Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 5 dicembre 2016

Vince la Costituzione

Luciano Granieri


L’abbiamo salvata. Dieci anni dopo l’assalto berlusconiano al cuore democratico partecipativo della Costituzione, il popolo sovrano ha respinto l’ennesimo attacco, questa volta ordito dalla impresentabile accozzaglia Renzi-Verdini-Marchionne-J.P Morgan -Nazisti per il Si.  

La domanda che ricorre da ieri sera sui media “rosiconi” è la seguente: “Ha perso Renzi, ma chi ha vinto?” Il quesito è ipocritamente fuorviante, riferendosi,in malafede,   all’eterogeneo blob  partitico che ha alchimicamente  incorporato destra, variamente declinata, M5S, lega, nebulosa riformista .  Ebbene, io affermo che  ha vinto la Costituzione del ’48. 

E’ un fatto che le modifiche alla Carta, realizzate in passato, sono state approvate  per via parlamentare o governativa. Quando, in base all’art.138, le riforme costituzionali, hanno coinvolto il giudizio del popolo questo le ha sonoramente bocciate. Dunque la Costituzione vince  perché ha sempre goduto e, come dimostra l’attuale manifestazione  referendaria,   gode tutt’ora,  del favore della gente. 

E’ subdolo  e malsano dirottare una questione seria sulle  dinamiche costituzionali, verso un’insignificante  e volgare contrapposizione, fra partiti e correnti. Infatti se il piano sovversivo di Renzi, emanazione diretta della P2, e dei poteri economico-finanziari,  è fallito, lo si deve  soprattutto all’instancabile e tenace  azione dei comitati  per il il No.  I partiti, quelli che stanno nei Palazzi, contrari alla riforma, ma per lo più   animati da spirito vendicativo verso Renzi, non si sono mai  visti nelle piazze, nei convegni , nei luoghi di condivisione sociale, a parte l’ultima parte della campagna del M5S. 

I partiti per il No  hanno per lo più animato stucchevoli contese televisive contro le truppe cammellate del Partito di Renzi.  A condurre la battaglia sul territorio sono stati quasi esclusivamente i  comitati supportati, per lo più, da formazioni comuniste   o di stampo socialista, escluse dall'assemblea  parlamentare . Aggregazioni animate dall’unico scopo di preservare i diritti democratici e di partecipazione che il combinato disposto fra riforma Renzi-Boschi e legge elettorale Italicum, stava pesantemente minando. 

Volantinaggio, attacchinaggio, comizi in piazza, sono arnesi della vecchia comunicazione politica,e poco spendibili mediaticamente, ma in  questo caso, coadiuvati da un’area estremamente libera come il web,  si sono rivelati determinanti per la vittoria del No. Se della grande massa di indecisi il 60% si è convinto a bocciare la riforma e solo il 13%  ad approvarla la maggior parte del merito spetta ai comitati . Inoltre proprio dai movimenti per il No è scaturita una esauriente e autorevole  campagna informativa supportata da giuristi e costituzionalisti  sul merito fuorviante della deforma e sulle ragioni per cui bocciarla.  

 Il massiccio rifiuto popolare della riforma, indica inoltre come fosse sentita la necessità di porre un freno alla continua espropriazione di partecipazione a danno dei cittadini.  Votazioni di fiducia su leggi delega, come il Jobs Act, i decreti Madia sui servizi pubblici a rilevanza economica, strappi procedurali sull’approvazione dell’Italicum e sulla stessa promulgazione della riforma Costituzionale,  hanno trovato robusti contrappesi nelle dinamiche costituzionali: Il Jobs Act sarà oggetto di referendum abrogativo, i decreti Madia sono stati smontati pezzo per pezzo da un Corte Costituzionale ancora   indipendente, Consulta che  probabilmente boccerà anche l’Italicum , mentre l’art.138 della Costituzione ha assicurato il netto rigetto di una riforma della Carta  impresentabile.  A questi anticorpi democratici il popolo ha mostrato senza tentennamenti di non voler rinunciare. 

Queste tematiche, purtroppo sono state completamente ignorate dall’informazione mainstream, la quale ha puntato tutto sulla personalizzazione della riforma nella persona di Matteo Renzi e su una sorta di giudizio di dio sull’operato del premier. Operazione imbastita e gestita dello stesso Presidente del Consiglio, il quale, non riuscendo a promuovere una riforma  concepita e scritta male, ha dovuto obbligatoriamente spostare il tiro sulla sua persona, fino a dimettersi in presenza della sonora  bocciatura della sua riforma. Una decisione giustificata con l’assunzione di responsabilità per una sconfitta cocente, fingendo di dimenticare che il voto del 4 dicembre era per  una riforma costituzionale e non per un plebiscito presidenziale.  

Non a caso la stampa e i media, tappetino del premier, immediatamente si sono affrettati a vaticinare scenari catastrofici a fronte delle dimissioni di Renzi e del suo governo, lamentando un’eterogeneità  litigiosa del fonte del No, incapace di offrire un’alternativa all’attuale stato di cose. Detto che, comunque la responsabilità delle dimissioni governative sono tutte di Renzi, il quale non era obbligato a lasciare Palazzo Chigi, anche a fronte della sonora scoppola ricevuta, e che dunque l’eventuale instabilità non è addebitabile  a  chi ha votato No, resta da affermare  che il futuro del governo interessa il giusto. 

Se non si sposa  decisamente la prospettiva di una definanziarizzazione della politica, con gli intereessi dei cittadini posti al di sopra degli interessi economici, così come costituzione comanda, o Renzi ,o qualcun altro, il quadro cambia poco. Non c’è legge elettorale, governo tecnico o di scopo che tenga. Dal pantano dell’attuale ingiustizia sociale si esce solo prefigurando l’assoluto predominio delle istanze sociali sugli interessi speculativo-economici. Questa è un’altra storia, che comunque potrebbe essere scritta partendo proprio dall’ennesimo salvataggio della nostra Costituzione. 

La battaglia vinta dai comitati del No non si basava sulla cacciata di Renzi, ma sulla difesa della Carta pesantemente minacciata dalla riforma. Ora a fronte di questo straordinario successo è necessario battersi affinchè questa possa essere applicata indipendentemente dai governi che si succederanno a Renzi. Cominciamo da qui, e poi se sono rose….

Nessun commento:

Posta un commento