Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 12 maggio 2016

9 maggio 1978. Peppino Impastato veniva assassinato dalla mafia. La commemorazione rivoluzionaria dell'Osservatorio

Luciano Granieri



Si è svolta lunedì 9 maggio presso il Casa del Volontariato di Frosinone, la commemorazione dell’assassinio  di Peppino Impastato, il  giovane attivista di Cinisi trucidato dalla mafia  proprio il 9 maggio del 1978.  L’evento è stato organizzato dall’associazione Osservatorio Peppino Impastato di Frosinone. 

Oltre a ricordare Peppino, l’Osservatorio ha illustrato, attraverso un video e gli interventi del Presidente Francesco Notarcola, del Vice Presidente Mario Catania, le attività svolte sul territorio e la volontà di proseguire nella divulgazione dei valori della legalità, e della giustizia sociale. Al dibattito hanno partecipato il poeta e saggista Alfonso Cardamone e il professore di storia e filosofia Mario Morsillo.  

L’incontro a cui erano presenti molti giovani, si è rivelato interessante ed inusuale, così come è stata l’attività di Peppino Impastato. E’ inutile nascondere che la storia del ragazzo di Cinisi è rimasta pressoché sconosciuta  fino a quando il bellissimo film di Marco Tullio Giordana “I  Cento Passi” ne ha svelato la potenza rivoluzionaria. Un potenza  creativa nel suo modo di agire la lotta che ha conquistato i giovani.  Il film esce nello stesso anno, il 2000, in cui finalmente inizierà il processo al vero mandante dell’uccisione di Peppino il capo mafioso Tano Badalamenti. 

L’improvvisa notorietà e l’inizio del corretto percorso processuale depurato da depistaggi ed insabbaimenti, hanno costretto la letteratura antimafia ad iscrivere fra i propri martiri anche  Peppino Impastato, ma sempre  come figura subalterna agli eroi istituzionali, Falcone, Borsellino, agli altri magistrati, e ad  esponenti delle forze dell’ordine caduti per mano dei mafiosi. 

Per quale motivo la vicenda di Peppino Impastato è rimasta così a lungo nell’oblio e ancora oggi viene riportata con prudenza?  Perché Peppino era un rivoluzionario, era un attivista politico irrequieto   per  cui le titubanze del Partito Comunista,  la cui corrente migliorista alla fine degli anni ’60  in Sicilia  se la intendeva con la Dc di Salvo Lima,  erano asfissianti .  Neanche il Psiup (Partito Socialista d’Unità Proletaria) il collettivo del Manifesto erano così radicalmente rivoluzionari, tanto che finì per confluire in Lotta Continua. 

La  mafia per lui non era problema di ordine pubblico, ma di sistema. L’ipertrofia del sistema capitalistico, che trovava nella mafia uno sbocco per certi versi obbligato, soprattutto in un certo tipo di contesti  culturali quali quello siciliano, era il vero nemico. E ancora rivoluzionario era il modo di contrastare le organizzazioni mafiose, non con le pistole, ma con le armi della controinformazione e dell’ironia. La sua radio, Radio Aut, cui questo blog indegnamente si ispira,  è stata un arma potentissima, così potente da indurre chi è stato colpito da quei proiettili carichi di ironia e sberleffo a rispondere con l’eccidio che ha devastato il corpo di Peppino e, fino agli inizi del nuovo millennio anche la sua memoria. 

L’impegno politico, in certe aree ideologiche  pericolose per l’establishment,  un’intellettualità immensa, combinata con la capacità di coinvolgere le persone, l’ironia e la sapienza  nello smontare pezzo pezzo tutta la struttura  portante di un sistema egemone, come quello mafioso, sono elementi che stonano con la figura del fedele servitore dello Stato caduto nel assolvimento del proprio dovere. Peppino non era servitore di nessuno nemmeno dello Stato, anzi cominciava a denunciare come alcuni pezzi di Istituzioni, loro si,  erano servitori della mafia. 

Ecco perché le commemorazioni  ufficiali, che ogni anno si svolgono per ricordare Peppino, traboccano di stucchevole retorica, e mai rendono giustizia del suo impegno. Ne trascurano, o meglio ne nascondono, il contesto politico e sociale, sorvolano sui depistaggi, i tentativi di insabbiamento, sul fango con cui ne è stata macchiata la memoria. 

Nella commemorazione organizzata dall’Osservatorio Peppino Impastato, lunedì scorso, invece, è emerso l’Impastato rivoluzionario. E’ stata spiegata esaurientemente la situazione politica in cui si è svolta la vicenda di Peppino, le implicazioni sociali. E’ emerso il modo in cui Peppino approcciava l’azione politica e di denuncia. Si è rivelato  chiaramente l’affresco storico e sociale in cui certe convinzioni sono maturate. 

E’ stata dunque una commemorazione in cui proprio determinate analisi e riflessioni, hanno imposto la necessità di ripercorrere almeno nelle modalità, la stessa strada di Peppino Impastato. Mai come nello scenario politico sociale odierno serve rimettersi a lottare così come faceva Peppino, con l’ironia, la controinformazione,   per il perseguimento di una giustizia sociale ormai liquefatta. Bisogna essere rivoluzionari, nel senso di imporre quantomeno il rispetto della Costituzione. 

E qui chiudo con una considerazione.  Oggi i rivoluzionari, sono quelli  che chiedono il rispetto della Costituzione, mentre coloro i quali vogliono imporre le leggi del sistema mercato, all’interno del quale le pratiche mafiose sono tollerate se non esaltate, cercando di distruggere la Carta Costituzionale  che tali leggi contrasta, sono i  veri moderati . Che rivoluzione è quella che impone il rispetto della Costituzione e ne difende i principi?

I video dell'evento sono a cura di Ciocieconleali WEB TV






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