La scelta irrinunciabile della non-violenza attiva, la lotta contro tutti gli imperialismi possibili, l’amore incondizionato per l’altro. «Restiamo Umani!». Don Gallo legge (e rilegge) «Vik» Arrigoni Testimonianza esclusiva raccolta da Fulvio Renzi il 28 settembre 2012 presso la Comunità San Benedetto al Porto a Genova, durante le riprese di Restiano Umani – The Reading Movie (www.restiamoumani.com), il film della lettura integrale dei 19 capitoli del libro Gaza – Restiamo Umani scritto da Vittorio Arrigoni e a cui Don Gallo ha partecipato nella lettura di uno dei capitoli.
«Restiamo Umani»: per me è diventato proprio un motto, vuol dire riconoscere la nazionalità unica di tutti gli esseri umani: noi abbiamo tutti nazionalità umana. Questo è fondamentale. Ormai per me è una specie di deformazione professionale, è la mia prima giaculatoria, come prete cattolico (sai che i preti usano molto le giaculatorie….) Ovunque io vada, e ormai giro l’Italia, e non solo, mi invitano e io incomincio e dico: «Vi dò intanto la mia giaculatoria: Restiamo Umani!». E ne faccio seguire un’altra, imparata per strada, sostituendo quel vecchio proverbio molto noto, «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei», con quello che mi è stato suggerito per strada: «Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei». Ecco quindi il mio motto, è fondamentale. Se ciascuno di noi riconosce la sua appartenenza a questa umanità, senza nessuna distinzione di razza, di religione, di sesso, superando tutte le discriminazioni, allora diventiamo veramente «uomini» e camminiamo insieme verso l’obiettivo comune di una civiltà che, grazie all’impegno personale, rendiamo a misura d’uomo.
Intanto vorrei fare una piccola premessa: quando io parlo di Vittorio Arrigoni, rivedo la mia storia, perché io a 16 anni, al termine della tragica seconda guerra mondiale, grazie a mio fratello maggiore, tenente del Genio Pontieri, disertore che aveva formato una brigata partigiana, io divento partigiano, cioè entro nella Resistenza. Ti dirò che allora la nostra era una resistenza armata, e approvata addirittura dalle gerarchie cattoliche; ma dopo gli anni ’50 ho incontrato i partigiani della Selva Lacandona, i Sem Terra, le cooperative indiane, in Africa il Burkina Faso, il Frelimo… Tutti han fatto la loro resistenza e io mi inchino… Pensa alla rivoluzione cubana! Ma la svolta epocale – e questo è Vittorio – è la scelta della non violenza. Altrimenti si andrebbe in contraddizione anche con il grande grido «Restiamo Umani». La scelta della non violenza è la svolta fondamentale dell’umanità, ma una non violenza che vuol dire pacifismo attivo; ripercorrendo le antiche radici dell’uomo, via via nei secoli, ecco che arriva Gesù di Nazareth, arrivano altri profeti, arriva Gandhi… E arriva anche la scelta dell’autentica non violenza.
Il potere ormai è onnipresente, il potere è di per sé crudele, i poteri sono diventati così (crudeli) per difendere il loro modello di sviluppo imperialistico – basato sull’assenza e sulla brama del lucro, quindi le uccisioni, gli esuberi… È chiaro che ormai il potere schiaccia tutti e poi oggi il monopolio dei mass media ha causato una perdita di coscienza, ed ecco che si accentuano le divisioni. E allora qual è l’unico valore,la sola speranza di questo nuovo terzo millennio? È la non violenza. L’umanità stessa. Però dev’essere contagiosa, cioè si deve allargare.
La democrazia è l’unico limite per un sistema economico ancora così – come dire? – da genocidio, che ricorre a tutti i mezzi, comprese le armi, per far prevalere l’imperialismo occidentale (ma il discorso vale anche per altre forme di imperialismo che si potrebbero creare); l’imperialismo si sconfigge con la democrazia partecipata, la partecipazione democratica – e pertanto anche libera, indipendente e pacifica. È un cammino duro, difficile, è un cammino faticoso, ma è questa secondo me la strada.
Qui devo citare il mio Papa Giovanni XXIII, che lascia l’ultima sua lettera del ’63, e dice: «Chi sostiene di portare la democrazia con le armi è pazzo!». Il testo latino dell’enciclica papale dice alienum est a ratione: è pazzo! Quindi la non violenza è proprio guarire da tutte le nostre malattie mentali. È chiaro che per diventare come Vittorio, e come tantissimi altri in tutto il mondo, è necessario, alla greca, una metànoia, cioè bisogna non solo migliorare, approfondire, avere sempre altre motivazioni, no: bisogna tagliare la nostra testa e metterne una nuova… Il termine greco intende proprio questo.
Devo ricordare il mio incontro con i Sem Terra del Brasile. Essi, per sopravvivere, decidono di coltivare gli immensi campi abbandonati dai padroni terrieri, e lo fanno, restando fedeli alla non violenza. Il succo di questo incontro qual è stato? «Vedi Don Gallo, noi in questi anni abbiamo avuto già 3000 morti tra i nostri ragazzi, uccisi dagli squadroni paramilitari» e, qui in questa stanzetta, ho visto brillare gli occhi di questi Sem Terra, orgogliosamente… Sì, era vero. «…almeno 3000 ce ne hanno uccisi, però noi abbiamo già 3000 iscritti alle università brasiliane, il futuro del Brasile!» Vedi, questa fiducia immensa, come dire, quasi una certezza che la non violenza è l’unica strada per vincere… Cioè praticamente dice: «Il male grida forte e tutti si accorgono della realtà, ma la speranza in un mondo migliore è ancora più forte e proprio attraverso l’umano, donando la propria vita. Perché si rischia…»
Donare la vita: io la chiamerei proprio – se così si può dire – una religione universale, che racchiude tutte le altre, nel senso che a un certo momento uno si alza la mattina, è uscito fuori dalla società dello spettacolo, dove tutto è dovuto e allora nascono nuovi consumismi e garantismi. No! Il pacifista umano si alza la mattina e dice: «Cosa posso fare per gli altri?». A cominciare dalla propria famiglia fino ad allargare lo sguardo al mondo intero.
Da Il manifesto del 28/05/2013.
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