Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 1 novembre 2013

Lucidi (Udinese-Roma 0-1)

Kansas City 1927


"Vabbè dai, prima o poi doveva finì, mpareggio ce po sta, c'ha pure senso che succede a Udinese che non perde a Udinese dal 18 Brumaio, nfa niente, anzi così se semo levati sta cappa de vittorismo da sopra la testa".

"Si si, lo spauracchio della prima sconfitta andava affrontato, alla fine fa parte der gioco, la palla è rotonda, undici so loro, tre so i risultati, poi comunque perdi 1-0 ce po sta, so episodi".

"Manfatti guarda, mber bagno de umiltà è quello che je ce voleva a sta squadra, via i grilli dalla testa, via le chiese dal villaggio, certo 6-0 è dura eh, ma almeno mo stamo tutti coi piedi per terra".

L'attesa der fischio score così, tra nescalation de scaramanzia e maniavantismo. Se preparamo ar peggio perché non semo abituati ar mejo. Mettemo le mani avanti perché troppe volte se semo sgrugnati a cascà de faccia mentre ancora soridevamo.

Ma a sto giro er soriso è teso, tirato, innaturale. Manca Ercapitano. Manca Gervi. Ma chi ce lo doveva dì che stavamo in pena perché manca Gervi. Ma quest'anno è così, ogni domenica è na sorpresa e se impara na cosa nuova, semo tutti stagisti der tifo, apprendisti dell’ansia, tirocinanti della sudorazione fredda.

E certo il quadro clinico non migliora quando dopo 3 minuti 3 uno col nome da soubrette sudamericana, uno che a vedello in faccia e a vedé quanto core diresti che è chiaramente un peccato de gioventù de Ronaldo, insomma Muriel, se invola giulivo verso la porta.

Il precario quadro psichico de Morgan è sul filo dell’implosione.
La vita de Biabiany sta pe tornà la noia che è sempre stata.
Noi se stamo pe rassegnà all’inevitabile.

Ma la Roma è na squadra, un collettivo, na grande famiglia, e tutti, se s’allennano bene, prima o poi so chiamati a fa la parte loro, ed e così che, dopo mesi de anonimato, dopo le diffidenze al momento dell’arrivo, se mette in luce uno de quegli strani acquisti de Sabatini. In uno dei suoi viaggi tra na periferia disagiata e ncampo porveroso de na qualche metropoli sudamericana, Varter l’aveva notato subito.

“Braccio destro, dimmi il nome di questo centrale altero, luttuoso, garibaldino, tantrico, esentasse, e altri aggettivi che tu sai”
“Palo”
“Paulo, tu hai un concetto potente di fissità, un’algida debordanza, l’imperiosa arroganza della privazione di movimento, la millenaria capacità di esercitare gravità in un punto predefinito”.
“Direttore, è un palo” se sentiva de specificà er braccio destro.
“Sì, Palo, lo chiameremo così, come Paulo ma senza U, come Pato ma con la L, come Palomba ma senza Mba.”

E così Palo fa er suo, Biabiany ricomincia a fa er fico, Morgan non squarta capretti in campo, noi ripiamo colore, Rudi che comunque nsera scomposto, rimane composto.
E’ comunque na doccia de realismo che ce ricorda che dentro a sto sport, pe quanto ormai sembri veramente impossibile, può pure capità de piallo er gò, e ricordacce sta cosa, mpochetto, ce fa cacà.

Se chiudemo, ma come se chiudemo noi quest'anno. Non è quel chiudere preoccupato che comunica “Madonna, tu guarda se nse la dovemo ricordà sta giornata, sta pure a mette freddo, guarda se nse piamo na cosa”. No, è più un chiudese che dice “MBE SI MO NON ME VA VABBE? MO GIOCHI TU, DAJE, VEDEMO CHE SAI FA, SO DU GIORNI CHE FAI ER COATTO MO VEDEMOLI STI NUMERI, DAJE, STANCATE MPO COSI’ POI TE NFINOCCHIO COME A TUTTI L’ARTRI”. Un trionfo de maiuscolo e tracotanza che poi nei singoli gesti vordì che er Venditore de tappeti (copyright suo de egli stesso medesimo) se scatafionda su ogni palla co scivolate che ar confronto la microchirurgia è imprecisa. Ma soprattutto sta maiuscolitudine vordì che stamo a diventà na squadra dove non basta superà er portiere pe fa gò. A sto giro è er Castagna a spiegà sto concetto ar monnonfame: se ce voi segnà o te chiami Biabany o devi entrà in porta co tutto er pallone.

Er primo tempo se ne va così, tra cartellini gialli assegnati alla cazzo e nudinese che comunque ce prova mpo più de noi, tra un Gliaìc che pare come quando lasci la tv co la lucetta rossa, che non è spenta ma manco accesa, e un Boriello che l’unica palla bona che je ariva prova a mettela e fa sfragnà er portiere che se stupiva davanti ai vulcani - Che Lava! - contro er palo. Ma noi stamo tranquilli. Noi se fidamo dei ragazzi nostri. Noi se fidamo de Rudi. Sempre.

In effetti quando se ricomincia loro so mpo più appannati, però pure noi stamo mpo meno tonici der solito, specie Sordato Florenzi e Bosnia Capoccia oggi se vedono mpo de meno, e a volte quando se vedono non è proprio lo stravede. Ao, capita, ce po sta. E’ che però noi la voremmo proprio vince sta partita, quindi se cambia. Fori Florenzi e dentro Aquistinho, e dopo poco fori Pjanic e dentro Torosidis, che però non è er cambio naturale, c’è un ma. Er ma è che Maicon fa na cazzata. Ce pare impossibile, so 3 mesi che se stamo a rotolà ner fatto che er Colosso è nignezione de esperienza, maturità e savuarfèr, il che è tutto na cifra vero. Ma l’esperienza, la maturità e il savuarfèr non te mettono al riparo da quei momenti che pe nattimo ntariva l’ossigeno ar capoccione, e allora capita che te perdi nattimo, e tempo che te ritrovi stai a guardà er cartellino che te dice ciaone.

Liedholm aiutece te.

Ma mentre evocamo l’allenatore che fu, l’allenatore che è ce spiazza co un cambio. In dieci t’aspetti che lasci dentro Borriellone a fa da boa, manvece no. Dentro er Lucido e rimane dentro Gliaìc a fa la zanzarella cacacazzi. 4-4-1 co Bradley esterno sinistro, so quegli assetti once in a lifetime che rimangono nella memoria se la partita va molto bene o molto male.

A quanto pare pe noi non è ancora giunto il tempo del molto male.

Mancano 10 minuti. Na squadra normale penserebbe solo a portasse a casa er punticino.

A quanto pare pe noi non è ancora giunto il tempo de esse na squadra normale.

Er Piovra arpiona co i tentacoli orange na palla che vaga a metà campo, er Cigno riceve, processa e recapita ar 16 de Ostia. Capitan Filtrante sa che oltre a portà er peso della fascia se deve accollà tutto il resto, e sapendo che da grandi responsabilità derivano grandi lanci, infila na palla de 30 metri pe Strootman che intanto se n’è ito in profondità. Ar che se verifica er miracolo der Corpo Unico de Nostro Padre Santissimo Rudi da Nemours. I giocatori se fanno arti, er tutto se fa uno, i movimenti se coordinano e rispondono a na testa sola.

Er Piovra tiene palla sapendo che la grammatica de Garcia c’ha regole tutte sue che c’hanno tempi tutti loro. Gliaìc je se ariccia intorno a disegnà na virgola sur campo, Marquinho capisce tutto, ma ndeve capì niente, lui LO SA, e core verso Kelava a mettece solo i puntini de sospensione e lasciacce tutti appesi. Kevin aspetta, aspetta, aspetta, e quando vede na palla de luce arivaje alle spalle allora LO SA che è ora de mette i due punti e de lascià spazio all’americano che deve pronuncià La Frase, che poi in inglese è sentence, che nfatti più che na frase è na sentenza. Er Lucido, dopo du mesi de silenzio, sa che basta poco, anzi che ncè proprio niente da dì, basta un punto esclamativo, e ce lo mette, lì in fondo alla rete.

Loro s’abbracciano, noi scardinamo l’urtimi residui d’appartamento sopravvissuti all’urtime partite viste in tv, se accanimo sui pensili, sradicamo gli stop, squarciamo i redivivi cuscini, disarcionamo le mattonelle, strappamo i fili dagli interruttori. Se famo paonazzi e finimo la voce, se guardamo come a disse “dimme quarcosa, dimme che è tutto vero”, ma non je la famo, perché du secondi prima se te ricordi bene avevamo finito la voce.


E’ la nona, eguagliato er primato de Capello e de Beethoven.

Stamo fori de testa, stamo su na nuvola, stamo a sognà, stamo carichi fracichi. Noi però.
Loro che so loro che poi semo noi ma so loro, quelli che scendono in campo, loro no. Loro so contenti ma tranquilli, esaltati ma sereni, perché sanno sempre che er momento bono ariverà, che basta aspettà senza fa cazzate e ricordasse che semo forti, concentrati, lucidi.


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