Se qualche
tempo fa andava di moda la parola spread, oggi spopola sui media la perifrasi “Larghe
intese” seguito da un altro concetto, questo non originale perché ogni tanto
ricorreva nei palazzi della politica in relazione alla lotta partigiana , e cioè “pacificazione”. Guai a definire il tutto con la parola inciucio è un termine divisivo,
è l’orrenda espressione con cui cattivi
maestri armano la mano di pericolosi disadattati che oggi tirano contro carabinieri
inermi, domani tireranno contro gli augusti statisti che affollano il
Parlamento.
Antifascismo contro fascismo, antiberlusconismo contro
berlusconismo, sono antagonismi superati, procurano solo efferate violenze. Agitare ancora queste sconcezze da prima e
seconda repubblica è da irresponsabili. In nome della riappacificazione e delle
larghe intese ormai è caduto anche il contrasto
fra sindacati e padroni. Sembra impossibile ma è successo.
Infatti è di pochi
giorni la notizia che la triplice in nome dell’emergenza crisi ha venduto ai padroni
il diritto dei lavoratori ad essere rappresentati in azienda se iscritti ad un
sindacato che in quell’azienda è minoritario. Esempio pratico: se in una
fabbrica i movimenti sindacali usciti maggioritari delle consultazioni fra
lavoratori firmano un accordo con i padroni in base al quale, si aumenta l’orario
di lavoro, si toglie il diritto di
sciopero e quello di ammalarsi, le sigle in minoranza non possono ribellarsi per tutelare i lavoratori . Devono stare zitte
e buone, esimersi dal proclamare scioperi o ancora peggio ricorrere in tribunale per difendere i
propri iscritti da eventuali ingiustizie subite dal padronato .
Questa larga intesa si chiama esigibilità dei
sindacati e rientra nell’accordo sulla rappresentanza che Cgil, Cisl e Uil
hanno firmato con confindustria. E’
ancora peggio della larga intesa governativa, infatti in questo caso la forza politica di minoranza può fare opposizione senza il pericolo di essere
sbattuta fuori dal Parlamento. Nel caso dell’accordo sulla rappresentanza il
sindacato in minoranza non può neanche opporsi, pena la sua espulsione dalla
fabbrica .
Con queste nuove regole, la Fiom non avrebbe potuto trascinare in
tribunale la Fiat di Marchionne per comportamento
anti sindacale in relazione al licenziamento dei propri iscritti e ottenere il
loro reintegro come è accaduto a Pomigliano .
A proposito della Fiom, possibile che i metalmeccanici guidati dal Landini
non si siano ribellati a questo scellerato patto? E’ possibile, anzi l’hanno o proprio
accettato . Infatti senza l’appoggio di
Landini e soci, Susanna Camusso non
avrebbe avuto la legittimazione politica necessaria per firmare la resa assieme a Cisl e Uil.
Dunque il valoroso comandante paladino dei
diritti dei lavoratori e della
democrazia nella rappresentanza sindacale, se l’è largamente intesta con la
sua segretaria Camusso, che se l’è
largamente intesa con Cisl e Uil e tutti quanti se la sono largamente intesa
con i padroni. Fine della tutela dei lavoratori.
Presidente Landini ti ricordi di Giovanni
Barozzino, Antonio La Morte e Marco
Pignatelli, gli operai di Melfi che sono rientrati in fabbrica grazie alla battaglia di giustizia intrapresa dalla Fiom ?
E ti ricordi dei diciannove operai di Pomigliano reintegrati nello stabilimento
G.B.Vico con sentenza giudiziaria grazie
alla lotta del potente esercito metalmeccanico da te guidato?
Te li ricordi? Non te li ricordi?
Comunque il diritto al dissenso l’abbiamo
strappato ai padroni e ora dobbiamo
restituirlo ai padroni, ma allora chi ha vinto gli operai o i padroni?
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