Martedì 14 dicembre un agonizzante governo Berlusconi verificherà l’esistenza o meno di una sua risicata maggioranza nel parlamento. Un parlamento che non rappresenta e non ha mai rappresentato la maggioranza del paese. E che non rappresenta neanche l’opposizione sociale, per l’abissale distacco che c’è tra la politica politicante sia di maggioranza che di opposizione e la sofferenza, i bisogni, i desideri e le lotte di tante e di tanti.
In particolare, quel parlamento non rappresenta neanche da lontano il mondo del lavoro, quello stabile e quello precario, quello legale e quello clandestino. Prova ne sono le tante leggi approvate a larga maggioranza da questo parlamento per consegnare sempre più indifesi lavoratrici e lavoratori, nativi e migranti, all’avidità di un padronato senza scrupoli. Dalla legge 30 al “collegato lavoro”, passando per l'inasprimento della politica xenofoba e securitaria sull’immigrazione e il “pacchetto sicurezza”.
Un parlamento sempre pronto a interrompere il litigio permanente per approvare leggi finanziarie o “di stabilità” che regalano miliardi alle banche, agli speculatori e alle scuole private, tagliandone altrettanti ai servizi sociali, al lavoro e alle pensioni.
E nei giorni scorsi solo la determinazione e il coraggio di centinaia di migliaia di studenti ha impedito che ancora una volta una larga maggioranza di quel parlamento approvasse in extremis la “riforma Gelmini” che privatizza l’università.
La caduta del governo Berlusconi (che noi auspichiamo e per la quale abbiamo lottato da sempre) però non ci basta. Non ci basta perché se Berlusconi cadrà solo per effetto di alchimie di palazzo la politica di fondo di questo paese non muterà. Forse un eventuale governo postberlusconiano esibirà un volto meno corrotto e meno lascivo ma rischia di essere un governo altrettanto filopadronale, in sintonia con la “centralità dell’impresa”, pronto ad approfondire e a sostenere ancor più l’aggressione padronale ai diritti, ai contratti, alle condizioni del mondo del lavoro.
Non a caso il 90% del ceto politico di maggioranza e di opposizione sostiene la Fiat, Marchionne e la Confindustria nella loro opera di demolizione del contratto collettivo, non ha aperto bocca sul blocco quadriennale della contrattazione nel pubblico impiego, plaude a tutte le misure atte a sostenere una presunta competitività delle imprese italiane a spese dei diritti, dei salari e della salute dei lavoratori.
Ecco i motivi per cui aderiamo alla manifestazione del 14 dicembre e facciamo appello perché tutte e tutti si scenda in piazza, perché quella sia una giornata di eventi non solo nel palazzo, ma anche e soprattutto al di fuori di esso, a piazza Montecitorio (ma anche in tutte le città del paese per coloro che saranno impossibilitati ad essere a Roma) e proponiamo che in tutte le manifestazioni che si svolgeranno siano presenti in modo massiccio i temi del lavoro.
Sergio Bellavita, segretario nazionale Fiom
Fabio Bertinetti, Rsu SLC Cgil Vodafone Roma
Fabrizio Burattini, direttivo nazionale Cgil
Carlo Carelli, direttivo Cgil Lombardia
Eliana Como, comitato centrale Fiom
Giorgio Cremaschi, presidente comitato centrale Fiom
Leonardo De Angelis, direttivo Filcams Roma e Lazio
Andrea Fioretti, RSA FLMU-CUB appalti Sirti
Andrea Furlan, direttivo Cgil Roma Centro
Eva Mamini, direttivo nazionale Cgil
Maurizio Marcelli, Fiom nazionale
Fabrizio Marras, direttivo Filctem Cgil Roma e Lazio
Danilo Molinari, direttivo nazionale FLC Cgil
Ettore Pasetto, direttivo Fiom Lazio
Emanuela Pulcini, direttivo Filcams Cgil Roma e Lazio
Giuliana Righi, segretaria regionale Fiom Emilia Romagna
Roberta Roberti, direttivo nazionale FLC Cgil
Francesca Roncaccia, Rsu SLC Cgil Vodafone Roma
Federico Rossetti, RSU SLC Cgil Telecom Roma
Riccardo Rossi, direttivo FLC CGIL Puglia
Federico Sciarpelletti, Rsu SLC Cgil Vodafone Roma
Nando Simeone, direttivo regionale Filcams Lazio
Mario Sinopoli, segretario generale Fiom Calabria
Domenico Stratoti, direttivo Filcams Roma e Lazio
Eugenio Trebbi, direttivo Filcams Cgil Roma Sud
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