Il governo Renzi è stato sconfitto soprattutto (anche se non unicamente) dal voto dei lavoratori e delle masse popolari che hanno sofferto i colpi congiunti della crisi, delle leggi anti-operaie e dei tagli alla spesa sociale di Renzi.
Una maggioranza di 19 milioni di persone, circa il 60% dei votanti, ha detto «No» alla riforma costituzionale, un «No» che di fatto ha seppellito il progetto politico di Renzi, progetto in cui i settori principali della grande borghesia italiana vedevano l’unica soluzione per uscire dalla crisi. Il voto è stato chiaramente un voto contro il governo padronale di Renzi e le sue politiche anti-operaie.
Non escludiamo che Mattarella possa ridare l’incarico a Renzi, ma difficilmente questi potrà continuare con il suo programma di governo: la borghesia dovrà trovare un nuovo progetto politico che la rappresenti, e la cosa non sarà così semplice, perché la crisi economica lascia pochissimi spazi di manovra ai padroni che devono recuperare il loro tasso di profitto e i lavoratori non sembrano più intenzionati a credere alla propaganda governativa o ad accettare in silenzio gli attacchi ai loro diritti e ai loro salari. Sicuramente vi sarà ora un periodo più o meno lungo di instabilità parlamentare e di ricerca di un nuovo equilibrio, di cui le lotte sociali dovranno saper approfittare.
Aver vinto una prima battaglia contro Renzi non basta per salvaguardare gli interessi dei lavoratori e delle masse sfruttate.
La vittoria del «No» non deve essere consegnata passivamente alle forze politiche borghesi che hanno avversato la contro-riforma istituzionale per i loro interessi di palazzo: i vari Berlusconi, Salvini, Grillo, Bersani, D’Alema ecc…
È necessario affermare con forza che quei sindacati che hanno detto un «No» di facciata (come la burocrazia Cgil), ma non hanno organizzato né una propaganda reale, né tantomeno uno straccio di lotta contro la contro-riforma, lo hanno fatto per accordarsi sottobanco con governo e padroni su questioni altrettanto importanti per la classe lavoratrice, come ad esempio il rinnovo dei contratti (statali, metalmeccanici, netturbini…), su cui proprio in queste ore hanno capitolato vergognosamente agli interessi padronali. I lavoratori devono utilizzare questa prima vittoria per rilanciare la lotta per respingere i contratti imposti dalle burocrazie sindacali, coagulando attorno alle loro lotte il sostegno di tutti quei settori sociali che si sono opposti alla riforma costituzionale e al governo Renzi.
Non basta aver mandato a casa Renzi: nessuna delle altre forze politiche presenti in parlamento rappresenta un progetto politico qualitativamente alternativo a quello del Pd, nessuna intende fare gli interessi dei lavoratori colpendo gli interessi di banche e padroni. La lotta deve continuare fino al ritiro di tutte le leggi anti-operaie e anti-sociali degli ultimi governi, dalla legge Fornero, al Jobs act, alla Buona scuola ecc.
I lavoratori possono fidarsi solo delle loro forze e delle loro lotte: non basta mandare a casa Renzi, dobbiamo lottare per mandarli a casa tutti! Solo così, con le lotte, possiamo porre le basi perché al governo Renzi non succeda un altro comitato d’affari della grande borghesia, perché finalmente governino i lavoratori negli interessi dei lavoratori stessi.
Costruiamo in ogni città dei Comitati dei lavoratori e delle masse sfruttate per proseguire ed estendere la lotta!
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