Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 24 gennaio 2015

Qe, mistero a sinistra

Roberto Errico. fonte "il manifesto" del 24/01


Che i mer­cati e gli espo­nenti poli­tici del Par­tito Unico dell’Austerità festeg­gino il pro­gramma di Quan­ti­ta­tive Easing (Qe) varato dalla Bce non dovrebbe stupire.
Lascia ester­re­fatti, invece, che in ambito sin­da­cale e negli ambienti «di sini­stra», ci sia chi saluti posi­ti­va­mente una mano­vra carat­te­riz­zata da almeno quat­tro grosse criticità.

1.    Il fatto che solo il 20% degli acqui­sti di titoli di Stato e bond pri­vati siano garan­titi dall’istituto di Fran­co­forte, men­tre il restante 80% debba essere garan­tito dalla sin­gole ban­che cen­trali nazio­nali rap­pre­senta una vit­to­ria cla­mo­rosa dei fal­chi tede­schi della Bunde­sbank. In sostanza, gli Stati si faranno garanti di una quota mag­gio­ri­ta­ria anche dei pro­dotti emessi da aziende pri­vate del loro ter­ri­to­rio ed acqui­state dalla Bce, con il rischio di un nuovo aumento del debito pub­blico in caso di per­dite su que­sti strumenti.
2.    La Bce potrà inve­stire solo in obbli­ga­zioni di Stati aventi un rating almeno pari a investment grade oppure sot­to­po­sti ai pro­grammi di «aiuto» del Fondo Monetario. Ciò rap­pre­senta un raf­for­za­mento della linea dell’austerità ed un avver­ti­mento in par­ti­co­lare a Syriza: l’unica con­di­zione per acce­dere al pro­gramma è la con­ti­nuità, nel segno del rispetto dei prin­cipi della supe­rio­rità dei mer­cati finan­ziari sulla sovra­nità nazio­nale e della ine­lut­ta­bi­lità delle «riforme».
3.    Lo stru­mento è poten­zial­mente peri­co­loso. Con il Qe le ban­che cen­trali stam­pano moneta che immet­tono sui mer­cati finan­ziari tra­mite l’acquisto di titoli. Come amplia­mente dimo­strato dal caso Usa, la mag­gior parte del danaro pom­pato rimane all’interno dei cir­cuiti finan­ziari. Indub­bia­mente, la cen­tra­lità assunta dai mer­cati finan­ziari come «crea­tori di ricchezza» rende pos­si­bile nel breve un aumento anche con­si­stente del Pil. Esso è però gene­rato da una cre­scita senza pre­ce­denti dei corsi azio­nari, con il rischio di deter­mi­nare nel medio periodo lo scop­pio di una peri­co­losa bolla sui mer­cati stessi ed una nuova con­tra­zione del Pil.
4.    Il caso ame­ri­cano ci dimo­stra anche che ad una cre­scita del Pil trai­nata dai mer­cati finanziari, cor­ri­sponde un enorme aumento delle disu­gua­glianze tra chi può massicciamente inve­stire sul rally azio­na­rio e chi non detiene risparmi significativi. La stessa forte dimi­nu­zione della disoc­cu­pa­zione negli Usa, è avvenuta gra­zie soprat­tutto ai pro­grammi di resho­ring posti in essere dall’Ammistrazione Obama. Con que­sti pro­grammi, le aziende Usa sono tor­nate ad inve­stire nel loro paese, in cam­bio di con­si­stenti sgravi fiscali, incen­tivi economici e abbat­ti­menti del costo del lavoro che hanno intac­cato soprat­tutto i salari dei nuovi assunti. Si tratta in sostanza della ver­sione a stelle e stri­sce delle riforme che anche Dra­ghi pre­tende come contropartita.
Ecco, spie­gato in breve, la giu­sti­fi­ca­zione dell’entusiasmo dei mer­cati. Come fac­ciano ad essere sod­di­sfatti di que­sta mano­vra coloro i quali vor­reb­bero, almeno a parole, limi­tare lo stra­po­tere dei mer­cati finan­ziari, rimane un mistero.


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