Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 14 gennaio 2012

Jazz in Terrassa

Luciano Granieri


Apriamo l’anno jazzistico di Aut ripartendo da dove  avevamo lasciato , ossia da Barcellona , dal concerto di Freddie Hubbard  tenutosi nel 1992 al festrival  di Terrassa. Di  QUESTO CONCERTO abbiamo trasmesso tre pezzi  nel dicembre scorso. Qui invece proponiamo unico  brano diviso in due contributi video.  Ho voluto separare  questo brano  “Blues for Duane” dagli altri perché è costruito in un modo molto particolare. E’ un blues dal tema molto semplice sul quale si sviluppa una trama improvvisativa  estremamente   originale ed interessante.  Tutti i musicisti, da Freddie Hubbard al Flicorno a Donald Braden al sax tenore, da Benny Green al pianoforte a Louis Hayes alla batteria, e Jeff Chambers al  contrabbasso,  forniscono una performance maiuscola e questo ci da modo di parlare singolarmente dei musicisti che compongono il quintetto. Cominciamo da Donald Braden. Il quarantottenne sassofonista di  Cincinnati  è uno dei talenti sfornati dal progetto “Out of  the Blue”.  L’idea venne ai direttori musicali della nota casa discografica Blue Note, i quali decisero di indire un concorso per giovani jazzisti  . I migliori per ogni singolo strumento avrebbero inciso un disco riuniti in un complesso denominato “Out of  the blue”. L’operazione risale al 1985 e, oltre a Braden,   emersero  da quel contest altri talenti;   l’alto sassofonista Kenny Garret  su tutti ,  fra questi straordinari musicisti mi impressionò  particolarmente  il  Batterista Ralph Peterson  Junior, un portento, ma questa è un'altra storia. Torniamo a Braden.  Le collaborazioni con jazzisti del calibro di Tony Williams,  Wynton Marsalis,    J.J Johnson  stanno a testimoniare l’eccellenza del sassofonista dell’Ohio. In “Blues for Duane” il suo assolo comincia senza  accompagnamento. Evoluzioni, scale repentine, fraseggi mozzafiato, caricano l’atmosfera di una tensione che si stempera quando in gioco entra la ritmica riportando l’improvvisazione di Donald su strade più tradizionali tipiche del blues interpretate comunque in modo tecnicamente ineccepibile . Al pianoforte il quintetto di Hubbard  presenta Benny Green. Il pianista Newyorkese è  figlio d’arte, il padre  era un discreto sassofonista. Anche Benny faceva parte della prestigiosa scuderia Blue Note, ma soprattutto ha militato, come molti altri jazzisti fra cui lo stesso Freddie Hubbbard  e  altri grandissimi come   Miles Davis e Wynton  Marsalis,  nei messanger di Art Blakey. Il complesso fondato dal batterista Art Blakey  nel  1947  ha ospitato  nelle sue fila, con il passare degli anni  jazzisti di prim’ordine , si può dire che l’Hard Bop è nato  negli Art Blakey ‘s Jazz  messanger . In “Blues for Duane Benny Green offre un saggio di come debba suonare un pianista hard bop,  ma non solo. Perché, sia nell’assolo che soprattutto nell’accompagnamento ad Hubbard ,  Green è in grado di evocare atmosfere cool . Anche Benny sfodera una  prestazione notevole eseguendo fraseggi agii e veloci.  Alla batteria  si ascolta Louis Hayes. Il batterista di Detroit  anch’egli figlio di due musicisti il padre era batterista e pianista,  la madre pianista, è cresciuto con il sound delle grandi orchestre jazz nelle orecchie . Il suo batterista di riferimento è stato Philly Joe Jones. Alla fine degli anni 50 era al fianco di Horace Silver e Cannonball Adderley e  dagli 60’ in poi il suo stile incalzante fu conteso dai  vari  Woody Shaw , John Coltrane, Cecil Taylor McCoy Tyner e altri jazzisti che non poterono fare a meno del suo  drumming robusto.  In “Blues for Duane”  Hayes  è straripante,  offre una propulsione ritmica fuori da comune e sfodera  un assolo funambolico e scintillante.  La formazione poliedrica di Jeff Chambers  che va dal Be Bop al funky, consente al  contrabbassista  di San Francisco di offrire in “Blues for duane” una prova potente nel supportare l’immane costruzione ritmica  che fa da  sfondo alle improvvisazioni ,  ma sofisticata nel dettare i tempi, le tonalità, quando accompagna Freddie Hubbard nel suo secondo assolo. Anche Jeff  ha suonato con jazzisti di mezzo mondo  ne citiamo solo alcuni  Dizzy Gillespie, Cedar Walton,  Pharoah Sanders, Wallace Rooney.  Per tornare al leader del quintetto , Freddie Hubbard,  annotiamo , in  questo brano  una  performance al flicorno straordinaria. Freddie si produce in due assolo molto diversi tra di loro. Nel primo troviamo il funambolico solista di sempre , fraseggi velocissimi, preziosi arpeggi , scale mozzafiato, sonorità particolari, vengono sfoderati in rapida sequenza  in un’ atmosfera cool determinata dall’assenza del  pianoforte che solo alla fine accompagna discretamente con pochi e misurati accordi.  Nel secondo assolo  Freddie si trasforma. Su un tappeto ritmico più compassato, appena accennato,  Hubbard costruisce un improvvisazione carica di pathos con l’utilizzo cluster , piccole sequenze armoniche , ricerca di sonorità  particolari,  il virtuosismo si trasferisce dalla velocità di fraseggio alla ricerca timbrica, il tutto si scoglie quando  irrompe di nuovo il tema  che segna la fine di un pezzo straordinario. Buona Visione e
Good Vibrations




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