Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 3 marzo 2014

Venezuela: una nuova lezione di democrazia

Di Carlos Fernandez Liria fonte: http://znetitaly.altervista.org/

La complicità dei media spagnoli con il golpismo venezuelano, non è stata mai così esplicita e  convinta come nel 2002, ma è stata ugualmente ripugnante. Le stesse bugie di sempre, gli stessi argomenti, la stessa spazzatura. Però, secondo me, quello che risalta più di tutto, è  il silenzio degli intellettuali di più alto profilo circa quello che mi sembra il fenomeno più notevole nella storia della democrazia moderna. In Venezuela, fino dal 1999, cioè l’anno cui Chavez è diventato presidente, i poveri hanno vinto le elezioni 17 volte di fila (nota della traduttrice: in effetti hanno perduto un’elezione nel 2008, un referendum costituzionale, ma questo è tutto].
Nel 2006  ho pubblicato, insieme a Luis Alegre Zahonero, un libro intitolato: ‘Understand Venezuela, Think Democracy  [Capite il Venezuela, pensate democrazia]. Il principale argomento che difendevamo deve sembrare un’esagerazione retorica che non avevamo bisogno di tenere in considerazione. Tuttavia parlavamo seriamente. Difendevamo il fatto che le vittorie elettorali di Chavez  erano l’evento più importante e interessante fin dalla Rivoluzione francese. E mi sembra ancora così. Dal punto di vista della fedeltà ai principi della democrazia e dello stato di diritto, non c’è un esempio analogo, e se avessero un pochino di vergogna, tutti gli intellettuali che si dichuaravano democratici e liberali avrebbero dovuto rimanere a bocca aperta, ammirando la bellezza del processo bolivariano.
Nell’intera storia della democrazia, mai i poveri avevano vinto le elezioni (per 17 volte), e senza che questo risultato venisse seguito da un colpo di stato, da un’invasione, o da una guerra che mettesse fine all’ordine costituzionale. E’ vero che molte volte i poveri hanno votato massicciamente per la destra, ma la caratteristica del processo bolivariano è che questa volta hanno votato per la sinistra. Per essere più precisi: quello che prima non era mai accaduto è che l’oligarchia di un paese ha perduto le elezioni ed è stata obbligata a restare nell’ordine costituzionale. La norma generale nella storia della democrazia è stata sempre molto diversa. In Spagna lo sappiamo meglio che in qualunque altro posto:  l’ultima volta che l’oligarchia ha perduto le elezioni lo abbiamo pagata con  un golpe, una guerra civile, 40 anni di franchismo, e migliaia di persone torturate e scomparse.
Nel libro citato abbiamo esaminato altri casi del 20° secolo: il Guatemala dal 1944 al 1950 (La United Fruit Company ha finanziato 32 tentativi di golpe contro il governo costituzionale di José Arevalo), il Guatemala nel 1954: (invasione contro il governo costituzionale di Jacobo Arbenz), l’Indonesia nel 1965 (circa un milione di morti per pagare il passo  falso elettorale che ha dato la vittoria a Sukarno, il Brasile nel 1964 (colpo di stato contro l’ordine costituzionale di Joao Goulart che aveva osato fare una legge sul salario minimo, il Cile nel 1973 (golpe contro l’ordine costituzionale presieduto da Allende). In tutti questi casi la storia ripete se stessa: l’oligarchia accetta la democrazia quando coloro che difendono i loro interessi, vincono. Se ne liberano quando quelli  che vincono li danneggiano. La lista è istruttiva: Iran 1953, Repubblica Dominicana 1963, Haiti 1990, Haiti 2004, Bolivia 1980, Russia 1993. In  Nicaragua hanno pagato le due vittorie sandiniste con una guerra durata dal 1979 al 1990. In Colombia sono stari più prudenti. Prima che l’Unione Patriottica potesse vincere le elezioni, hanno ucciso, uno per uno, tutti i loro portavoce elettorali.
Neanche in Europa la storia della democrazia è stata molto encomiabile. Non soltanto per i casi più ortodossi della Spagna nel 1936, della Grecia nel 1967, o della Russia nel 1993. Il problema è che il fascismo europeo era stata l’ultima risorsa dell’oligarchia per disfarsi della democrazia quando metteva i loro interessi a rischio in modo grave. E dopo la seconda guerra mondiale, dopo una sconfitta del fascismo in cui i partiti comunisti avevano avuto un ruolo da protagonisti, la democrazia è stata
ripristinata per la minaccia della dottrina Truman: gli Stati Uniti avevano  avvertito che ci avrebbero invaso se i comunisti avessero vinto le elezioni in Europa. Tra il 1970 e il 1980, l’Operazione Gladio ha vigilato, senza risparmiare su tutte le misure terroriste, che questa eventualità non divenisse mai una realtà.
Non insisterò più su quello che ho già detto così tante volte: sotto il capitalismo nessun ordine costituzionale ha resistito all’esperimento elettorale di danneggiare gli interessi dell’oligarchia. Ogni volta che è stato necessario scegliere tra gli interessi del capitale e gli interessi della democrazia, si è chiuso con la costituzione, il parlamento e la democrazia in generale. Il capitalismo è assolutamente incompatibile con la democrazia. La democrazia viene rispettata quando vince la destra oppure quando i partiti di sinistra fanno politiche di destra. Quando le cose non vanno così, la democrazia è spacciata.
Per ora, c’è stata un’eccezione gloriosa e ammirevole: il Venezuela e la successiva rivoluzione bolivariana in America Latina. Da allora è stata quasi un’eccezione che conferma la regola, dato che la minaccia di colpi di stato c’è stata sempre e, inoltre essa è stata sempre applaudita e appoggiata dai media europei e statunitensi e dalle classi politiche. La differenza, però, è che il popolo venezuelano è riuscito, nel 2002, a far fallire un golpe, e da allora non ha smesso di vincere elezioni senza che il golpismo fosse in grado di cambiarle.
Leopoldo Lopez  è  un capo di un colpo di stato nel 2002, come Capriles. La cosa più logica in un ordine costituzionale è che dovrebbero andare in prigione, ma la separazione dei poteri che c’è in Venezuela, li ha favoriti in quel periodo, dato che c’era anche un sacco di golpismo nel potere giudiziario. Paradossalmente, l’ordine costituzionale che loro stessi avevano attaccato, li ha salvati. E’ inutile credere che gli equivalenti di Leopoldo e di Capriles in qualsiasi delle nostre celebri democrazie costituzionali sarebbero in prigione. E’ quello che ci piace credere, ma non è vero. La regola storica è che i Leopoldo e i Capriles hanno sempre sistemato le cose in modo da porre fine all’ordine costituzionale quando il risultato delle elezioni non gli conveniva. La norma è che vincano sempre. Se in Venezuela non è successo così ,  è stato grazie alla maturità rivoluzionaria di un popolo impegnato, eroico, intelligente, un popolo che ha sempre saputo come difendere la sua democrazia in modo pacifico (ma armato), con ammirevole prudenza e buon senso.
La insolita e magnifica eccezione la dobbiamo senza dubbio a Chavez e al popolo venezuelano. L’oligarchia golpista ha dovuto ingoiare già per 17 volte una vittoria elettorale a suo sfavore.  Nulla del genere è accaduto nella storia della democrazia. I filosofi dovrebbero pensarci; questo è uno di quegli eventi di cui Alain Badiou (filosofo francese, n.d.t.) parlerebbe. Inoltre, in Venezuela c’è qualcosa che rende questa eccezione anche più bella ed eroica. La sconfitta del golpismo è, soprattutto, la sconfitta del razzismo. Infatti, anche se ci sono in gioco molti interessi economici, si deve dire che all’oligarchia venezuelana  non è andata troppo male con la Rivoluzione bolivariana, come dimostra l’esistenza di “Boliborghesia” soddisfatta. Il problema fondamentale credo che sia stato un problema di razzismo. Ciò che è  diventato intollerabile per l’oligarchia venezuelana è che coloro che continuano a vincere le elezioni sono di colore, mulatti, indigeni, poveri. Questo è il motivo per cui chiamavano Chavez la “scimmia”. Deve essere terribile vedere che qualcuno che chiamavate “scimmia” vi batte alle elezioni dieci volte di fila. I sanculotti non avevano mai vinto tante volte e per un periodo così lungo. E in modo così pulito: tramite le elezioni.
L’eredità è stata impressionante. La vittoria di Evo Morales in Bolivia di Rafael Correa in Ecuador, di Cristina Kirchner in Argentina, di Josè Mujica in Uruguay…la mappa politica dell’America Latina è totalmente cambiata e indica la strada per resistere al neoliberalismo in Europa. Non ci eravamo trovati  davanti a un’esperienza così interessante, far funzionare lo stato di diritto ai margini di una dittatura economica capitalista. Non abbiamo mai avuto uno spettacolo così bello in cui un popolo fa mordere la polvere all’oligarchia per mezzo delle elezioni (senza morti, guerra, bagni di sangue o stati di emergenza). E’ stata la situazione più simile a un vero stato di diritto che si sia avuta nella storia. E’ totalmente il contrario di quello che abbiamo qui in Europa dove chiamiamo  ‘stato di diritto’ un modello politico dove i risultati elettorali sono rispettati soltanto quando coloro che vincono hanno già il potere economico. E’ patetico vedere come, con una completa dittatura di banchieri, i media Europei osano ancora dare lezioni di democrazia.
In ogni caso, c’è il popolo venezuelano a ricordarci che, malgrado tutto, la democrazia è possibile e che la posta in gioco per lo stato di diritto merita lo sforzo.

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