di Fabiana Stefanoni
Le strade di molte città del Brasile sono in queste ore invase da decine di migliaia di manifestanti - in gran parte giovani studenti o lavoratori precari - che si battono contro l'aumento delle tariffe del trasporto pubblico, ma anche per rivendicare un futuro diverso di quello che il capitalismo offre loro. Una mobilitazione che si è unita alle proteste contro il governo di Dilma Rousseff (il governo del Pt di Lula) per le spese faraoniche per l'organizzazione dei Mondiali di calcio del 2014: mentre il governo privatizza la sanità e chiude gli ospedali pubblici (con larga parte della popolazione brasiliana che non ha copertura sanitaria), mentre vengono tagliati i finanziamenti all'istruzione pubblica, Dilma investe miliardi per un evento sportivo.
La repressione brutale...
Le mobilitazioni sono iniziate la prima settimana di giugno. Il 10 e l'11 giugno, prima a Rio de Janeiro e poi a San Paolo, sono scese in piazza migliaia di studenti e giovani lavoratori per protestare contro l'aumento delle tariffe del trasporto urbano. Importanti risultati immediati sono stati ottenuti con la lotta fin dall'inizio: a Porto Alegre, Natal e Goiânia le proteste sono riuscite a bloccare il rincaro delle tariffe.
La repressione è stata da subito brutale: a Rio la polizia ha arrestato 31 persone, a San Paolo sono state utilizzate le forze di polizia speciali che hanno sparato lacrimogeni e pallottole di plastica ad altezza d'uomo dando dato vita a una vera e propria caccia all'uomo nel cuore della metropoli. Anche qui sono state arrestate circa 20 persone.
Il governatore dello Stato di San Paolo (Alckmin, del PsdB, partito di destra) ha elogiato la repressione e ha bollato i giovani come "vandali" e "rivoltosi". Non diverse sono state le reazioni di esponenti del Pt di Dilma e Lula, che hanno appoggiato la repressione (come il sindaco di San Paolo, Fernando Haddad, esponente del Pt, che ha ringraziato la polizia). Il ministro della giustizia del governo Dilma, Eduardo Cardoso, ha dichiarato alla stampa di aver ordinato alla polizia federale di reprimere le proteste. Gli organi di informazione borghesi hanno avviato una campagna contro i giovani manifestanti, riprendendo gli epiteti del governatore Alckmin: "sono dei vandali".
La repressione è stata da subito brutale: a Rio la polizia ha arrestato 31 persone, a San Paolo sono state utilizzate le forze di polizia speciali che hanno sparato lacrimogeni e pallottole di plastica ad altezza d'uomo dando dato vita a una vera e propria caccia all'uomo nel cuore della metropoli. Anche qui sono state arrestate circa 20 persone.
Il governatore dello Stato di San Paolo (Alckmin, del PsdB, partito di destra) ha elogiato la repressione e ha bollato i giovani come "vandali" e "rivoltosi". Non diverse sono state le reazioni di esponenti del Pt di Dilma e Lula, che hanno appoggiato la repressione (come il sindaco di San Paolo, Fernando Haddad, esponente del Pt, che ha ringraziato la polizia). Il ministro della giustizia del governo Dilma, Eduardo Cardoso, ha dichiarato alla stampa di aver ordinato alla polizia federale di reprimere le proteste. Gli organi di informazione borghesi hanno avviato una campagna contro i giovani manifestanti, riprendendo gli epiteti del governatore Alckmin: "sono dei vandali".
...ma la protesta non si ferma e cresce!
La repressione ha avuto come unico effetto quello di fomentare la protesta. Ai giovani studenti si sono uniti importanti settori popolari e sindacali: in primo luogo la Csp-Conlutas, la più grande confederazione sindacale di classe dell'America Latina (3 milioni di aderenti), promotrice della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta nata a Parigi la scorsa primavera. Anel, il sindacato studentesco che aderisce alla Csp-Conlutas (e che ha da poco celebrato il suo III congresso, con la partecipazione di migliaia di studenti: si veda l'articolo pubblicato sul numero in uscita di Progetto comunista), è alla testa delle proteste studentesche.
Il sostegno dei lavoratori e di settori popolari e di lotta ha rafforzato la protesta: dopo giorni di mobilitazioni continue, il 17 giugno sono scesi in piazza 100 mila persone a Rio de Janeiro, 65 mila a San Paolo, 50 mila a Belo Horizonte, 20 mila a Porto Alegre, 15 mila a Belem, 10 mila a Brasilia e così in decine di città del Brasile. A Brasilia centinaia di studenti e giovani lavoratori sono riusciti a sfondare il cordone della polizia e a occupare il tetto del Parlamento al grido di "il parlamento è nostro" e "facciamo come in Turchia!". Mentre scriviamo, la protesta non si ferma e si estende a macchia d'olio: non si vedevano in Brasile manifestazioni così imponenti da oltre vent'anni.
Il sostegno dei lavoratori e di settori popolari e di lotta ha rafforzato la protesta: dopo giorni di mobilitazioni continue, il 17 giugno sono scesi in piazza 100 mila persone a Rio de Janeiro, 65 mila a San Paolo, 50 mila a Belo Horizonte, 20 mila a Porto Alegre, 15 mila a Belem, 10 mila a Brasilia e così in decine di città del Brasile. A Brasilia centinaia di studenti e giovani lavoratori sono riusciti a sfondare il cordone della polizia e a occupare il tetto del Parlamento al grido di "il parlamento è nostro" e "facciamo come in Turchia!". Mentre scriviamo, la protesta non si ferma e si estende a macchia d'olio: non si vedevano in Brasile manifestazioni così imponenti da oltre vent'anni.
Il Pstu in prima fila nelle proteste
Il Pstu (la sezione brasiliana della Lega Internazionale dei Lavoratori-Quarta internazionale, di cui il Pdac è sezione italiana) è in prima fila nelle proteste. Per le strade di tutte le città del Brasile nei cortei oceanici sventolano le bandiere rosse dei nostri compagni brasiliani. Non solo: i militanti del Pstu hanno reso possibile l'unificazione delle proteste studentesche con settori importanti della classe lavoratrice e dei movimenti di protesta popolare. Molti settori studenteschi che stanno dirigendo le manifestazioni di questi giorni hanno tra i loro dirigenti militanti del Pstu.
Il Pstu è un partito radicato, d'avanguardia e con influenza di massa, che dirige importanti settori della classe operaia brasiliana: da quando è nato, nel 1972, ha guadagnato progressivamente un'influenza crescente, costruendosi come partito di militanti, sulla base del proprio programma rivoluzionario, trotskista, e mantenendo sempre una posizione di ferma opposizione di classe ai governi di fronte popolare di Lula e Dilma: governi che hanno favorito investimenti di capitale straniero (si pensi alla Fiat) in cambio della progressiva dismissione di diritti sindacali. Anche grazie a una politica di concessioni caritatevoli agli ampi settori di sottoproletariato presenti in Brasile (si calcola che siano più di 12 milioni gli abitanti delle favelas) tramite la cosiddetta "Bolsa família" (una sorta di assegno caritatevole elargito alle famiglie più povere), i governi di fronte popolare sono riusciti a mantenere il controllo delle masse: un controllo che ora, per la prima volta, comincia seriamente a vacillare. Lo stesso tanto decantato "miracolo" dell'economia brasiliana (che tanto ha entusiasmato da sempre anche la sinistra governista nostrana) si sta progressivamente sgretolando: le contraddizioni di un'economia dipendente dagli investimenti delle multinazionali stanno esplodendo.
Oggi in queste imponenti proteste di massa svolgono dunque un ruolo fondamentale i compagni del Pstu del Brasile, che in questi anni di relativa pace sociale hanno costruito un'influenza sui settori di avanguardia della classe operaia e delle lotte popolari (si pensi al ruolo di direzione svolto nella celebre ribellione della favela di Pinherinho lo scorso anno; o alla presenza massiccia tra gli operai della General Motors).
Il Pstu è un partito radicato, d'avanguardia e con influenza di massa, che dirige importanti settori della classe operaia brasiliana: da quando è nato, nel 1972, ha guadagnato progressivamente un'influenza crescente, costruendosi come partito di militanti, sulla base del proprio programma rivoluzionario, trotskista, e mantenendo sempre una posizione di ferma opposizione di classe ai governi di fronte popolare di Lula e Dilma: governi che hanno favorito investimenti di capitale straniero (si pensi alla Fiat) in cambio della progressiva dismissione di diritti sindacali. Anche grazie a una politica di concessioni caritatevoli agli ampi settori di sottoproletariato presenti in Brasile (si calcola che siano più di 12 milioni gli abitanti delle favelas) tramite la cosiddetta "Bolsa família" (una sorta di assegno caritatevole elargito alle famiglie più povere), i governi di fronte popolare sono riusciti a mantenere il controllo delle masse: un controllo che ora, per la prima volta, comincia seriamente a vacillare. Lo stesso tanto decantato "miracolo" dell'economia brasiliana (che tanto ha entusiasmato da sempre anche la sinistra governista nostrana) si sta progressivamente sgretolando: le contraddizioni di un'economia dipendente dagli investimenti delle multinazionali stanno esplodendo.
Oggi in queste imponenti proteste di massa svolgono dunque un ruolo fondamentale i compagni del Pstu del Brasile, che in questi anni di relativa pace sociale hanno costruito un'influenza sui settori di avanguardia della classe operaia e delle lotte popolari (si pensi al ruolo di direzione svolto nella celebre ribellione della favela di Pinherinho lo scorso anno; o alla presenza massiccia tra gli operai della General Motors).
Unità internazionale delle lotte!
Gli slogan che gridano i giovani per le strade delle città brasiliane sono slogan internazionalisti: "Facciamo come in Grecia! Facciamo come in Turchia! Riprendiamoci il futuro!". E particolarmente importante è il fatto che i militanti di Red (la sezione turca della Lit-Quarta Internazionale) in Turchia stanno diffondendo comunicati di solidarietà alla lotta in Brasile e al Pstu: un esempio di solidarietà internazionale che dimostra l'importanza di costruire e rafforza un'organizzazione politica su scala internazionale per dirigere e unificare le lotte contro il sistema capitalistico e l'imperialismo. E' il compito che si pongono i compagni del Pstu in Brasile, i compagni di Red in Turchia, i compagni del Pdac in Italia, insieme a decine di altri partiti in Europa e nel mondo che aderiscono alla Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale.
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