Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 2 giugno 2017

La Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla costi quel che costi.

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Comitato Provinciale di Frosinone

2_giugno

Nessuno più di Sandro Pertini e dello spirito che ha lasciato in eredità al nostro popolo, è in grado di richiamarci al dovere ed alla necessità di salvaguardare questo patrimonio straordinario.
Non c'è retorica nel dire che solo grazie alla Repubblica nata dalla lotta partigiana e dal risveglio degli Italiani, siamo diventati nuovamente, dopo secoli di servitù e di divisioni fratricide, uno dei più importanti punti di riferimento del mondo intero.
Lo siamo sul piano culturale, per il patrimonio che conserviamo (spesso non come dovremmo) ma anche per quello che produce la nostra intelligenza e la nostra intellettualità; lo siamo sul piano giuridico ed etico, per i principi che portiamo con noi e per la continua elaborazione e pratica del diritto che fa scuola nel mondo (con suoi problemi e le sue degenerazioni, ma resta sostanzialmente esemplare); lo siamo sul piano umano, che non concede egemonia ai razzismi ed agli sciovinismi di vario genere, sebbene alimentati e sostenuti da una battente propaganda dei media che cercano più il gossip che la verità (100.000 hanno sfilato nella marcia per l'accoglienza, 150 - senza mila - nella contromanifestazione razzista di Milano); lo siamo in campo economico e produttivo, con le nostre capacità e con il nostro potenziale industriale, nonostante il macello degli ultimi dieci anni fra crisi finanziaria e inadeguatezza delle classi dirigenti; lo siamo sul piano istituzionale, che nonostante i tentativi di sterilizzazione dei dispositivi della rappresentanza, a volte anche ben riusciti, e l'occupazione sistematica delle sedi di dibattito e di decisione da parte di soggetti e gruppi che troppo frequentemente mostrano caratteristiche più adatte a mercati di bassa rilevanza che alla gestione progressiva di un Paese civile e nobile come l'Italia, resistono e consentono di guardare al futuro.
Questa non è l'Italia che si voleva nel '46, e non è quella di cui ci accontentiamo. Ma è un'Italia che può e deve essere portata avanti, migliorata, ristabilita sui suoi binari per percorrere ancora lunghi tragitti nella conquista di sempre più alti e più utopistici traguardi di civiltà, di umanità, di progresso.

Grazie a tutti i Costituenti, alle donne a agli uomini che votarono, e a quelli che si assunsero il compito entusiasmante e terribile di gettare le basi per un ordine nuovo. 

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