Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

giovedì 12 gennaio 2012

Murines (marinare la guerra)

Giovanni Morsillo

La notizia di quattro soldati statunitensi che si sono fatti filmare da un commlitone mentre urinavano sui corpi di alcuni nemici uccisi sta originando il solito dibattito fuori tema. Prendendo ad argomento il risultato e non le cause (ossia il sintomo e non la malattia) tutti, a cominciare dal Pentagono e dal corpo dei Marines cui i soldati appartengono, si affrettano a dissociarsi dall'atto in sé, certamente sconvolgente, orrendo, enorme, disgustoso ed altro ancora così come definito dagli uni e dagli altri.
Sembrerebbe cioè che il problema stia nel livello di educazione dei militari in quanto singoli soggetti, e che si debba esecrare l'atto come una banale per quanto grave caduta di stile.
Nulla da discutere, invece, in merito a che cosa riduce degli esseri mediamente umani a carogne di questa dimensione. Non si accenna minimamente alle responsabilità vere, e come nel caso di Abu Grahib, si riduce tutto ad una inchiesta e magari ad un processo che metta in pace (scusate la bestemmia) l'anima lurida dei guerrieri e dei loro governi democratici. Anzi, si approfitta della notizia sfuggita al controllo per trarne vantaggio, ribadendo che "i nostri ragazzi" seguono una etica militare degna della migliore tradizione cavalleresca, a metà fra il romanzo e l'epopea, nutriti del sacro umore del 7° Cavalleggeri dalle giacche azzurre. Basta chiedere alle testimonianze lasciate dai pastori delle tribù dell'Arizona e del Texas cosa fossero in realtà quei soldati dai lunghi coltelli, per vedere le cose in modo un po' più crudo ma assai più realistico, e questo vale per ogni guerra in ogni epoca.
E invece tutti lì, attoniti e con le bocche aperte a stralunarsi per la sorprendente scena, che mai e poi mai ci si sarebbe aspettata da eroici ragazzi che lasciano fidanzate e mogliettine commosse per trasferirsi a decine di migliaia di miglia per edificare meravigliose democrazie riconoscenti di petrolio. Ma come? la guerra nobile, anzi, pardon, la missione di pace, quella umanitaria con le bombe intelligenti, può subire simili distorsioni? Che volgarità! Noi benpensanti borghesi, soprattutto noi di sinistra con tutto il sudore che abbiamo buttato per ripudiare la rivoluzione proprio perché volgare e violenta, noi del terzo millennio così felicemente bipartisan, dove l'opportunismo è stato nobilitato al rango di reponsabilità, noi che votiamo insieme ai fascisti ed ai ladri pur di non mettere in pericolo la libertà bancaria e che subiamo in silenzio il martirio delle quotidiane aggressioni degli intellettuali di destra agli immigrati, ai barboni, agli omosessuali ed agli studenti di sinistra pur di accreditarci come responsabili compartecipi del sistema del pensiero unico, proprio noi dover digerire l'amaro piatto di queste volgarità da sanculotti che rischiano di screditare le nostre migliori espressioni di civiltà? Per fortuna c'è sempre la retorica e il luogo comune a difenderci, e possiamo senza alcuna remora attribuire questi atti alla barbarie di qualche dissociato o cattivo che si comporta da indisciplinato.
La confutazione di queste distorsioni di quanto accade sono demandate oggi esclusivamente ad intellettuali e pubblicisti che per loro esclusiva sensibilità culturale e morale, denunciano la realtà della guerra e della concezione militarista dei rapporti umani. Ben vengano, naturalmente, i Chomsky, i Fisk, le Roy e tutti gli altri, quelli cioè che fanno funzionare il cervello non comune di cui sono dotati, e quindi non si limitano ad esecrare e condannare, ma chiariscono le cause e propongono le soluzioni. Quello che manca è invece una visione alternativa dei rapporti capace di riportare le cose in verticale, ossia di restituire ai fatti una lettura storicamente valida. Definire la guerra (e questa guerra in particolare), come espressione di interessi concreti spiegando quali siano e mobilitando su parole d'ordine semplici e comprensibili in modo diretto e pratico le masse al di qua e al di là del fronte. Sugli interessi propri e non su quelli delle classi dirigenti.
La colpa non è del soldato, nemmeno quando eccede ed esce dal codice in base al quale viene chiamato alle armi: essa è sempre di chi lo inquadra, lo addestra e lo manda a morire o uccidere.
Dovrebbe essere piuttosto agevole comprendere che è la guerra a generare atrocità, perché essa, comunque la si aggettivi, è atroce. Il giudizio sulla guerra, sulla sua necessità in certe condizioni, è altra cosa e non è liquidabile con affermazioni categoriche sul pacifismo, la non violenza o altre ipotesi di vario tenore. Rimane il fatto che in tutte le guerre i soldati hanno massacrato e disprezzato le vittime, ben oltre il loro mandato ufficiale, ma con il consenso di chi li guida e li vuole vincitori.

Insomma, su quei cadaveri hanno urinato tutti coloro che hanno voluto la guerra, tutti coloro che non si sono opposti, tutti coloro che ne hanno tratto vantaggio e tutti coloro che si sono voltati dall'altra parte. Quei cadaveri sono le carcasse dell'umanità.


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