRI” quelli che partono da condizioni svantaggiate non hanno che
l’unica possibilità di unire le proprie esigue forze per farle diventare più
incisive utili a ritagliarsi uno spazio vitale dignitoso. Qui si
innesta il concetto di solidarietà così
come io la intendo, che non è quello
ecumenico e cristiano, ma è quello proprio di una PARTE, di una “CLASSE” di
persone che si organizza e combatte “PER
VINCERE” contro l’altra classe che si arricchisce dal loro sfruttamento. Sono i principi della lotta di classe sic et
simpliciter. Principi che mentre la
classe capitalistico -finanziaria ha sempre praticato con spietata efficienza,
la CLASSE degli altri li ha annacquati
dentro il miraggio tutto riformista della collaborazione fra capitale e
lavoro. L’utopia vera non è la
solidarietà di classe, ma è l’imbroglio della solidarietà fra grande impresa ,
finanza e mondo del lavoro. Questa è la grossa menzogna che ha portato il
proletariato, vecchio e nuovo, di cui fanno parte ormai anche i piccoli imprenditori, a disgregarsi, a soccombere e a peggiorare
progressivamente la propria condizione di vita. E’ bene tornare a convincersi che la grande
impresa non ha gli stessi interessi dei lavoratori, così come
i lavoratori non hanno gli stessi interessi della grande impresa. Tutto ciò per
dire che alla base del percorso necessario alla riappropriazione di qualche
diritto fondamentale sta la cara vecchia lotta di classe. Ciò è sacrosanto soprattutto in Italia dove l
a lotta di classe diventa anche conflitto per la legalità e finanche lotta di libertà. La classe imprenditoriale italiana, oltre a
rigenerarsi e a costituirsi sempre delle solite famiglie, pratica sistemi reazionari e perfino criminali per imporsi.
E non da adesso. Sin dagli inizi degli anni venti. I signori dell’industria, FIAT in primis, avevano usato le squadracce fasciste per
reprimere le prime insurrezioni operaie aprendo la strada al regime. Durante
il ventennio l’imprenditoria accattona ha fatto affari con Mussolini contribuendo a
al disastro economico, sociale e umano che la dittatura fascista ha
provocato. La Montecatini , gruppo chimico finanziario potentissimo
antenata dell’attuale ENI, realizzò
profitti milionari con la battaglia del
grano essendo la unica produttrice dei concimi necessari ad aumentare il
raccolto. Con l’autarchia il colosso chimico passò al controllo di tutta la
produzione nazionale della siderurgia e alla raffinazione di un carburante di
derivazione chimica altamente inquinante con il quale si sopperiva alla mancanza di
idrocarburi non più importati . Nel periodo autarchico Montecatini assicurò dividendi per i propri azionisti pari a 260
milioni di lire per tre anni , avvelenando l’aria delle città e diminuendo le
retribuzioni degli addetti. Il regime
con i soldi dei piccoli risparmiatori drenati dalla casa depositi e prestiti salvò dal dissesto la Banca Commerciale che, avendo
acquisito aziende agricole in
fallimento, in pagamento di crediti inesigibili concessi ai contadini, si era
trovata in crisi patrimoniale e di liquidità.
Dalle macerie della guerra la
classe imprenditoriale e finanziaria continuò a fare affari sulla pelle della
povera gente. Anche in periodi di crescita e prosperità economica, come negli anni ’60 i grandi
imprenditori hanno lucrato. Le grandi famiglie industriali trattavano con lo
stato l’entità delle tasse da pagare, il meno possibile evidentemente,
lasciando al lavoro dipendente l’onere di finanziare lo stato sociale. E quando
all’inizio degli anni ’70 la crisi economica cominciò a mordere, costringendo il
governo con la riforma Visentini del
1971, entrata in vigore nel 1973, a introdurre il regime di tassazione
progressiva, i grandi accattoni hanno
iniziato a trasferire i propri capitali nei paradisi fiscali. In tal modo lo
Stato si è visto costretto ad emettere
debito pubblico per sopperire alle mancate entrate fiscali, causate dall’evasione. Titoli acquistati per lo più da quegli stessi
grandi imprenditori accattoni con i
capitali frutto dell’ evasione. Per cui questi signori oltre a non
pagare le tasse erano anche i maggiori creditori degli interessi sul debito nazionale, truffando due volte la popolazione. Proprio l’irreversibile svilupparsi di questa
dinamica è stata una delle maggiori cause del disastro economico e sociale
attuale. E siamo all’oggi. I Riva,
finanziatori della campagna elettorale del 2006 sia di Bersani che di Berlusconi,
con l’aiuto del governo avvelenano la
popolazione di Taranto non curandosi
nemmeno di modificare i sistemi di trasferimento delle polveri ferrose dalle
navi alla banchina. E sono anche fra i
beneficiari del regalo che Berlusconi , con l’abile regia dell’allora banchiere
Corrado Passera , fece a loro e ad altri campioni dell’intraprendere italico
come il gruppo Marcegaglia, Benetton, Toto. La compagnia aerea di bandiera
Alitalia. Sotto lì’abile guida di questi
cialtroni, la compagnia si sta disintegrando, truffa i propri passeggeri, spacciando voli low cost made in Romania come
voli di lusso firmati Alitalia, sbanchetta i velivoli incidentati. Per non parlare di Fiat che da 113 anni
continua a succhiare il sangue dei cittadini sfruttando gli operai e negli
ultimi anni facendosi beffa, così come i
Riva, delle sentenze della magistratura che
li condanna. Gli scandali finanziari che
stanno coinvolgendo il Monte dei Paschi ma che, siamo sicuri, presto coinvolgeranno anche
altre banche, le mazzette di Fincantieri agli indiani,lo scandalo Eni Saipem, toh chi si rivede, e tutte le altre squallide vicende di
mazzette che stanno scuotendo il capitalismo privato e di Stato, sono la
concreta dimostrazione che la lotta di classe, loro l’hanno vinta senza farsi
scrupoli dei mezzi adottati. E’ dunque
una malattia così incancrenita non si estirpa con terapie riformiste, ma va
sradicata con la lotta. Non si tratta di qualche mela marcia ma dal sistema che è marcio e non
da oggi. Dunque bisogna tornare a
agitare un conflitto classista, puntando alla gestione delle fabbriche da parte
dei lavoratori e alla gestione delle banche da parte dei cittadini. Questo è l
nocciolo del problema, il resto è propaganda elettorale.
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