Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 2 giugno 2017

Il blues è donna

Luciano Granieri


Gertrude "Ma" Rainey"


Lady Sings  the Blues. Viene subito in mente il disco di Billy Holiday pubblicato dalla Clef Record nel 1956. In realtà Lady Day non ha cantato molti blues , si ricordano solo tre brani del genere  da lei interpretati.

 E’ innegabile però come  l’icona del blues sia  donna e  nera. La caratteristica creativa unica del blues è la facilità di connessione emotiva fra chi canta e chi ascolta. Dunque i profondi travagli del popolo nero, comprendenti  tutti gli aspetti di una vita   gravata dal peso della schiavitù e della segregazione, grazie al blues, passavano di ghetto in ghetto, creando una formidabile  dinamica di condivisione e consapevolezza del proprio stato di oppressione.  Condizione che travalicò  la precarietà sociale  dei neri, per abbracciare gli oppressi di tutte le razze. 

Una condivisione non già  portatrice di inutili lamenti, ma generatrice di sentimenti di rivalsa, quando non di vera e propria ribellione. La durezza della vita della piantagione, del  ghetto, delle periferie derelitte,  emergeva compiutamente  anche attraverso il canto dei sentimenti  più intimi,  compresi  risvolti sentimentali spesso debordanti in vero e propria narrazione erotica. 

Nell’ottica del borghese bianco americano, il blues era una sorta di espressione esotica, volgare magari, ma affascinante. Si andava nei locali di Harlem a sentire quegli starni essere  scuri , che mugolavano le loro lamentazioni, e quando a cantare era una  ragazza nera avvenente, pulsioni pornografiche  prendevano il sopravvento sull’esotismo. Ecco perché la donna nera che canta il blues è diventata un idolo epico. Una donna nera che cantava il blues doveva essere per forza, nell’immaginario del borghese maschio bianco,  una puttana e su di essa  si concentravano gli sprezzanti strali di una categoria atavicamente maschilista,  razzista e vigliaccamente  voyuerista . 

Ma questo è solo uno dei motivi, il più degradane,  per cui il blues  è  declinato al  femminile.  Infatti l’espressività del canto  di una donna, è   sicuramente più efficace, rispetto ad un cantante uomo,   nell’ esprimere certe contorsioni emotive, e  anche più cruda nel lanciare l’invettiva verso chi si sente superiore, per razza, censo e genere.  

Chi erano dunque le donne del blues che agli inizi diffusero questa musica molto più degli uomini? Partiamo dalla mamma di tutte le cantanti. Gertrude “Ma” Rainey . Una veterana degli spettacoli di cabaret itineranti nell’America dei primi del ‘900 del secolo scorso. Gertrude  cantava in una compagnia itinerante  messa insieme  con il  marito, i Rabbit for Ministrels. Il repertorio era tratto dal patrimonio nero del sud, canti da circo  o tradizionali, ballate, ma soprattutto blues accompagnati con il banjo. 

“Ma” Rainey, in possesso di una voce possente,  non affidava  mai all’immaginazione il significato delle sue liriche blues, sapeva toccare il cuore con storie malinconiche ma anche passionali. Quando i Rabbit for Ministrels, 1910 giunsero a Chattanooga in Tenesse, nel corso di  un’esibizione all’Ivory Theatre s’imbatterono in una ragazzina di nove anni in possesso di una voce particolarissima.  Si trattava di Elisabeth (detta “Bessie”) Smith. 

La bambina era nata da una famiglia poverissima,  e a 9 anni  cercava di guadagnare qualche soldo esibendosi all’Ivory. “Ma” Rainey, giovanissima anche lei, aveva solo 22 anni,  scritturò immediatamente la piccola Bessie come cantante bambina.  Iniziò così la turbolenta carriera di colei che sarà definita l’imperatrice del blues.  Bessie si esibì dapprima con il pianista Clarence Williams e poi via via con musicisti sempre più famosi  fra cui Louis Armstrong e Fletcher Henderson. Considerata però “volgare” , agli inizi ebbe difficoltà a realizzare  le prime incisioni. Ma quando fu ingaggiata dalla “Columbia” grazie al fiuto del discografico Frank Walker, con i suoi utili di vendita, riuscì a raddrizzare la  grave crisi  economica della casa discografica, giunta sull’orlo del fallimento.  

A poco più di vent’anni era un’artista dal successo straripante, poteva chiedere millecinquecento dollari per ogni esibizione, mentre  solo dieci anni prima era una ragazza prodigio che ballava e cantava in uno spettacolo di Ministrels per un dollaro al giorno.  Brani come: Back Water Blues, Rainey Weather Blues, Cemetery Blues, fra gli altri,  diventarono classici del genere.  


Bessie Smith

Scrive Paul Oliver nella sua  storia del blues: “Con tutta probabilità  Bessie non sarebbe stata una così grande cantante  se non avesse avuto una via tanto drammatica e amara”. Dal denaro infatti essa non trasse la felicità. Dilapidava fortune in stravaganze e gin. La curva calante della sua carriera non tardò ad arrivare  e con essa avrebbero avuto vita  registrazioni come “Empty Bed Blues” il blues del letto vuoto, che all’epoca si poteva considerare indirizzato ad un  mercato  oggi probabilmente definito pornografico. Cinque mesi dopo incise “Poor Man Blues” il blues del poveruomo.  Un brano inserito a tutti gli effetti  nel filone della critica alla società del tempo . La depressione ormai  alle porte della nazione nordamericana contribuì a spingere Bessie sulla strada del declino .   Il critico Carl Van Vetchen  avrebbe detto di lei: “ .... una donna che apre il suo cuore con il coltello fino a metterlo in mostra perché noi tutti lo vedessimo…” 
Mamie Smith



Un’altra grande ambasciatrice del blues fu Mamie Smith,  cantante e ballerina di vaudeville. Nel 1920 fu la prima artista  ad incidere  brani di blues,  Crazy Blues e It’s Right Here for You, registrati per la Okeh. Il disco riuscì a vendere oltre un milione di copie in meno di un anno, diventando così un formidabile  veicolo di diffusione del blues in tutta l’America. Molte altre grandi interpreti  donne, fra le quali ricordiamo  Ida Cox, Clara Smith,  Victoria Spivak, SophieTucker, contribuirono ad una imponente diffusione del blues tanto che, non ce ne vogliano i vari Muddy Watrs, o Big Bill Broonzy, è corretto rilevare come senza ombra di dubbio  il blues sia  donna. Una forma musicale tipicamente matriarcale e anche per questo rivoluzionaria.






Back Water Blues Bessie Smith and James P. Johnson
Good Vibrations,






Nessun commento:

Posta un commento