Valerio Torre
La rivoluzione in Siria, nel complessivo quadro di guerra civile, continua e si approfondisce. La lotta armata prosegue e si è trasformata, per l’importanza che riveste per la dominazione imperialista in un’area centrale della lotta di classe, nel nodo fondamentale della crisi nel Vicino Oriente. Si decide in quell’area la continuità del processo rivoluzionario, cominciato in Tunisia e che dura da più di due anni.
Al contempo, essa rappresenta il punto di tensione fra l’ondata di rivoluzioni iniziate nel Nord Africa, la situazione israelo- palestinese, le successive ondate in Bahrein, Yemen e la tensione che si sta producendo riguardo all’Iran. Ci sono state sconfitte in alcuni Paesi come l’Arabia Saudita e il Bahrein, ma il processo nel suo insieme continua ad estendersi e finora né le dittature della regione, né l’imperialismo sono riusciti a contenere la marea rivoluzionaria. Nei Paesi in cui i dittatori sono caduti (come in Egitto) o le dittature sono state rovesciate (come in Libia e Tunisia), la rivoluzione continua, sia pure con flussi e riflussi. Ma dipenderà da ciò che accadrà in Siria se la bilancia della rivoluzione penderà da un lato o dall’altro.
Da due anni la Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale sta elaborando una politica specifica per l’area per rispondere alle esigenze poste dalla situazione nella regione. In tal modo, la nostra collocazione programmatica – di chiaro e incondizionato appoggio alla rivoluzione in corso – ha contribuito a differenziarci, sia dalle correnti controrivoluzionarie di sinistra che appoggiano le dittature (soprattutto il castrochavismo e, per altro percorso, le sette ultrasinistre), sia dalle correnti che hanno capitolato all’imperialismo, come il Segretariato Unificato (cui in Italia fa riferimento Sinistra Critica: Ndr).
Al contempo, essa rappresenta il punto di tensione fra l’ondata di rivoluzioni iniziate nel Nord Africa, la situazione israelo- palestinese, le successive ondate in Bahrein, Yemen e la tensione che si sta producendo riguardo all’Iran. Ci sono state sconfitte in alcuni Paesi come l’Arabia Saudita e il Bahrein, ma il processo nel suo insieme continua ad estendersi e finora né le dittature della regione, né l’imperialismo sono riusciti a contenere la marea rivoluzionaria. Nei Paesi in cui i dittatori sono caduti (come in Egitto) o le dittature sono state rovesciate (come in Libia e Tunisia), la rivoluzione continua, sia pure con flussi e riflussi. Ma dipenderà da ciò che accadrà in Siria se la bilancia della rivoluzione penderà da un lato o dall’altro.
Da due anni la Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale sta elaborando una politica specifica per l’area per rispondere alle esigenze poste dalla situazione nella regione. In tal modo, la nostra collocazione programmatica – di chiaro e incondizionato appoggio alla rivoluzione in corso – ha contribuito a differenziarci, sia dalle correnti controrivoluzionarie di sinistra che appoggiano le dittature (soprattutto il castrochavismo e, per altro percorso, le sette ultrasinistre), sia dalle correnti che hanno capitolato all’imperialismo, come il Segretariato Unificato (cui in Italia fa riferimento Sinistra Critica: Ndr).
La situazione
Dopo una serie di progressi delle forze armate ribelli nella guerra civile che avevano ottenuto di riequilibrare in parte la situazione militare, nelle ultime settimane le truppe lealiste del dittatore Assad hanno scatenato una controffensiva che sta mutando il quadro del conflitto.
Alla superiorità militare dell’esercito del regime e all’appoggio permanente di Iran, Russia e Venezuela, si è aggiunto un rafforzamento importante dell’apparato militare di Assad con la decisa e aperta entrata in campo delle milizie di Hezbollah, che rappresenta una delle più potenti e prestigiose organizzazioni politico- militari del Vicino Oriente. Di fatto, la partecipazione di migliaia di combattenti di Hezbollah al servizio del regime siriano è stata qualitativamente importante a Homs, uno dei centri della rivoluzione e la terza città del Paese per importanza, sotto assedio permanente. Con l’aiuto di questi rinforzi, migliaia di soldati, la dittatura ha conquistato Wadi Al Sayeh, un quartiere strategico. Il bombardamento è incessante e infernale, accompagnato da incursioni via terra, e l’obiettivo immediato è riprendere il controllo della strada che collega la città di Hama.
Anche a Damasco il regime ha ottenuto diverse vittorie parziali, riconquistando posti di controllo a Zamalka e consolidando la ripresa di Qaysa, zone a est della città. Questo risultato è stato ottenuto grazie all’intervento di decine di esperti militari di Hezbollah di stanza a Damasco. Da queste periferie, a malapena difese dai miliziani fino alla loro caduta, il regime può bloccare importanti canali di rifornimento di armi e approvvigionamenti per l’Esercito Libero della Siria (Els) attraverso la Giordania.
Persino nella zona costiera, dove c’è una forte concentrazione di alauiti (la comunità alauita, cui appartiene la famiglia di Assad, è estremamente minoritaria in Siria, ma gode di una sproporzionata serie di vantaggi: Ndr), le truppe fedeli al regime hanno intrapreso un’intensa offensiva contro i sobborghi e le cittadine adiacenti al villaggio di Banias, nel centro del litorale. I ribelli hanno denunciato che in questo agglomerato e in un villaggio vicino chiamato Baydas, gli “shabiha” (feroci bande di mercenari al soldo del regime) hanno perpetrato diversi atroci massacri, entrando casa per casa e decapitando e stuprando più di 150 fra uomini, donne e bambini. Banias, insieme a Latakia e Tartus, forma il cosiddetto cuore alauita della Siria, in una zona che è la culla della famiglia Assad.
In questo quadro, l’obiettivo del regime è anche stimolare una polarizzazione confessionale e religiosa del conflitto, fra alauiti e sciiti da un lato contro sunniti dall’altro. Perciò, i salafiti che nelle forze ribelli lottano contro il regime finiscono, con la loro azione, per favorirne la politica, dal momento che attaccano gli sciiti/alauiti come un tutto e impediscono la massima unità del popolo siriano contro la dittatura.
Dopo una serie di progressi delle forze armate ribelli nella guerra civile che avevano ottenuto di riequilibrare in parte la situazione militare, nelle ultime settimane le truppe lealiste del dittatore Assad hanno scatenato una controffensiva che sta mutando il quadro del conflitto.
Alla superiorità militare dell’esercito del regime e all’appoggio permanente di Iran, Russia e Venezuela, si è aggiunto un rafforzamento importante dell’apparato militare di Assad con la decisa e aperta entrata in campo delle milizie di Hezbollah, che rappresenta una delle più potenti e prestigiose organizzazioni politico- militari del Vicino Oriente. Di fatto, la partecipazione di migliaia di combattenti di Hezbollah al servizio del regime siriano è stata qualitativamente importante a Homs, uno dei centri della rivoluzione e la terza città del Paese per importanza, sotto assedio permanente. Con l’aiuto di questi rinforzi, migliaia di soldati, la dittatura ha conquistato Wadi Al Sayeh, un quartiere strategico. Il bombardamento è incessante e infernale, accompagnato da incursioni via terra, e l’obiettivo immediato è riprendere il controllo della strada che collega la città di Hama.
Anche a Damasco il regime ha ottenuto diverse vittorie parziali, riconquistando posti di controllo a Zamalka e consolidando la ripresa di Qaysa, zone a est della città. Questo risultato è stato ottenuto grazie all’intervento di decine di esperti militari di Hezbollah di stanza a Damasco. Da queste periferie, a malapena difese dai miliziani fino alla loro caduta, il regime può bloccare importanti canali di rifornimento di armi e approvvigionamenti per l’Esercito Libero della Siria (Els) attraverso la Giordania.
Persino nella zona costiera, dove c’è una forte concentrazione di alauiti (la comunità alauita, cui appartiene la famiglia di Assad, è estremamente minoritaria in Siria, ma gode di una sproporzionata serie di vantaggi: Ndr), le truppe fedeli al regime hanno intrapreso un’intensa offensiva contro i sobborghi e le cittadine adiacenti al villaggio di Banias, nel centro del litorale. I ribelli hanno denunciato che in questo agglomerato e in un villaggio vicino chiamato Baydas, gli “shabiha” (feroci bande di mercenari al soldo del regime) hanno perpetrato diversi atroci massacri, entrando casa per casa e decapitando e stuprando più di 150 fra uomini, donne e bambini. Banias, insieme a Latakia e Tartus, forma il cosiddetto cuore alauita della Siria, in una zona che è la culla della famiglia Assad.
In questo quadro, l’obiettivo del regime è anche stimolare una polarizzazione confessionale e religiosa del conflitto, fra alauiti e sciiti da un lato contro sunniti dall’altro. Perciò, i salafiti che nelle forze ribelli lottano contro il regime finiscono, con la loro azione, per favorirne la politica, dal momento che attaccano gli sciiti/alauiti come un tutto e impediscono la massima unità del popolo siriano contro la dittatura.
La nuova fase della guerra civile
In sintesi, vanno esaminati alcuni elementi di questa nuova fase che rendono più complicata, per le milizie ribelli e per la rivoluzione stessa, la situazione.
Innanzitutto, l’entrata in scena, in forma decisiva e aperta, di Hezbollah a favore del regime siriano, che si aggiunge al ferreo appoggio politico e materiale della Russia, dell’Iran, della Cina e del Venezuela.
Quindi, l’intensificazione dei metodi genocidi da parte del regime, compresi l’uso di armi chimiche (gas sarin) e il libero sfogo per gli “shabiha”, che radono al suolo le città e i villaggi, saccheggiando, uccidendo e violentando la popolazione civile.
Infine, l’assenza di una direzione rivoluzionaria e l’intervento delle forze salafite con l’appoggio del Qatar e dell’Arabia Saudita, che fanno il gioco del regime dividendo la popolazione su basi confessionali e non cercando l’unità di tutti i settori contro Assad.
Insomma, mentre Assad riceve ogni appoggio militare da Hezbollah, che interviene direttamente in suolo siriano come forza controrivoluzionaria, la rivoluzione resta isolata per il ruolo della sinistra castrochavista e dell’imperialismo. Occorre, dunque, costruire una risposta internazionale per appoggiare la rivoluzione e rovesciare la dittatura di Assad.
In sintesi, vanno esaminati alcuni elementi di questa nuova fase che rendono più complicata, per le milizie ribelli e per la rivoluzione stessa, la situazione.
Innanzitutto, l’entrata in scena, in forma decisiva e aperta, di Hezbollah a favore del regime siriano, che si aggiunge al ferreo appoggio politico e materiale della Russia, dell’Iran, della Cina e del Venezuela.
Quindi, l’intensificazione dei metodi genocidi da parte del regime, compresi l’uso di armi chimiche (gas sarin) e il libero sfogo per gli “shabiha”, che radono al suolo le città e i villaggi, saccheggiando, uccidendo e violentando la popolazione civile.
Infine, l’assenza di una direzione rivoluzionaria e l’intervento delle forze salafite con l’appoggio del Qatar e dell’Arabia Saudita, che fanno il gioco del regime dividendo la popolazione su basi confessionali e non cercando l’unità di tutti i settori contro Assad.
Insomma, mentre Assad riceve ogni appoggio militare da Hezbollah, che interviene direttamente in suolo siriano come forza controrivoluzionaria, la rivoluzione resta isolata per il ruolo della sinistra castrochavista e dell’imperialismo. Occorre, dunque, costruire una risposta internazionale per appoggiare la rivoluzione e rovesciare la dittatura di Assad.
Per una giornata internazionale di appoggio alla rivoluzione siriana
Forte del suo chiaro profilo come il settore più deciso nella campagna di appoggio alla rivoluzione senza capitolazioni all’imperialismo, la Lit-Quarta Internazionale, a partire dal Forum Sociale Mondiale recentemente svoltosi a Tunisi, ha preso contatti con diverse organizzazioni internazionali, tra cui Global Network of Solidarity. È nata così l’idea di lanciare per il 31 maggio una Giornata internazionale di appoggio alla rivoluzione siriana, in cui la Lit interverrà con la parola d’ordine “Via Assad! Appoggio alla rivoluzione siriana!”.
E dunque, per quanto riguarda l’Italia, il Partito di Alternativa Comunista, che della Lit è sezione, fa appello a tutti i rivoluzionari, agli attivisti della sinistra sindacale e politica e ai sinceri difensori della libertà dei popoli, affinché domani, 31 maggio, nelle piazze e nelle strade del nostro Paese, davanti alle scuole e nei luoghi di lavoro, possa manifestarsi (con presidi, volantinaggi, ecc.) una rete di solidarietà e di appoggio internazionale alla rivoluzione siriana, contro il regime sanguinario di Assad e l’imperialismo che vuole assumere il controllo della regione per la difesa dei suoi interessi strategici, perché il processo rivoluzionario nell’intera area riprenda vigore e si approfondisca fino alla cacciata delle potenze imperialiste e di tutti i loro regimi fantoccio e nella prospettiva della presa del potere da parte delle masse popolari, non solo in Siria, ma in tutto il Nord Africa e nel Medio Oriente.
Forte del suo chiaro profilo come il settore più deciso nella campagna di appoggio alla rivoluzione senza capitolazioni all’imperialismo, la Lit-Quarta Internazionale, a partire dal Forum Sociale Mondiale recentemente svoltosi a Tunisi, ha preso contatti con diverse organizzazioni internazionali, tra cui Global Network of Solidarity. È nata così l’idea di lanciare per il 31 maggio una Giornata internazionale di appoggio alla rivoluzione siriana, in cui la Lit interverrà con la parola d’ordine “Via Assad! Appoggio alla rivoluzione siriana!”.
E dunque, per quanto riguarda l’Italia, il Partito di Alternativa Comunista, che della Lit è sezione, fa appello a tutti i rivoluzionari, agli attivisti della sinistra sindacale e politica e ai sinceri difensori della libertà dei popoli, affinché domani, 31 maggio, nelle piazze e nelle strade del nostro Paese, davanti alle scuole e nei luoghi di lavoro, possa manifestarsi (con presidi, volantinaggi, ecc.) una rete di solidarietà e di appoggio internazionale alla rivoluzione siriana, contro il regime sanguinario di Assad e l’imperialismo che vuole assumere il controllo della regione per la difesa dei suoi interessi strategici, perché il processo rivoluzionario nell’intera area riprenda vigore e si approfondisca fino alla cacciata delle potenze imperialiste e di tutti i loro regimi fantoccio e nella prospettiva della presa del potere da parte delle masse popolari, non solo in Siria, ma in tutto il Nord Africa e nel Medio Oriente.
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