Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 2 agosto 2010

Il populismo illuminato – di Luciano Granieri.

Dopo la boutade  della BOMBA DI VELTRONI, proviamo a ipotizzare una via d’uscita all’attuale crisi politica. Un percorso che potrebbe determinate scenari inaspettati ed interessanti. E’ in corso una concitata quanto disperata compagna acquisti da parte di Berlusconi per assicurare quei numeri che i finiani hanno fatto mancare al suo governo. L’operazione appare alquanto incerta  perché oltre alle elargizioni  economiche il Cavaliere non sembra più assicurare quel futuro  di privilegi e prebende che in passato gli aveva consegnato ingenti truppe cammelate. Nel caso in cui la citata campagna acquisti si rivelasse fallimentare come quella del Milan, l’unico sbocco possibile per il burattinaio di Arcore sarebbe il ricorso anticipato alle urne. Elezioni da tenersi tassativamente con le attuali regole. Infatti proprio la conformazione della legge porcata, unita al solito strapotere mediatico, potrebbe assicurare la vittoria e l’ennesima rinascita, seppure legata mani e piedi alla lega, con la quale continuare l’opera di devastazione dello stato sociale a suo vantaggio e a vantaggio di quella classe mafioso-industriale-finanziario accattona che lo sostiene.  Dal lato delle opposizioni il Pd, come al solito votato al suicidio, sostiene insieme all’Udc e ad un  branco di centristi di varia estrazione, la necessità di un governo di transizione per riscrivere la legge elettorale e gestire l’emergenza economica . Un esecutivo che traghetti il paese verso nuove elezioni con nuove regole. Una tale strada presupporrebbe un atto di reponsabilità da parte di Berlusconi il quale dovrebbe prendere atto della disgregazione della propria maggioranza e presentarsi dimissionario sul Colle. Scenario del tutto irrealizzabile . Inoltre il governo tecnico prefigurato dai vertici del Pd, per forza di cose, dovrebbe aprire a larghe intese, ad abbracci mortali con Casini, Bossi, passando da Fini per arrivare all’ipotesi Tremonti come presidente di garanzia. Davvero si vuole sottoporre il popolo piddino a questa ulteriore prova? Lo stomaco degli elettori centrosinistrorsi fino a quando potrà reggere?  Un ricorso immediato alle urne invece è desiderio oltre che di Berlusconi anche dell’Idv , di Rifondazione  e di Nichi Vendola. Ma, come detto, andare a votare con le regole ancora in vigore rischia di sancire l’ennesima vittoria del nano di Arcore. E allora che fare?  Ritengo che una possibile soluzione potrebbe essere quella di rischiare le elezioni anche con l’attuale legge elettorale, obbligando ad un salto di qualità nella definizione e nella scelta di uomini e programmi l’opposizione tutta.  Nichi Vendola  sembra oggi in grado di opporsi efficacemente a Berlusconi. Intanto perché la sua capacità di restituire passione all’agire politico, suscitando condivisone e coinvolgimento, potrebbe riportare  alle urne quella parte di elettorato che fino ad oggi si è astenuto deluso dall’inconsistenza del Pd e sordo alle sirene legalitarie dell’Idv, poi il governatore della Puglia è in grado i costruire una sorta populismo illuminato da contrapporre al populismo barbaro e incolto tipico del berlusconismo. Ma la figura carismatica non è sufficiente. Serve un programma credibile. Ebbene questo non può che basarsi  su un  forte valore di aggregazione, al di la della questione sociale, imperniato sulla difesa della Costituzione. Urge la definizione di un percorso di “BONIFICA COSTITUZIONALE”; ovvero il ritorno ad una legge elettorale proporzionale con la possibilità da parte degli elettori di indicare il candidato, la definizione di una normativa seria e radicale sul conflitto d’interesse, la totale alienazione di tutti quegli obbrobri incostituzionali volti a favorire l’impunità ai potenti (legge Cirielli, lodo Alfano per citarne solo un paio), un deciso invito alla classe imprenditoriale affinché rispetti la Carta nel definire i rapporti con i lavoratori. A seguire tale bonifica una diffusa politica di redistribuzione del reddito penalizzando il capitale e privilegiando il lavoro. Un programma a tutela della Costituzione, che è dispositivo normativo definito per garantire i diritti di tutti, soprattutto dei più deboli, rappresentato da un candidato premier che per storia politica, personale e per sua stessa professione ideologica sembra schierato a favore dei più deboli, potrebbe costituire l’alchimia vincente. E’ un rischio sicuramente, ma è l’unica via percorribile. Resta da capire quanto il Pd sia disposto ad appoggiare Vendola rinunciando ai suoi giochi strategici  e tattici finalizzati alla sopravvivenza della propria nomenklatura, ma incomprensibili agli elettori. E resta altresì da capire quanto Vendola voglia prendersi la responsabilità di seguire, nei fatti oltre che a parole, un tale percorso ,  inimicandosi poteri forti e notabilati, ma acquisendo il merito di ridare un minimo di rappresentanza ad un popolo oggi invisibile. 

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