di Ugo Mattei da "il manifesto" del 29/12
Proposta al movimento studentesco
Ad un affronto politico quale quello di un Parlamento sordo alle motivazioni di un’intera generazione occorre dare una risposta politica alta ed intransigente. Ad un Parlamento delegittimato composto da nominati e non da eletti, si risponde con l’azione democratica diretta che non è solo la piazza. Ad una riforma universitaria velleitaria, provinciale, truffaldina ed indegna di un paese che vanta una grande tradizione culturale, si risponde con un grande rilancio: la visione dell’Università come bene comune, luogo di sapere libero critico gratuito , svincolato dalla miserabile logica aziendalistica che cerca di resistere con il fiato e lo sguardo corto ai venti di crisi del capitalismo globale. Un anno fa, un gruppuscolo di compagni (in gran parte giuristi che avevano condiviso quel tentativo alto di riscatto dei beni pubblici rispetto allo strapotere della logica proprietaria privata che fu la cd. Commissione Rodotà) si è recato dal notaio per costruire il primo comitato referendario deciso a difendere il bene comune acqua contro la folle corsa alla privatizzazione del decreto Ronchi. Era passato poco più di un mese dalla sua approvazione, senza dibattito e con un voto di fiducia. Ci eravamo indignati. Oggi grazie all’impegno profuso dal Forum italiano dei movimenti dell’acqua, che ha dato spessore politico ai tre quesiti, non solo presentiamo le nostre memorie davanti alla Corte Costituzionale forti di oltre 1.400.000 firme, ma il seme dell’inversione di rotta rispetto alla privatizzazione si è diffuso nel paese. Il movimento per i beni comuni, di cui quello dell’acqua è l’avanguardia, fa tremare il potere costituito che risponde oscurando la campagna referendaria e cercando di tappare la bocca al “manifesto” (taglio all’editoria cooperativa n.d.r) che della campagna per i beni comuni è da sempre paladino. La riforma universitaria presenta forti analogie politiche rispetto alla svendita del servizio idrico integrato. Non solo anche l’Università è un bene comune. Non solo esiste già un movimento forte e diffuso per il paese disposto a lottare per difenderla. Soprattutto, tanto il Decreto Ronchi quanto la riforma Gelmini costituiscono un nuovo episodio dell’ignobile saccheggio dei nostri beni del nostro futuro, a mezzo di norme giuridiche rese illegittime dai gravi abusi del processo legislativo. Ad analoga onta politico-costituzionale si risponda nuovamente con quel mezzo eccezionale che i nostri Costituenti avevano previsto proprio per ovviare a possibili distorsioni della rappresentanza indiretta. Uno strumento istituzionale, quello referendario, difficile da portare al successo perché richiede strenuo e quotidiano impegno politico ed un paese consapevole di quanto sta avvenendo. Ma l’unico mezzo costituzionale, ora come allora, a disposizione per cercare di scongiurare l’irreparabile. Cari studenti, uniamo ancora più le nostre forze! Prepariamo subito un referendum contro la legge Gelmini. Raccogliendo le necessarie firme nei prossimi mesi continueremo così a tenere in piazza la causa dei beni comuni e dell’acqua. Sarà un grande aiuto per raggiungere il quorum e, se andrà bene il referendum per l’acqua, l’anno dopo vinceremo anche quello sull’Università (fra l’altro tecnicamente molto più facile). In questo modo il movimento studentesco si trasformerà , per la prima volta, in un potere costituzionale, quello di promotore referendario e la sua voce dovrà essere ascoltata non per sensibilità o comprensione (come ha cercato di fare Napolitano) ma per vincolo giuridico-costituzionale. Insieme potremo finalmente inveritre la rotta. Forse la piazza ed il diritto possono andare a braccetto
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