Per un marxista-romanista come il sottoscritto il 4 dicembre
scorso è stata veramente una giornata particolare. Derby Lazio-Roma, referendum
costituzionale. Un marxista-romanista, per sua natura è uno che, tanto nella
vita politica, che in quella da tifoso è abbonato
a scoppole epocali. Ci abbattiamo, cediamo
allo sconforto, ma sempre elaboriamo la sconfitta e ripartiamo lancia in resta
nella nostra lotta, incuranti della
possibilità di prendere un’altra tranvata.
La vittoria lazziale in un derby ha il potere di
prostrarmi per molti giorni. Sul
referendum è inutile dire che la sconfitta del no, oltre a distruggere la Costituzione, avrebbe
vanificato mesi di lotta politica entusiasmante, ma anche faticosa. Lotta che
mi ha visto impegnato con molti amici e compagni, pancia a terra in difesa
della Carta del ’48 contro la deriva autoritaria che la riforma avrebbe imposto. Le
aspettative erano quelle di evitare una Caporetto totale, salutando almeno una vittoria. Gioire da pazzi per entrambi i trionfi non sarebbe stata roba per marxisti-romanisti. Per noi vincere è
quasi illegale.
Le premesse non erano buone. In quanto al derby, la Roma veniva da una vittoria per 3 a 2 contro
la matricola Pescara offrendo una prestazione discontinua, permettendo alla squadra abruzzese
di segnare due gol tutti insieme, fatto assolutamente eccezionale, e attirandosi una marea di
critiche. Una “stecca” rimediata in allenamento metteva fuori causa anche Momo
Salah affollando ulteriormente un’infermeria giallorossa già piena . La Lazio
invece era reduce da una striscia
positiva lunghissima, esaltata e osannata dalla critica. Insomma una vittoria dei
biancocelesti era considerata molto probabile. Per il referendum gli ultimi
sondaggi davano il no avanti di 7 punti, ma la grande massa degli indecisi
(27%) , le ultime notizie sul voto degli italiani all’estero, dato
massicciamente a favore del si, e l’occupazione
totale delle televisioni da parte del Presidente del Consiglio non mi rendevano propriamente ottimista.
Sotto questi
auspici arriva la mattina del 4 dicembre. Vado a votare presso la mia sezione, poi dopo una
rapida colazione arrivo al seggio dove sono rappresentante di lista. La
situazione è tranquilla, l’affluenza è stranamente numerosa. Arriva una
telefonata, bisogna andare alla sezione 28 dove una pasdaran piddina pare stia
accompagnando elettori ed elettrici fino alla soglia della cabina elettorale,
sfrantumandogli gli attributi , ovaie comprese, per convincerli a votare si.
Arrivo sul luogo del misfatto, la signora in questione, avvolta in una sontuosa
pelliccia (ma non erano proletari?) mi
vede arrivare, saluta con indifferenza e se ne va. Tornerà mi dico, passa un po’
di tempo e la pasdaran non si vede . Avrà preso paura? Eppure noi comunisti
eravamo famosi per mangiare i bambini non i piddini. Me ne torno tranquillo al
mio seggio. Arriva a votare il figlio di una mia carissima amica. Sta studiando
per diventare dirigente Pd. Ci salutiamo cordialmente, del resto siamo amici.
Il ragazzo s’informa se sono rappresentante di lista, poi mi chiede se c’è
qualcuno che rappresenti il si. Non c’è, la cosa lo mette di malumore, e non lo
nasconde. Evvabbè che ci posso fare io, vallo a dire al tuo segretario
provinciale. Ora di pranzo su quasi 1500
votanti si sono espressi
oltre 500 persone. Ottima affluenza superiore a quella nazionale che si attesta
al 21% Sarà un bene, un male? Il solo pensarci mi fa venire il mal di testa.
Vista
la situazione tranquilla decido di farmi del male e vedere la partita prima di
ritornare al seggio. I laziolotti se la sentono “calla”, giocano in casa, sono
più di 35mila noi, si e no, 6mila.
Diserzione di protesta per le barriere che dividono la curva, non entro nel
merito. Fanno volare una povera aquila spaurita con drappo biancoceleste attaccato
alla zampa. Sarebbe da chiamare la protezione animali. Sventolano le bandiere lazziali.
Comincia la partita nel tripudio biancoceleste. Loro partono forte, tanto che
Immobile arriva due volte al tiro, ma spara alto. Piano, piano però cominciamo a
prendere campo. Bruno Perez, il nostro laterale destro, viene abbattuto vicino all’area. Non è rigore, si è rigore, no non è rigore,
pare che il fallo sia avvenuto fuori
dall’area. E’ solo una punizione
peraltro infruttuosa.
Secondo tempo. Il vento sta decisamente cambiando, la palla la
teniamo solo noi, ma tiri in porta nisba. Colpo di testa di Dzeko, Marchetti
para con difficoltà . Ad un certo punto un loro difensore, tale
Wallace,brasiliano di nascita ma non di gamba, pretende di fare un tunnel di
tacco a Strootman. Kevin lo uccella, gli toglie la palla, e si proietta
verso la porta, sembra voglia spaccare tutto, invece con un delizioso colpo
sotto scavalca Marchetti. Uno a zero per noi. Manca ancora mezz’ora, e per come
gioca di solito la Roma un gol di vantaggio è assolutamente insufficiente. Abbiamo pareggiato partite che stavamo vincendo tre a zero. Non ce la faccio
decido di andare al seggio, ma non riesco a staccarmi dalla sedia. Loro non
sembrano essere pericolosi. Così, com’è, come non è, De Rossi apre per
Nainggolan a metà campo, il Ninja fa un po’ di passi e tira in porta. Lo shoot non è irresistibile, tant’è che li per li mi
incazzo, ma che straccio bagnato è! Inaspettatamente
la palle prende una traiettoria strana, Marchetti
ci mette tre ore a tuffarsi. Gol due a zero per noi. Insomma fra patemi e
sofferenze, più dovuti all’apprensione tipica dei marxisti-romanisti, che ai pericoli portati dalla Lazio alla
nostra porta, finisce la partita. Il derby è stato un trionfo.
E il referendum?
Non so perché ma mi prende un certo ottimismo. Abbiamo vinto
sicuramente la medaglia d’argento, ora puntiamo all’oro. Torno al seggio la
situazione continua ad essere tranquilla tanto che mi siedo in macchina a
godermi i commenti del post derby per radio. Ore 23,00 comincia l’altra
partita. Davanti a me e al rappresentate di lista del M5S, si apre l’urna. No,
no,no, no, si, no, no. Insomma i no escono da ogni dove, i si fanno capolino
ogni tanto dopo quaranta minuti il risultato definitivo è
352 a 128 per i no. E… ma questo è un seggio notoriamente berlusconiano la
vittoria del no è scontata.
Mi avvio verso
casa. In macchina l’autoradio diffonde il quarto exit poll ponderato, 59 a 41
per il no. Sono exit poll ma la forchetta è così ampia che si prevede quasi con
certezza la vittoria del no. Faccio gesti scaramantici pesanti, tanto dalla
macchina chi mi vede! A casa in
tv su rai due Gasparri sta litigano con una del Pd, ed esulta per la vittoria del no. Cominciano a parlare
di proiezioni, 6540 sezioni su oltre
65mila, no al 57 e spicci, si al 43 e spicci. Non ce la faccio a continuare
nello stillicidio, cambio sulla Domenica Sportiva.
Poi mi viene in mente di
vedere come va lo spoglio nella nostra Provincia. Metto su Teleuniverso e con
mia sorpresa anziché la faccia di Alessio Porcu esce l’abbacchiata figura di
Renzi. Anche la TV locale è sintonizzata sulla conferenza stampa del Premier
che sta annunciando le sue dimissioni a seguito della sonora sconfitta subita
dalla sua riforma. Allora è vero i no hanno vinto, anzi hanno stravinto!
Abbiamo conquistato la medaglia d’oro,
quasi mi commuovo. E’ raro un trionfo del genere per noi marxisti-romanisti. E’
una goduria intensa, straripante. Vado a
letto contento e felice, ormai sono le tre di notte. L’idea di risvegliarmi
senza dover metabolizzare sconfitte, mi fa godere come “UN GUFO” e concilia un sonno profondo e beato. Hasta la
victoria siempre e forza Roma.
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